Economia

INTERVISTA. Fitoussi:«Tutti i Paesi europei finiranno sotto tiro»

Daniele Zappalà mercoledì 13 luglio 2011
«I mercati non speculano attualmente sui fondamentali dell’Italia e degli altri Paesi europei, ma sull’incapacità dell’Europa di elaborare una politica comune di crescita economica. E su questo punto, non vedo per il momento progressi, temo anche a causa di nuovi rigurgiti nazionalistici». Per l’economista francese Jean-Paul Fitoussi, solo un’Europa molto più coesa potrà scoraggiare le ondate speculative attuali e future.Professore, come interpreta gli attacchi speculativi di venerdì scorso e lunedì sull’Italia?Credo che la paralisi decisionale europea stia alimentando gli attacchi speculativi. Il caso greco non è stato finora risolto, nonostante fosse relativamente semplice da risolvere. Anzi, appare evidente che gli Stati dell’euro sono in disaccordo. Nessun piano credibile è stato proposto e ciò corrisponde quasi a un invito ai mercati a speculare. Si aggiunga a ciò l’inquietudine dei detentori del debito europeo. Si produce così un effetto a catena che fa lievitare gli interessi sui prestiti. In questo scenario, tutti i Paesi finiranno per essere attaccati. Neppure la Germania può considerarsi al riparo. Tutti i Paesi hanno dei punti deboli, legati o al debito proprio o alle parti di debito pubblico svalutato detenuto dalle banche nazionali. Il problema centrale, cioè l’incapacità di decisione europea, è più politico che economico. L’Italia ha buoni fondamentali, certo, ma non sta qui il problema.La manovra finanziaria in Italia sarà efficace contro gli attacchi?Temo che le misure di austerità siano attualmente inutili e che riducano il potenziale di crescita della zona euro. I mercati non analizzano in primo luogo la credibilità dei piani di austerità, ma il fatto che esiste un’incapacità decisionale in Europa e che dunque nessun Paese è al riparo. Dopo la Grecia, l’Irlanda, la Spagna e il Portogallo, arriva il turno italiano. Presto, forse, toccherà a Francia o Germania.Molti temono proprio un contagio sistemico… Il contagio è ormai cominciato da tempo. L’aspetto paradossale è che la zona euro ha dei conti pubblici più sani degli Stati Uniti e del Giappone. Il debito di quest’ultimo è quasi il triplo di quello europeo. Eppure è la zona euro a essere attaccata. Ciò mostra bene che non si tratta di un problema di fondamentali macroeconomici.Per la Grecia, occorre un piano più vigoroso?Più che un piano di salvataggio, occorrerebbe sostenere la solidarietà finanziaria europea. I mercati punterebbero presto il mirino altrove. Concretamente, l’Europa potrebbe emettere degli eurobond e rifinanziare in tal modo gli Stati. Nulla lo impedisce.C’è però chi giudica che una soluzione simile inciterà i governi al lassismo…Non dimentichiamo che la Spagna, ad esempio, aveva conti in positivo prima della crisi. È quest’ultima ad aver provocato il debito. Oggi, è molto curioso che i governi che hanno salvato i mercati finanziari vengano rimproverati da questi ultimi di averli salvati. Di fatto, siamo fuori dalla razionalità. Non si tratta di un problema di lassismo. Se l’Europa s’impantana in una politica d’austerità, potrà dimenticare la crescita. E senza crescita, per definizione, aumenterà il rapporto fra il debito e il Pil. L’austerità condurrà al risultato opposto rispetto a quello voluto».Per lei, il caso greco non è davvero paragonabile agli altri. Perché?Perché ci si è accorti che i conti erano truccati. La crisi non ha certamente giovato alla Grecia, ma il problema nasceva altrove. È un caso davvero specifico e diverso dalle altre situazioni europee.Le banche tedesche e francesi sono esposte al debito greco più di quelle italiane. Questa situazione condizionerà le scelte dei governi?Le ripercussioni rischiano di esserci in ogni caso. L’Europa è oggi davanti alla scelta seguente: o si dichiara solidale verso la Grecia salvando al contempo le banche, o lascia fallire la Grecia con la necessità annessa, comunque, di finanziare le banche. In ogni caso, si dovrà mettere mano al portafoglio. Conviene allora salvare la Grecia. Costerà meno.La partita si gioca a Bruxelles più che nelle singole capitali?Sì, esclusivamente a Bruxelles. Da 20 anni, ormai, ripeto che l’Europa non può possedere una moneta unica senza un governo economico unico. Senza governo, non c’è la capacità di agire, reagire, decidere.A proposito di moneta unica, l’euro è anch’esso sotto assedio?Non proprio, dato che l’euro mi sembra anzi ancora supervalutato. Se ci fosse stato un problema monetario, il valore dell’euro sarebbe crollato. Il problema non è la moneta, ma la politica.L’emergenza debito è vissuta pure negli Stati Uniti. Fino a che punto, è uno scenario all’europea?La crisi americana non è strettamente economica, ma proviene dalle resistenze del Congresso che non vuole innalzare il tetto massimo d’indebitamento. È un problema essenzialmente politico e penso che sarà trovato un accordo. Se il Congresso accetta, non ci sarà speculazione sugli Stati Uniti. La crisi economica potrebbe essere innescata solo da un meccanismo politico.La crisi dei debiti pubblici pare sempre più un fenomeno planetario. Occorrono nuove regole internazionali per gestirne gli effetti?Non sogniamo! Certo, sarebbe magnifico. Ma la realtà attuale è che dopo la crisi dovuta ai mercati finanziari, ci ritroviamo nella situazione paradossale in cui gli Stati sono posti sotto la tutela dei mercati. Occorre invece costruire prima la governance europea. Se ci fosse, una buona parte della crisi mondiale verrebbe risolta. Un’Europa in piena stagnazione, invece, danneggerebbe presto anche gli Stati Uniti, il Giappone e tutta l’area Ocse, per via della riduzione delle importazioni.