Economia

FISCO. La vera storia del ritorno dell'Ici

Massimo Calvi giovedì 3 maggio 2012
​Le tasse, facile toglierle, difficile metterle. Ma ancora più duro, a volte, può essere ricordare da dove vengono. Il caso dell’Ici e dell’Imu, in questo senso, è esemplare. Oggi monta la protesta contro la nuova super imposta municipale che, si dice, è stata "voluta dal governo Monti". Pochi, però, hanno realmente voglia di ricordare da dove nasce l’Imu, perché nasce e come diventa quello che sta diventando. Proviamo, dunque a ricordare. L’8 maggio 2008 si insedia il "nuovo" governo Berlusconi, composta da Popolo della Libertà, Lega e Mpa, che vince le elezioni anche in virtù della promessa di abolizione dell’Ici sulla prima casa fatta in campagna elettorale. Un anno prima era scoppiata la bolla immobiliare americana con il crollo dei mutui subprime, pochi mesi dopo salterà per aria la Lehman Brothers e il mondo entrerà ufficialmente nella crisi perfetta. A soli 20 giorni dal suo insediamento, il quarto governo del Cavaliere mantiene la promessa e col decreto 23 del 27 maggio 2008 manda in pensione l’imposta comunale sugli immobili riferita all’abitazione principale. L’abolizione dell’Ici, 16 anni dopo la sua istituzione – l’imposta nasce col decreto legge 504 del 30 dicembre 1992, governo Amato – fa venire meno ai Comuni un gettito complessivo stimato da Giulio Tremonti in circa 3,5 miliardi di euro. Roma perde qualcosa come 352 milioni l’anno, Milano e Torino 155 milioni. Poca cosa, si dice, se non fosse che nel frattempo la crisi finanziaria si trasforma in recessione e poi in crisi dei debiti pubblici. Costringendo i Paesi dell’Eurozona più indebitati a risanare le finanze per non essere travolti dalla speculazione. Avanza la crisi, ma avanza anche il federalismo all’italiana. Il 24 ottobre 2011 il consiglio dei ministri, di Pdl e Lega, approva il decreto legislativo che modifica il decreto 23 sul federalismo municipale del 14 marzo con l’introduzione della nuova Imposta municipale propria (Imu). Il ritorno del tributo sulla casa si avrà dal 2014, prevede un’aliquota dello 0,76% unito a una rivalutazione dei valori catastali del 5% e, nonostante i molti pareri contrastanti, non riguarda la prima abitazione. L’introito è destinato ai Comuni che possono manovrare le aliquote, aumentandole o diminuendole, dello 0,2% (0,3% per gli immobili non affittati). Non passa un mese e il governo viene spazzato via dalla crisi e dal decollo degli spread. Nell’emergenza il governo Monti, con la legge 214 del 22 dicembre, anticipa l’Imu al 2012 e la estende a tutti gli immobili, con aliquota allo 0,4% per la prima casa e franchigia di 200 euro più 50 euro per ogni figlio sotto i 26 anni. Le entrate dovranno però essere ripartite al 50% tra lo Stato e i comuni. Quattro mesi dopo, cioè oggi, tutto torna in discussione.