Economia

Bce. Per la Ue l'Italia resta il Paese più «squilibrato», 18 raccomandazioni in 7 mesi

Pietro Saccò martedì 7 agosto 2018

L’Italia è, assieme a Cipro, la nazione della zona euro che ha ricevuto il maggior numero di raccomandazioni dalla Commissione europea per aggiustare gli squilibri della sua economia. Le raccomandazioni destinate all’Italia per quest’anno sono, senza considerare quelle che riguardano il rispetto del Patto di Stabilità, ben diciotto, ricorda la Banca centrale europea in un approfondimento nel suo ultimo bollettino mensile. Sono tante, soprattutto se confrontate con i consigli che Bruxelles ha inviato ad altri governi europei, come Francia, Germania e Portogallo (undici raccomandazioni a testa) oppure alla Spagna (10). Difatti il nostro paese è Cipro soon gli unici due considerati in una situazione di «squilibri eccessivi».

Nelle raccomandazioni avanzate dall’Europa e analizzate dalla Bce non c’è nulla di nuovo. Sette sono dedicate alle questioni fiscali: si va dalla richiesta di ridurre la tassazione sul lavoro e adeguare i valori catastali all’invito a favorire i pagamenti elettronici e creare spazio nella spesa pubblica sociale riducendo le uscite pensionistiche. Altre sette raccomandazioni riquardano il contesto legale per le imprese, e qui si chiede la riduzione dei tempi dei processi civili, il contrasto alla corruzione, il miglioramento dell’efficienza dei servizi pubblici. Poi ci sono tre raccomandazioni sul mercato del lavoro (riformare le politiche attive, incoraggiare il lavoro femminile, migliorare la formazione in particolare sostenendo gli istituti tecnici) e una riguarda il mercato dei prodotti, dove si chiede di favorire la concorrenza. Tutti ambiti in cui l’Italia ha fatto pochi progressi negli ultimi anni: solo il nostro Paese e l’Ungheria sono tra i paesi in squilibrio eccessivo da cinque anni consecutivi.

Certo, nessuno è perfetto. Anche la Germania ha i suoi richiami, in particolare (cinque raccomandazioni su undici) per quanto riguarda il mercato del lavoro. E poi c’è il problema dello squilibrio commerciale tedesco, con una differenza enorme tra esportazioni e importazioni che Berlino dovrebbe ridurre aumentando gli investimenti. Ieri, in un’intervista al Welt, il capo economista del Fondo monetario internazionale Maurice Obstfeld ha invitato i tedeschi a spendere su infrastrutture e digitale, per «proteggere la stabilità finanziaria globale». Lo scontro commerciale scatenato nel mondo da Donald Trump, avverte lo studioso americano capo economista del Fmi, è anche responsabilità dei paesi troppo sbilanciati sull’export, che investono poco e ora rischiano di essere vittime del protezionismo.