L'analisi. Un «digiuno» per i diritti degli altri
Ci sono 'digiuni' che costano davvero poco. Soprattutto se, come in questo caso, non si tratta neppure di restare a pancia vuota ma solo di rinunciare ad un hamburgher o al sushi e 'ripiegare' magari su un’amatriciana casalinga. Evitando di chiamare le piattaforme di consegna del cibo a domicilio. Almeno per una sera, quella di domani. Sintonizzandosi con lo sciopero che alcuni gruppi di rappresentanza dei rider hanno proclamato per attirare l’attenzione sulla loro (precaria) condizione di lavoro e rivendicare alcuni diritti minimi. Sulla questione ci sono posizioni diverse, legittime.
C’è chi pensa che questa dei ciclofattorini sia semplicemente un portato della moderna organizzazione del lavoro che le nuove tecnologie rendono possibile, sottolineando come ciò apra inedite possibilità di impiego. E si può discutere a lungo su quale sia la 'giusta' retribuzione di questi lavoratori: se debba basarsi più sulla singola consegna, a cottimo, o tener conto dell’impegno di tempo e quindi essere almeno in parte una paga oraria. Così come è ragionevole pensare che questa tipologia di servizio si regga solo se il suo costo complessivo non supera certi livelli.
Tuttavia, ci sono delle condizioni minime di trattamento dei lavoratori che non possono essere eluse. Tutele di base – assicurazione antinfortuni, dotazioni di sicurezza, trasparenza dei criteri d’ingaggio tramite algoritmo, diritto a una reale disconnessione – che sono imprescindibili. Anche rispetto al tema della paga, per la cui definizione lo strumento migliore resta la contrattazione tra le parti. Finché queste tutele di base non verranno assicurate, finché la tempestività della consegna sarà considerata prioritaria rispetto alla sicurezza del lavoratore, non possiamo non interrogarci se questo modello sia per noi accettabile. E dunque, come 'consum-attori', decidere se aderirvi, ordinando cibo sulle piattaforme, o se astenersi rimarcando la distanza da un meccanismo economico e di consumo che produce troppe asimmetrie e nuovi rischi di sfruttamento. Perché – come avevamo già scritto in un editoriale il 20 settembre – la domanda chiave resta: quale trattamento dei lavoratori siamo disposti ad accettare, quando si tratta degli altri e non di noi? Domani sera abbiamo un’occasione per rifletterci e decidere. Lo sciopero potremmo farlo anche noi. Semplicemente evitando di ordinare una consegna di cibo. Un 'digiuno' per i diritti degli altri.
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