La tendenza. Tassi alti e coda dell’inflazione: cosa frena il credito alle famiglie
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Un 2024 all’insegna della prudenza per le famiglie italiane che scelgono di indebitarsi con moderazione. La domanda di credito è in calo nel primo trimestre, una riduzione del 3,4% frutto di una serie di fattori concomitanti: tassi di interesse ancora elevati, perdita di potere d’acquisto e incertezza sulle prospettive economiche a breve termine.
L’ultima analisi del barometro Crif (acronimo di “Centrale rischi di intermediazione finanziaria“, società privata che gestisce un sistema di informazioni legate ai crediti) che verrà presentata lunedì fotografa un andamento altalenante nei primi tre mesi dell’anno con una frenata del 10% delle richieste di finanziamenti finalizzati, quelli legati all’acquisto di un bene (mezzi di trasporto, mobili ma anche smartphone) e un aumento del 5,2% dei prestiti personali, spesso legati a piccole ristrutturazioni.
Le famiglie si rivolgono all’industria del credito quando hanno situazioni stabili, in pratica quando hanno la certezza che potranno pagare una rata. Nei periodi di crisi invece, limitano al minimo l’indebitamento. A soffrire maggiormente negli ultimi anni, per effetto della politica anti-inflazione della Bce, sono stati i mutui, crollati del 29% solo nel 2023, ma anche la domanda di finanziamenti di piccola entità, dopo un picco nel 2021, ha iniziato una parabola discendente. Qualche spiraglio di ripresa però sembra esserci con un aumento della domanda nel mese di marzo (+2,6% in valore).
Se il numero di prestiti è in calo l’importo medio richiesto è invece in crescita con un valore medio di 9.380 euro, il 9,1% in più rispetto allo stesso periodo del 2023. Un effetto “collaterale” dell’inflazione elevata. Nel solo mese di marzo si rileva una spinta consistente con l’ammontare richiesto che cresce del 7,9%, arrivando quasi a 9.500 euro. Per entrambe le forme tecniche i segnali sono positivi ma con diverse incidenze: i prestiti finalizzati nel primo trimestre hanno avuto un aumento del 15,8% del valore richiesto (6.859 euro), mentre i prestiti personali sono rimasti pressoché stabili con un valore medio di 12.200 euro e un ritocco dello 0,9%.
«Il mercato del credito alle famiglie è sempre più esposto alla competizione di nuovi attori di matrice non bancaria che attraverso il canale online diversificano il loro modello di business ampliandosi verso il credito. In questo contesto, gli investimenti in tecnologia restano un fattore importante per sviluppare i canali digitali e non perdere fette di mercato – commenta Simone Capecchi, direttore esecutivo del Crif –. A seguito di una possibile frammentazione della domanda di prestiti su più player e a scelte di pagamento come il “Buy now pay later”, vi è sempre più una maggiore attenzione a un’economia sostenibile, anche da parte del regolatore europeo, con politiche di offerta sempre più allineate ai criteri Esg».
L’analisi della distribuzione delle richieste per fascia di importo conferma la predilezione per piccole somme da rimborsare in un arco di tempo lungo per non intaccare il proprio tenore di vita. Nel primo trimestre dell’anno quasi una richiesta su due, tra prestiti personali e finanziamenti, è inferiore a 5mila euro (per l’esattezza il 48,9%), appena il 3,1% è per un valore superiore ai 35mila euro. Il 17,7% è compresa tra i 5 e i 10mila euro e un altro 19,9% tra i 10 e i 20mila euro. Si conferma la tendenza a dilazionare il più possibile il finanziamento: il 29,9% dei finanziamenti è superiore ai cinque anni, un altro 21% è compreso tra i tre e i cinque anni e appena il 12,6% è di durata inferiore ai dodici mesi. Osservando infine la distribuzione delle istruttorie in base all’età del richiedente il barometro Crif evidenzia come sia la fascia compresa tra i 54 e i 54 anni la più attiva (con il 23,3% delle richieste) seguita dai 35-44enni (20,3%) e dai giovani tra i 25 e i 34 anni (19,2%).