Economia

Banche . Unicredit, pulire i conti costa 14 miliardi di euro

Pietro Saccò mercoledì 12 marzo 2014
È stata dura, ma UniCredit ha finito di fare pulizia nel suo bilancio. Con una svalutazione da 9,3 miliardi di euro ha azzerato il valore dei 'goodwill' in Italia, Au­stria ed Europa dell’est: ha cioè accettato dal punto di vista contabile che le attività acqui­state negli anni passati non hanno un valore superiore a quello di mercato. Qualcosa di si­mile è stato fatto con i crediti: la banca guida­ta da Federico Ghizzoni nell’ultima parte del 2013 ha messo da parte altri 7,2 miliardi di eu­ro per coprire i prestiti problematici. Un’ope­razione che ha portato il livello totale di retti­fiche dell’anno passato a 13,7 miliardi, con un rapporto tra coperture e crediti che sale dal 45 al 52%, cioè a un livello di sicurezza in linea con le migliori banche europee. La pulizia è stata costosa perché sui conti finali del 2013 le sva­lutazioni hanno ammazzato il margine ope­rativo lordo da 9,2 miliardi costruito l’anno passato: l’anno si chiude con una perdita net­ta di 14 miliardi di euro, il rosso peggiore del­la storia di UniCredit. Sarebbe andata anche peggio se la rivalutazione delle quote della Banca d’Italia non avesse portato un guada­gno di 1,2 miliardi di euro. «È un po’ ridicolo da dire, ma sono molto soddisfatto» ha ammesso Ghizzoni. Anche la Borsa, dopo un choc iniziale, ha appr­ez­È zato l’operazione di pulizia del bilancio: l’a­zione UniCredit ha chiuso con un guadagno del 6,2% dopo avere toccato anche punte su­periori al +8%. Rientra nella strategia di riordino interno an­che la 'bad bank', un progetto su cui i mana­ger lavoravano da quasi un anno e che ora è pronto per essere pienamente operativo. Si chiama 'non core division' (potremmo tra­durlo come 'divisione attività non strategi­che') e vi lavorano 1.100 persone incaricate di gestire 87 miliardi di crediti italiani concessi negli anni passati a circa 840mila clienti. Non sono tutti prestiti deteriorati: il 33% sono cre­diti con clienti che stanno pagando ma che, ha spiegato Ghizzoni, «hanno un profilo di rischio superiore a quello che riteniamo accettabile». La divisione dovrà ridurre questa esposizione a 33 miliardi di euro entro il 2018. La 'bad bank' interna, ha chiarito il manager, non è alterna­tiva a quella a cui UniCredit sta lavorando as­sieme a Intesa Sanpaolo: «Con loro l’idea è un fondo per la gestione di aziende recuperabili». Nel piano industriale della banca – dove si pun­ta a fare, nel 2018, 6,6 miliardi di utili, avere un coefficiente patrimoniale Tier 1 al 10% (cioè migliore dei limiti europei – si prevedono 8.500 esuberi, di cui 5.700 in Italia. I tagli garanti­ranno, a fine piano, una riduzione dei costi an­nui di 1,3 miliardi di euro. I risparmi saranno investiti per spingere la crescita dei ricavi, pre­vista attorno a una media di un 5% annuo. Il consiglio di amministrazione ha anche deciso di portare in Borsa entro l’estate la banca on­line Fineco, mettendo sul mercato una quota di minoranza. È in vendita, ma non in Borsa, anche la piattaforma di riscossione crediti Uccmb. Le cessioni, accompagnate all’emis­sione di titoli utili a rafforzare il patrimonio, al­lontanano l’ipotesi di un aumento di capitale. «Credo che il gruppo volti pagina e si proietti in un periodo completamente nuovo focaliz­zato sulla crescita dei ricavi, sugli investimen­ti e sulla profittabilità» ha detto Ghizzoni. Uni-Credit è anche pronta a tornare a fare credito. Se la situazione di è «stabilizzata» nell’ultimo trimestre, il piano prevede un aumento deci­so del portafoglio di prestiti: dai 434 miliardi di fine 2013 a 490 miliardi nel 2016 fino a 530 mi­liardi nel 2018.