Tendenza. Così le imprese attirano talenti
Anche il welfare aiuta a trattenere i talenti
Per l’85% delle aziende italiane trovare e assumere i talenti giusti è diventato molto faticoso. Questa percentuale fa decisamente riflettere se pensiamo che dieci anni fa ammontava solo al 29%. E non solo, nei primi sei mesi del 2022 un milione di persone ha lasciato il proprio lavoro in Italia, preferendone uno all’estero (+32% rispetto allo stesso periodo del 2021), mentre solo il 21% dei lavoratori nel nostro Paese ha dichiarato di essere pienamente coinvolto dalla propria attività. Le imprese che hanno più di 15 anni di vita sono cresciute e si sono abituate a un mercato dove la domanda di profili era nettamente inferiore all’offerta. In questo scenario il problema da risolvere era il “trovare” o il “selezionare” le persone migliori. Tuttavia, in soli dieci anni le condizioni si sono invertite e l’offerta di competenze sul mercato è ora inferiore rispetto alla domanda da parte delle aziende. Questo nuovo scenario non è ancora stato ben metabolizzato dalle imprese che ragionano e applicano strumenti oggi non più funzionali perché ideati e concepiti in un contesto opposto. Il problema da risolvere è infatti vincere la concorrenza tra imprese, con le quali spesso si compete per gli stessi profili. Ma come? Occorre cambiare la logica che ha guidato i processi di ricerca e selezione fino a oggi, ma questo non è facile come a dirsi. Per questo Daniele Bacchi, ceo e co-fondatore di Reverse, realtà internazionale di Headhunting e Risorse Umane, ha elaborato otto consigli per le aziende che vogliono diventare più attrattive agli occhi dei candidati e rendere quindi più proficua la ricerca e la selezione. Una tematica che Bacchi ha affrontato anche nel suo recente C’era una volta la ricerca e selezione, edito da Libri Este:
1. Passare da buyer a seller. Il primo gradino per affrontare il cambiamento è la consapevolezza. Non siamo più nel mercato dei compratori, dove il processo selettivo poteva essere costruito con le logiche dei bandi di gara: tanti candidati come partecipanti al bando, il posto di lavoro messo in premio per coloro che più soddisfano i requisiti e il recruiter che svolge il ruolo di “giudice”. Siamo invece in un mercato che ha logiche identiche ai mercati di venditori: i candidati sono pochi, come sono sempre pochi i clienti rispetto ai venditori. Questi candidati-clienti vanno allora conquistati con le tecniche affini a quelle che le imprese hanno sviluppato per acquisire clientela.
2. Farsi conoscere dai potenziali candidati prima che intercettino l’annuncio. Soprattutto per quanto riguarda la ricerca di alcuni profili professionali, la competizione tra aziende è altissima. Fondamentale è quindi che i potenziali candidati conoscano l’azienda e la considerino attrattiva ancor prima di ricevere un’offerta di lavoro. Per farlo è sicuramente utile attivare un ampio piano di comunicazione e marketing che, una volta definito il target di interesse, attirino le persone proprio nei luoghi in cui si informano. Inoltre, curare con attenzione sito e profili social aziendali può costituire davvero una marcia in più. I candidati spesso compiono ricerche online prima di presentarsi al colloquio.
3. Costruire con attenzione il processo di selezione. Sempre dopo aver definito con precisione il proprio target di riferimento, è fondamentale pianificare con cura i vari step del processo di selezione, quello che in marketing si chiamerebbe funnel. Un processo di selezione lungo, complesso e non trasparente trasmette ai candidati un’immagine disorganizzata o inefficiente dell’azienda. In più se si è costruita una procedura articolata con tanti colloqui e passaggi è fondamentale capire in quale di questi si perdono i candidati e perché. Se per esempio l’iter prevede un test tecnico che richiede molto tempo da investire, potrebbe essere più utile inserirlo nelle fasi finali della selezione, quando il candidato ha già chiare tutte le informazioni relative al ruolo, al lavoro e al progetto.
4. Analizzare i competitor che non sono solo i concorrenti diretti di prodotto/servizio, ma anche quelle aziende che cercano le stesse figure. Che tipo di annunci producono? Cosa offrono? Studiando attentamente anche solo le loro proposte di lavoro è importante cercare di differenziarsi, rendendo più attrattivo il pacchetto azienda-progetto-retribuzione-ruolo. “Perché una persona brava che oggi già lavora in una buona azienda dovrebbe mai cambiare lavoro per decidere di lavorare con noi? Cosa offriamo in più? Cosa in meno?”
