Usa. Lavatrici e pannelli solari, la nuova guerra dei dazi di Trump
Nuova svolta protezionista del presidente americano Donald Trump che, chiuso lo shutdown di tre giorni grazie alla decisione del Congresso di finanziare le attività amministrative e federali del governo fino all’8 febbraio, si prepara a volare a Davos per ribadire la sua linea. Quella sintetizzata nello slogan «America first», vale a dire una tutela a spada tratta degli interessi americani. Venerdì il presidente americano farà il suo discorso ma al Forum economico mondiale ma ancora prima di arrivare in Svizzera sta già facendo parlare di sé. Con i nuovi dazi, su lavatrici e pannelli solari che hanno lasciato tutti di stucco e fatto arrabbiare i due partner commerciali Corea del Nord e la Cina. Forte delle previsioni del Fondo monetario internazionale, che proprio l’altro ieri ha promosso le nuove strategie fiscali made in Usa con un aumento delle previsioni di crescita del Pil nei prossimi quattro anni, Trump ha annunciato un giro di vite consistente volto a proteggere i produttori americani.
Imponendo un meccanismo di dazi consistente e a "velocità variabile" (legato al numero di macchine vendute e destinato a ridursi nei prossimi anni. In particolare le prime 1,2 milioni lavatrici ad uso residenziale verranno tassate del 20%, superata questa soglia si arriverà al 50%. Percentuali destinate a passare dopo tre anni al 16 e al 40%. Non è escluso inoltre che venga introdotto un tetto alle importazioni. I dazi sui pannelli solari, nonostante minaccino di danneggiare un settore molto importante per gli Usa, quello dell’energia rinnovabile (per l’Associazione industria per l’energia solare andrebbero in fumo 23mila posti di lavoro) prevede importazioni a costo zero per i primi 2,5 gigawatt di celle e dazi al 30% per gli acquisti successivi (che scenderanno al 15% dal quarto anno).
Immediata la levata di scudi dell’alleato coreano che minaccia un ricorso all’Organizzazione mondiale del commercio. Il ministro del Commercio Kim Hyun-chong ha sottolineato come non esista alcune legame tra le importazioni di prodotti coreani e i danni al settore americano, collegamento che è alla base della legge che rende possibile le misure protezionistiche. «Faremo fronte comune con le altre nazioni contro le pratiche di protezionismo commerciale, il governo Usa ha preso iniziative che non rispettano le leggi internazionali» ha detto il ministro. Sul piede di guerra i due colossi sudcoreani Samsung e Lg che insieme vendono dai 2,5 ai 3 milioni di lavatrici all’anno negli Usa, per un valore di un miliardo di dollari.
Samsung in particolare ha messo l’accento sui «danni per i consumatori e i lavoratori americani» ricordando le oltre 600 persone assunte nel nuovo impianto in Carolina del Sud mentre Lg sta mettendo a punto un impianto nel Tennessee. Anche la Cina ha appreso della svolta con un certo disappunto. Il capo dell’ufficio Indagini commerciali del ministero del Commercio cinese ha definito la mossa di Trump «un abuso dei rimedi commerciali». E a Davos l’irritazione degli altri leader mondiali è palese. Il protezionismo e la tentazione di riportare indietro le lancette dell'orologio sul tema della globalizzazione rappresentano «una minaccia non meno preoccupante del cambiamento climatico e del terrorismo» ha detto il premier indiano Narendra Modi in un discorso a difesa dell'apertura agli scambi contro la tentazione di «chiudersi in se stessi». Un intervento in netta contrapposizione alle politiche Usa.
Non è escluso che quella di Trump sia solo la prima di una serie di misure protezionistiche che gli Usa si preparano a varare, ad esempio nel settore dell’acciaio e dell’alluminio, rispolverando ragioni di sicurezza nazionale. I dazi imposti da Trump in realtà sono legati ad una legge del 1974: prevede la possibilità per le aziende statunitensi di chiedere dei rimedi se dimostrano di aver subito danni significativi dall’aumento improvviso di esportazioni. Una legge rimasta però sino ad adesso lettera morta salvo casi eccezionali: l’ultima volta che è stata utilizzata, di fatto, è stato nel 2002 con George W. Bush con una misura protezionistica sulla siderurgia. Il presidente Trump adesso l’ha rispolverata per applicarla a due ambiti assai diversi. E probabilmente la utilizzerà ancora.