Siderurgia. Thyssen, 11mila esuberi
Mondo dell'acciaio in fibrillazione per due difficili situazioni, quella della Thyssenkrupp e quella di Arcelor Mittal.
Thyssenkrupp
I tedeschi sono pronti a tagliare 11mila posti di lavoro in tre anni. La drammatica decisione sarebbe motivata come conseguenza degli effetti negativi provocati dal coronavirus. “A maggio 2019 – si legge in una nota del colosso dell'acciaio – l'azienda ha annunciato una riduzione di 6.000 posti di lavoro in tre anni necessaria alla trasformazione del gruppo. A seguito delle ristrutturazioni avviate e realizzate nell'ultimo anno, sono già stati tagliati circa 3.600 posti di lavoro. Per affrontare gli sviluppi del mercato a lungo termine e gli effetti del coronavirus, Thyssenkrupp vede attualmente la necessità di un'ulteriore riduzione di 11.000 posti di lavoro complessivi, misurati rispetto alla situazione di partenza”. Questi 7.400 posti di lavoro aggiuntivi, sottolinea il gruppo, “saranno ridotti nei prossimi tre anni”. Oliver Burkhard, capo delle risorse umane di Thyssenkrupp ha spiegato: “Siamo nel mezzo del più grande processo di ristrutturazione nella storia di Thyssenkrupp. Sfortunatamente, ciò comporterà ulteriori tagli di posti di lavoro, purtroppo non c'è modo di aggirare questa situazione”. “Affronteremo questo problema – ha peraltro garantito – insieme ai rappresentanti dei lavoratori a livello locale e troveremo strumenti adeguati, a seconda delle dimensioni e della gravità della situazione economica. I licenziamenti obbligatori rimangono l'ultima risorsa. Tuttavia, in questo momento, non possiamo esplicitamente escluderli".
Arcelor Mittal
Situazione sempre più tesa in Arcelor Mittal. Fim, Fiom e Uilm infatti hanno proclamato per mercoledì 25 novembre una giornata di mobilitazione di tutti i lavoratori dell'ex gruppo Ilva, con uno sciopero di 2 ore, presidi, iniziative e collegamenti dagli stabilimenti con conferenza stampa in rete dei segretari generali, Roberto Benaglia, Francesca Re David e Rocco Palombella. La decisione al termine del coordinamento nazionale dei tre sindacati del Gruppo Arcelor Mittal Italia, svoltosi alla presenza dei leader dei metalmeccanici, per sollecitare la convocazione di un nuovo incontro al Mise e un confronto "vero e serio" sul futuro degli stabilimenti. Nel mirino delle parti sociali anche “le continue dichiarazioni di politica, istituzioni e partiti territoriali, in particolare di quelli pugliesi sul superamento dell’area a caldo, discordanti da quelle del Governo”. Fim, Fiom e Uilm sollecitano perciò un chiarimento definitivo “sulla necessità, per uno stabilimento come quello di Taranto, del mantenimento dell’area a caldo resa ecocompatibile con l’utilizzo delle migliori tecnologie disponibili”.