5. Conoscere i candidati. Non basta conoscere i competitor, bisogna anche essere consapevoli di quello che pensano e cercano i candidati che si vogliono attirare e che dovrebbero quindi essere motivati ad un cambio lavorativo. In maniera simile alle abitudini sviluppate nell'analisi di mercato, dove si dedica tempo ed energia allo studio delle abitudini e dei desideri dei clienti, così è necessario iniziare ad abituarsi a fare con i candidati. Cominciare a utilizzare uno strumento noto da tempo nel marketing come il buyer personas, adattandolo al mondo della ricerca e selezione e trasformandolo in candidate personas può per esempio diventare una strategia molto utile per condurre in modo efficiente la ricerca dei profili.
6. Durante il colloquio, raccontare il progetto e l’azienda in modo dettagliato. Dopo aver approfondito chi è il candidato che si vuole assumere e cosa cerca, è importante darsi il tempo di “vendere” l’azienda in sede di colloquio e non dare per scontato che i candidati conoscano già i punti di forza del contesto in cui andranno a inserirsi. Molto richiesta è anche la possibilità di incontrare le persone chiave dell’azienda o del progetto, non tanto perché debbano essere partecipi della selezione, ma perché si dà modo ai candidati di conoscere i loro futuri colleghi o superiori.
7. Non sottovalutare l’importanza del feedback. La tempestività del feedback è fondamentale e decisiva. Far passare più di una settimana dal colloquio al riscontro può essere molto controproducente. Ecco perché è utile, nel caso in cui il processo vada per le lunghe, non sparire ma mandare una mail o telefonare al/alla candidato/a per fargli/le sapere che l’iter sta proseguendo, ma potrebbe solo volerci più tempo del previsto.
8. Tenere traccia dei dati. Anche per il settore Hr esistono software in cloud in grado di portare un contributo molto utile all’attività. Più che i tool in grado di gestire i propri annunci di lavoro e le candidature, servono tool per gestire le relazioni con i potenziali candidati futuri. Proprio come esistono i Crm (Customer Relationship Management), sono nati ora tool Trm cioè Talent Relationship Management. La chiave è creare strumenti e contenuti facendo in modo che i migliori talenti conoscano il brand dell’impresa e le sue attività più attrattive ancora prima di entrare in contatto con l’azienda. Inoltre è fondamentale tenere traccia digitale di ogni step della ricerca e selezione oltre che di tutte le connessioni create con candidati le cui competenze potrebbero prima o poi tornare comode all’azienda. Nessuna delle persone contattate rischierà così di essere dimenticata e nessun contatto stabilito resterà inutile. Non è facile scegliere l’applicativo più adatto che infatti deve essere studio di un grosso lavoro di ricerca e di identificazione a monte dei propri obiettivi. Anche la piattaforma InfoJobs conferma che le pmi italiane sono pronte ad assumere (87%), mentre attrarre e trattenere i talenti è diventato l'obiettivo primario. «Secondo i dati emersi - spiega Filippo Saini, head of job di InfoJobs - le pmi italiane si trovano a fronteggiare un contesto socio-economico ancora molto sfidante, unito a nuove modalità di approccio al lavoro che sono drasticamente cambiate dopo gli anni della pandemia. Le aziende riconoscono quanto, oggigiorno, sia diventato indispensabile avere una maggiore sensibilità verso le esigenze concrete delle persone e per questo attivano leve di welfare aziendale in grado di soddisfare le persone, trattenere e attirare i talenti, garantendo stabilità alle attività e alle strutture aziendali stesse». Inoltre ha individuato le principali tendenze del mercato del lavoro:
• Retention (42,9%): in un mercato competitivo, con risorse limitate, l’azienda deve interrogarsi su come essere ingaggiante per i suoi dipendenti e non lasciarsi sfuggire le risorse migliori è un must. È importante la formazione continua delle risorse, su competenze hard e soft, sia per valorizzarle sia per ricollocarle in maniera coerente con gli obiettivi aziendali. Emerge, inoltre, un nuovo trend: la cultura del feedback e dell’ascolto delle risorse, per far sì che i dipendenti si sentano protagonisti del loro futuro in azienda.
• Attraction (24,8%): le aziende sanno anche di dover attrarre i talenti, dato il contesto competitivo e la difficoltà a reperire risorse qualificate. Attuare strategie multi-canale di employer branding per attrarre i migliori talenti da inserire in azienda sarà una delle priorità di quest’anno.
