Al Meeting di Rimini. Una mostra per ripercorrere i luoghi della Fuga in Egitto
Un'immagine della mostra al Meeting di Rimini
Della Fuga in Egitto della Sacra Famiglia ne parla solo il Vangelo di Matteo e in appena due versetti. Come ha fatto questo episodio dell’infanzia di Gesù a diventare una delle mostre più visitate (ed emozionanti) del Meeting 2024? L’evento per la verità è frequentemente raffigurato nell'arte come episodio finale della natività di Gesù, oltre ad essere incluso nei cicli della Vita della Vergine e della Vita di Cristo. Ma soprattutto questa pagina della vita di Gesù è presente anche in fonti non canoniche e in tradizioni antichissime della Chiesa copta.
La storia è nota.
Il re Erode scatena la sua rabbia contro i neonati e ordina la strage degli innocenti. Un angelo del Signore appare in sogno a Giuseppe, il padre affidatario prende il bambino e sua madre e si rifugia in Egitto, dove rimane fino alla morte di Erode. Giuseppe, Maria e Gesù la prima famiglia profuga della storia? La loro storia è comunque una fuga dalla persecuzione e dai suoi conflitti. I cristiani copti d’Egitto hanno coltivato una particolare devozione per questa presenza di Gesù nella loro terra. Le fonti su cui si basano le tappe del pellegrinaggio sono le testimonianze tramandate nei secoli e la devozione legata ai luoghi dove sono nati monasteri e santuari.
La tradizione rintraccia ben 25 luoghi in cui la Sacra Famiglia ha sostato e vissuto durante i quattro anni di vita in Egitto. Venticinque luoghi in cui la devozione si è tradotta nella edificazione di chiese, conventi e monumenti (per la maggior parte fatti costruire da Elena, madre dell’imperatore Costantino) lungo gli antichi itinerari delle carovane che collegavano i paesi mediterranei, molti dei quali luoghi di devozione anche per i musulmani.
Al loro patriarca Teofilo d’Alessandria, vissuto nel quarto secolo, è attribuita una visione, da parte della Vergine Maria, che descrive il percorso seguito in Egitto dalla famiglia di Gesù. Altre fonti che hanno alimentato la tradizione sono Zacharias, il Vescovo di Sakha, il santo copto Kyriakos e uno studioso musulmano dell’VIII che parla espressamente di pellegrinaggi sui luoghi calcati dalla Sacra Famiglia in fuga. «Giuseppe, Maria e il piccolo Gesù non sono scappati in barca o sotto ad un camion com’è capitato a tante delle 700 milioni di persone di migranti del mondo. – spiega il curatore Wael Farouq, docente di Lingua araba all’Università Sacro Cuore di Milano e musulmano – ma hanno dovuto affrontare la fatica del deserto. Cercare cibo, un luogo per dormire ma anche lavoro per Giuseppe. Hanno vissuto sulla loro pelle dolore, rifiuto e sofferenza».
La mostra (realizzata con il Patrocinio del Centro Culturale Copto ortodosso del Cairo e dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano e pronta a girare l’Italia) si sviluppa sulle orme del viaggio della Sacra Famiglia, utilizzando come fil rouge il docufilm realizzato dal Centro Culturale Copto Ortodosso del Cairo a cui si affiancano foto attuali dei siti diventati veri e propri luoghi sacri non solo per i cristiani. Ancora oggi, milioni di pellegrini di fedi e culture diverse si recano ogni anno nei luoghi della Fuga, un avvenimento che continua a toccare il cuore degli uomini. «Due sono i polmoni della mostra. Quello della Chiesa copta, una chiesa piccola, povera e perseguitata.
E quella della Chiesa occidentale, vittoriosa, più ricca ma capace di produrre e perpetrare nei secoli la bellezza. Ogni Chiesa necessita dell’altra, "Fuga dall’Egitto" testimonia l’unità necessaria per respirare e vivere». «La libertà religiosa – chiosa Farouk – non significa solo libertà di credere a dorare, ma va oltre: è il non aver paura delle altre religioni ed essere capaci di vedere il bello che racchiudono in sé e abbracciarlo. Proprio come accade da 2000 anni sul luoghi della Fuga in Egitto».