Unioncamere. Nel 2020 previsti 420mila occupati in meno
Aumenta il rischio disoccupazione
Possibili 420mila occupati in meno nel 2020. È quanto emerge dall'aggiornamento realizzato a marzo da Unioncamere del modello di previsione dei fabbisogni occupazionali delle imprese private dell'industria e dei servizi che, sfruttando l'insieme delle informazioni a disposizione del sistema delle Camere di Commercio italiane, consente di effettuare un primo approfondimento per l'anno 2020 caratterizzato dall'emergenza Covid-19. Il turismo risulta il settore maggiormente in sofferenza, con un calo stimato nel 2020 di 220mila occupati. Le prime stime presentate in questo report considerano uno scenario intermedio di progressiva uscita dalla crisi e di ripresa delle attività economiche entro il mese maggio, senza comunque tener conto dei possibili effetti delle misure a sostegno dell'economia che saranno attivate a livello nazionale ed europeo, dal momento che sono ancora in via di definizione. Nel 2020, al netto dei lavoratori che beneficeranno della cassa integrazione guadagni ordinaria o in deroga, si stima un calo dello stock di occupati dei settori privati dell'industria e dei servizi, in media annuale, di 422mila unità rispetto al 2019 (-2,1%). Infatti, si prevede per gli indipendenti una riduzione di 190mila unità (-3,4%) e per i dipendenti privati di
232mila unità (-1,6%).
Dall'analisi dei principali comparti produttivi, in particolare, si evidenzia una flessione stimata di 113mila unità nell'industria e di circa 309mila nei servizi. Il turismo risulta il settore maggiormente in sofferenza, con un calo stimato nel 2020 di 220mila occupati, ma si stimano ampie flessioni nello stock di occupati anche nei comparti delle costruzioni (-31mila unità), della moda (-19mila unità), della metallurgia (-17mila unità), della meccatronica (-10mila unità) e delle industrie della gomma e delle materie plastiche (-10mila unità). Per quanto riguarda i servizi, oltre al dato del turismo si segnalano importanti riduzioni degli occupati nel commercio (-72mila unità), nei servizi culturali, sportivi e altri servizi alle persone (-24mila
unità) e nel trasporto e logistica (-18mila unità). I settori per i quali si può prevedere un saldo positivo sono quelli della sanità (+26mila unità), dei servizi Ict (+8mila unità) e le industrie farmaceutiche (+1.200 unità).
«Nei prossimi mesi Unioncamere potrà formulare uno scenario più aggiornato, tenendo conto del Def e delle stime del governo sugli impatti degli interventi a sostegno dell'economia del Paese nonché delle previsioni dei principali Istituti internazionali sull'evoluzione della crisi, per il
quinquennio 2020-2024», si legge nella nota.
Secondo un rapporto dell’Ilo (Organizzazione internazionale del lavoro), infatti, la pandemia di coronavirus cancellerà a livello mondiale, nel secondo trimestre del 2020, un numero di ore lavorate del 6,7%, pari a 195 milioni di lavoratori a tempo pieno. Una cifra decisamente preoccupante per gli effetti che produrrà a livello sociale in molti Paesi. Gli scenari dell’Ilo cercano di entrare più nel dettaglio sottolineando come l’attuale crisi mondiale potrebbe distruggere fino a 24,7 milioni di posti di lavoro. Ancora più drammatiche le stime della Iata (Associazione internazionale del trasporto aereo): circa 25 milioni di posti di lavoro rischiano di scomparire con il crollo della domanda di trasporto aereo per la crisi Covid-19. La vita di circa 65,5 milioni di persone dipende dal settore dell'aviazione, considerando anche settori come i viaggi e il turismo. Tra questi 2,7 milioni sono posti di lavoro nelle compagnie aeree. In uno scenario in cui le restrizioni nei viaggi durassero per tre mesi, le stime della Iata calcolano che circa 25 milioni di posti di lavoro nell'aviazione e nei settori collegati siano a rischio nel mondo. In particolare, 11,2 milioni di posti nell'Asia-Pacifico, 5,6 milioni in Europa, 2,9 milioni nell'America Latina, due milioni in Africa e 0,9 milioni in Medio Oriente.