Economia

FISCO. Torna la guerra dell’Imu ma il governo frena

Marco Iasevoli martedì 8 ottobre 2013
Ci sono ragioni politiche che l’economia non comprende. Il governo attiva tutti i freni possibili per fermare l’emendamento del Pd che reintroduce l’Imu per le prime case che hanno una rendita catastale superiore ai 750 euro. Il motivo è chiaro: il nuovo corso Letta-Alfano, già minato dalle tensioni interne a Pdl e Pd, non può iniziare con un passo indietro sull’abolizione dell’imposta. Per il segretario azzurro, in particolare, sarebbe un passo che gli farebbe perdere la maggioranza che ha faticosamente costruito nel partito.Ciò nonostante, oggi l’emendamento al decreto che abolisce la prima rata Imu sarà votato (a meno di un ritiro all’ultimo secondo). Al termine di una giornata molto concitata, i presidenti delle commissioni Bilancio e Finanze, il lettiano Francesco Boccia e il "lealista" Daniele Capezzone, sono stati costretti a riammettere la proposta di modifica (primo firmatario Mario Marchi) dopo averla cassata in mattinata. Un passo indietro necessario perché il Pd è insorto di fronte all’idea che sul punto non si aprisse nemmeno una discussione.Letta, Alfano e il ministro Franceschini hanno seguito la vicenda con una certa preoccupazione. E al termine dei lavori della commissione è Boccia a farsi interprete delle perplessità del governo: il suo è un vero e proprio appello a ritirare l’emendamento democrat (e un altro, simile, di Scelta civica, che alza la franchigia a 300 euro ed esenta il 70 per cento delle famiglie). Da un lato perché «le case di lusso pagano già» (si riferisce alle categorie A1, A8 e A9), dall’altro perché «il governo ha già pagato ai Comuni la compensazione per il mancato incasso della prima rata Imu». Boccia, in sostanza, ricorda che proprio nelle ultime ore il Tesoro ha versato 2,3 miliardi alle amministrazioni locali per compensare i soldi non incassati a giugno, e se l’emendamento fosse approvato si dovrebbe attivare un complicato meccanismo al contrario, con i sindaci che ridanno i soldi a Saccomanni.Le parole di Boccia dimostrano che Letta e Alfano sul punto non sono divisi: d’altra parte nel discorso delle fiducia della settimana scorsa il premier ha «confermato gli impegni sulla casa». Dunque per il 2013 il governo non vuole cambiare le carte in tavola, l’abrogazione sarà totale o quasi (qualche correttivo potrebbe esserci sul decreto di novembre per la seconda rata, come fa intendere Matteo Colaninno), mentre nel 2014 la nuova service tax prevederà meccanismi che facciano pagare le abitazioni più lussuose e i redditi più alti. Il sottosegretario all’Economia Baretta ricorda che l’intesa raggiunta a fine agosto comprende 2 miliardi da dare ai Comuni l’anno prossimo per alleggerire la componente "casa" della nuova tassa sui servizi urbani. Siccome la prima abitazione ne vale circa 4, vuol dire che non tutti saranno esentati. Boccia conferma: «L’emendamento di Marchi può essere utile per definire i criteri sulla service tax».Alla fine l’emendamento potrebbe essere derubricato a ordine del giorno. Lo stesso Marchi, in serata, arretra di qualche centimetro: «Ritireremo la proposta se il governo darà risposte chiare sui conti pubblici». Ovvero: il Pd vuole sapere se e come rientreremo sotto il 3 per cento del deficit, come sarà coperta la seconda rata e quanto inciderà l’abrogazione dell’Imu sulla legge di stabilità e le misure sul cuneo fiscale.La vicenda tecnica e quella politica si intrecciano. Marchi non ha tutti i torti quando ricorda che il miliardo e 200 milioni recuperato dai "superproprietari" potrebbero servire a far rientrare l’Iva al 21 a novembre e dicembre, oppure a rimpinguare i fondi della cassa integrazione in deroga. Ma il prezzo potrebbe essere una nuova fase di instabilità, stavolta aperta non da Berlusconi, ma dai suoi fedelissimi. Se infatti è scontato che il falco Capezzone parli di «autolesionismo» del Pd, non è un caso se ieri sono insorti anche tutti coloro che stanno lavorando ad una ricucitura nel Pdl, come Renato Schifani: «Guai a fare maggioranze trasversali sull’Imu, noi non arretreremo di un millimetro». È un avviso ai naviganti: se Alfano cedesse sul punto cruciale del programma pdl, perderebbe pezzi e potrebbe tornare in minoranza nel suo partito.