• Digital4Human (12,8%): liberare tempo da attività time-consuming e investire in attività a più alto valore aggiunto permette il recupero della dimensione umana dietro al digitale. La tecnologia è un alleato prezioso, sempre in evoluzione, che se usato correttamente può davvero fare la differenza, anche nei processi di ricerca, selezione e gestione del personale.
• Lavoro ibrido (11,3%): una vera e propria sfida sarà far conciliare i benefici del lavoro in presenza e del lavoro da remoto, gestendo team in modalità mista per il raggiungimento degli obiettivi aziendali, grazie anche a nuovi modelli di leadership basati su responsabilizzazione e fiducia. Il tutto evitando burn out e stress da iperconnessione, ma anche disaffezione all’azienda e progressivo isolamento.
• Diversity & Inclusion (8,3%): complice la diffusione del lavoro ibrido, è nata la necessità di creare maggiore senso di appartenenza per superare la lontananza fisica tra persone e azienda. Questo spesso trova il suo riscontro nel tema della diversità e inclusione in senso ampio: persone diverse, luoghi diversi, ritmi di lavoro diversi ma tutti devono sentirsi inclusi e motivati, perché la diversità se ben gestita può essere solo un punto di forza.
Il welfare diventa quindi fondamentale per conquistare candidati o trattenere i già assunti e per contrastare la mobilità sempre più alta dei lavoratori da un’azienda all’altra. Dal Rapporto Censis-Eudaimon non sono emerse particolari diversità per età nelle valutazioni e nelle aspettative sul welfare aziendale, ma il dato centrale è la più alta attenzione dei giovani per quel che i dispositivi del welfare possono fare per ampliare e migliorare le opportunità di conciliazione tra vita familiare e lavoro. Lo reputano molto importante quasi il 43% dei giovani, contro il 35,8% degli adulti e il 35% degli anziani. Per Alberto Perfumo, fondatore e amministratore delegato di Eudaimon, «il welfare aziendale è un insieme composito di dispositivi d’integrazione al reddito e ai consumi e di soluzioni di welfare propriamente detto: previdenza, salute, scuola, cura della persona, cultura. È fatto di due dimensioni, che nel tempo hanno avuto ruoli e importanze diverse. L’evoluzione del settore, complici gli ultimi interventi normativi, ha messo in evidenza la componente economica, per cui spesso è diventato una somma, agevolata dal punto di vista fiscale e contributivo, messa di fianco alla retribuzione. Non è tanto una questione di stabilire se ci sia un modo più corretto dell’altro di agire, semmai è opportuno chiarire la distinzione, fatta di obiettivi, scelte e modalità operative, tra i due modelli, in modo tale che possano essere compresi come due cose tanto diverse quanto complementari e potenzialmente coesistenti. Servono entrambe: la prima è la salvaguardia igienica del potere d’acquisto: fornisce risorse ai lavoratori senza sovraccaricare le imprese e sostiene i consumi. La seconda componente del welfare, quella della soluzione-servizio, è quella che fa sentire la presenza dell’azienda, è quella che motiva e attrae. Non sembra più il tempo di sforzarsi a interpretare i molteplici bisogni delle persone, ma è necessario saper gestire ogni sottile diversità con un welfare che includa tutti: non potendo soddisfare ogni bisogno, l’azienda può offrire a tutti canali di accesso e opportunità. Da qui, l’opportunità per l’azienda di assumere un nuovo ruolo, quello basato sull’offerta di strumenti in grado di abilitare le persone e metterle nelle condizioni di interpretare da sole le proprie esigenze, qualunque esse siano. Parliamo di un welfare inclusivo e abilitante». Dal punto di vista delle imprese, la ricerca condotta da Nomisma per l’Osservatorio Cirfood District sugli executive delle aziende, evidenzia come sia cambiato l’approccio e l’attenzione agli strumenti di welfare, oltre al modo in cui essi vengono percepiti dai responsabili delle risorse umane. Un Hr manager su due dichiara che, rispetto al 2019, è aumentato o molto aumentato l’interesse dei dipendenti a ricevere servizi di welfare aziendale. Oggi, secondo l’indagine, l’83% delle aziende offre già almeno un servizio di welfare aziendale e, in questa direzione, gli executive intervistati ritengono che l’offerta di un piano di welfare aziendale incida nel migliorare la qualità di vita e promuovere il benessere dei dipendenti (87%), favorire la creazione di un buon clima aziendale (81%), potenziare l’immagine e la reputazione aziendale (78%) e offrire ai dipendenti servizi per la salute e la prevenzione (69%).Anche la formazione aiuta a trovare e