Intervista. Il vescovo di Melfi: la Fiat qui ha fatto molto, ma ci sono anche problemi
Ciro Fanelli, vescovo di Melfi
«Ho chiari i meriti di Fiat. Ha creduto nelle potenzialità del Sud. Ha avuto il coraggio di puntare su Melfi. Ha investito, ha dato lavoro. Ottomila stipendi. Giovani che hanno potuto sposarsi. È stata una opportunità, una occasione di crescita per il nostro territorio... Ecco la faccia luminosa di Fiat. Poi c’è quella opaca: Fiat è stata, ed è, anche un problema». Monsignor Ciro Fanelli, da meno di un anno vescovo di Melfi, si ferma su quest’ultima parola. «Fiat opportunità e Fiat problema. Perchè il posto fisso non è tutto. Perchè c’è una comunità che va presa per mano. Perché ci sono le famiglie degli operai che devono essere parte di un progetto».
A che cosa pensa?
Sicuramente al valore della domenica. Alla durezza dei turni di lavoro. All’incapacità di costruire una politica aziendale capace di favorire la crescita della comunità. Crescita culturale. Crescita religiosa. Crescita morale. Il lavoro è per l’uomo e non l’uomo per il lavoro. Non basta il salario. Un operaio deve poter vivere in famiglia, deve poter trovare spazi per i figli. Deve poter partecipare alle iniziative della parrocchia. È questa la sfida più ambiziosa per una grande industria come Fiat.
Crede che i grandi manager potranno capire?
Anche loro hanno una famiglia. Anche loro sono padri, mariti, figli. In queste ore ho pensato spesso a Sergio Marchionne. Un uomo di impresa con visione, con coraggio, con una incredibile capacità di lavoro. Ma se ha centrato obiettivi impensabili è perché oltre alle intuizioni industriali aveva un orizzonte di valori. Mi ha addolorato la sua scomparsa. Marchionne non è stato un uomo facile, ma ho colto il suo bisogno di spiritualità.
Dice che aveva provato a coniugare profitto e valori?
Ho pensato che anche la sua laurea in filosofia non era casuale: voleva trascinare la Fiat nel futuro senza trascurare i grandi interrogativi della nostra esistenza. Ora ho solo una grande speranza: chi ha preso il suo posto faccia nuovi passi in avanti, raccolga l’eredità più complicata di Marchionne e metta l’operaio al centro del progetto.
Il suo predecessore scrisse proprio a Marchionne: domenica non si lavori.
Il valore della domenica è insostituibile. Cancellare la domenica non vuol dire solo cancellare l’ora della Messa. Ma oscurare un pilastro della vita di ogni uomo. Che creda e che non creda. Ma quando c’è in ballo la vita dei lavoratori mi piace pensare insieme.
Che cosa significa?
Fiat si sieda. Ascolti i lavoratori. Vada oltre il confronto con il sindacato. Allarghi lo sguardo e cerchi un dialogo più largo. Ascolti la scuola, ascolti la politica, ascolti la Chiesa. Sarebbe un passo bello. Importante. Melfi può essere un laboratorio unico. Da Melfi può partire una scossa. Profitto e persona. Solo così costruiamo una società più giusta, più solidale, più inclusiva. Se non puntiamo sulla persona andiamo incontro al fallimento. Vale per l’impresa. Per la politica. E vale anche per la Chiesa.
Lei pronto a fare la sua parte?
Certo, sono pronto a dare il mio contributo. Da subito. Non voglio rinunciare al ruolo di denuncia, ma la sfida più alta è proprio "pensare insieme" e farlo vuol dire costruire percorsi, sentieri, gettare ponti. Dietro il lavoro non ci deve mai essere egoismo. Dire lavoro vuol dire pane e il pane richiama una parola: condivisione.
Vede una soluzione?
Vedo un punto di partenza. Fiat (ma direi ogni impresa di questo nostro mondo) non si può lasciar guidare solo dal profitto. Serve il coraggio di declinare parole troppo spesso messe tra parentesi: relazioni, solidarietà, inclusione. Si parta da qui con la consapevolezza che quello del lavoro è un tema terribilmente complesso. Non ci sono ricette, non esistono soluzioni facili. La Chiesa indica valori, richiama i doveri, pone l’attenzione sui diritti, può denunciare gli abusi. Ma le soluzioni nascono dal concreto. Dal confronto.
Fiat ha dato lavoro a tanti giovani della sua comunità.
È vero e sono grato a Fiat. Ma guai a dire ai nostri giovani c’è solo Fiat. Perchè non c’è solo Fiat e i nostri giovani non devono mai smettere di sognare. Fatelo sempre magari legando il vostro futuro a quello del vostro territorio. Andate anche fuori: è giusto allargare gli orizzonti e conoscere il mondo. Ma poi tornate per inventare lavoro e per prendere per mano la vostra comunità.
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