trattenere talentiPer attrarre talenti molte aziende propongono corsi di formazione in grado di aggiornare le proprie competenze. A fine 2022, secondo l’Istat, l’industria contava oltre quattro milioni e 600mila addetti, in linea con lo scorso anno, ed entro maggio, senza considerare le uscite, si prevede l’ingresso di 385.330 nuove unità. Ma al di là delle variazioni nella forza lavoro, c’è un elemento imprescindibile per le aziende per creare innovazione e sviluppo sostenibile: la formazione. Secondo i dati dell’ultimo Osservatorio Mecspe, metà delle imprese ritiene di possedere le competenze necessarie per la trasformazione 4.0. A questi si aggiunge quel 9% di aziende che ha assunto personale già formato e il 14% che ha intenzione di farlo. Fa da contraltare circa il 27% del campione, che ancora non si ritiene pienamente pronto. Intanto Epicode, società edu-tech tra le più in crescita in Europa, apre le iscrizioni per quattro nuovi corsi in partenza tra i mesi di aprile e maggio focalizzati su cybersecurity, data analysis e programmazione. Nello specifico, il prossimo 24 aprile partirà il corso di tre mesi per diventare Cybersecurity Specialist. Il 22 maggio, invece, partiranno altri tre percorsi formativi che avranno una durata di sei mesi: FullStack Developer, Data Analyst e l’edizione serale del corso Cybersecurity Analyst. Tutti questi corsi si svolgeranno in modalità online e saranno basati principalmente sulla pratica, attraverso lo sviluppo e l’analisi di progetti reali. Per candidarsi e per avere maggiori informazioni in merito ai requisiti richiesti e ai programmi formativi è possibile consultare il seguente link: https://epicode.com/it/corsi/. La Sioi, invece, scuola di alta formazione, arricchisce l’offerta formativa con due Spring School in modalità web live rivolte agli studenti laureandi, ai giovani laureati e ai professionisti che intendono acquisire o consolidare le competenze in settori di interesse come il rischio ambientale e i conflitti ibridi. La Spring School Ambiente e diritti globali: crisi delle risorse, conflitti e disastri ambientali, organizzata in collaborazione con Greenpeace Italia, si svolgerà in modalità web live dall'8 al 12 maggio 2023. L’obiettivo è di fornire approfondimenti su questioni ambientali di portata globale e sulle loro conseguenze sul piano socio-economico, indicando possibili soluzioni in termini di politiche nazionali e internazionali e opzioni tecnologiche. La Spring School La competizione duratura e i nuovi terreni di scontro si svolgerà in modalità web live dal 12 al 27 maggio 2023. Il programma del corso illustrerà le principali linee di competizione permanente sulla scena internazionale, delineandone contenuti, sviluppi e manifestazioni dal punto di vista teorico, operativo e geografico. Per maggiori informazioni: www.sioi.org.
Premio Abertis, candidature entro il 17 aprilePrende il via la seconda edizione italiana del Premio “Cattedra Abertis”, il riconoscimento istituito da Gruppo Abertis, Fondazione Abertis e A4 Holding, con l’Università degli Studi di Padova e la cui gestione è affidata al Dipartimento di Ingegneria Civile, Edile e Ambientale (Icea) dell’Ateneo patavino, che premia i lavori di ricerca più innovativi in materia di mobilità sostenibile. Il premio punta a valorizzare tesi di dottorato, lavori o progetti di laurea magistrale a carattere di ricerca o altri studi sviluppati in ambito accademico che vertono su argomenti attinenti al tema della mobilità sostenibile: la gestione sostenibile delle infrastrutture e dei servizi di trasporto, la sicurezza del trasporto, gli effetti economici, sociali e ambientali della mobilità, l’impatto delle nuove tecnologie, la mobilità come servizio, le nuove forme di mobilità, la sostenibilità finanziaria dei progetti infrastrutturali, i miglioramenti nella governance della mobilità. Il Premio è rivolto a tutti gli studenti universitari che nell’anno del bando abbiano completato gli studi post-laurea, di master o di dottorato, in una Università italiana. I lavori presentati, di cui lo studente deve essere l’unico autore, devono essere stati discussi o presentati nel corso dell’anno 2022, data che deve comparire nel lavoro di ricerca. Gli interessati possono presentare la propria candidatura entro il 17 aprile 2023 con le modalità indicate nel sito https://www.unipd.it/premi-studio-laureati. Il Premio Abertis per la ricerca sulla mobilità sostenibile avrà una dotazione di 7mila euro, che saranno distribuiti tra i vincitori delle due categorie: tesi di dottorato (5mila euro) e altri lavori (2mila euro).