Coronavirus. Supermercati e farmacie frenano. Anche loro sentono la crisi
Anche la grande distribuzione comincia ad accusare i primi problemi
«Ci sono tante aziende che stanno vendendo di più» ricorda Urbano Cairo in un video di fine marzo che doveva essere visto solo dai venditori degli spazi pubblicitari di Rcs MediaGroup. Diventato pubblico, quel video in cui il manager invita i suoi a «capitalizzare » i vantaggi del momento ha attirato molte critiche al proprietario del gruppo che controlla il Corriere della Sera. Ripulito dai giudizi che gli si vuole dare, il messaggio di base di Cairo però è vero: ci sono aziende che stanno guadagnando di più dal fatto che gli italiani sono costretti a casa e possono uscire solo per acquisti "essenziali".
I primi a vendere di più sono proprio i pochi negozi che possono restare aperti: i supermercati, gli alimentari, le farmacie. Nemmeno in questi settori, però, le cose vanno alla grande. Nielsen, società leader mondiale nella misurazione di ciò che succede nella grande distribuzione, dall’inizio della crisi sanitaria sta aggiornando ogni settimana i dati sull’andamento delle vendite dei supermercati: si è partiti da una crescita dell’8,3% rispetto a un anno fa nella settimana tra il 17 e 23 febbraio, per poi accelerare fino al +16,4% della settimana tra il 9-15 marzo. L’ultimo dato, quello della settimana 16-22 marzo, segna però un rallentamento: +5,4%. «I dati confermano i primi segnali di "rottura'"rilevati in precedenza: da un lato causati dalle nuove procedure di ingresso nei negozi, che limitano l’afflusso per garantire le distanze di sicurezza. Dall’altro la continua ascesa dei negozi di vicinato, che si trovano nei pressi delle abitazioni e permettono quindi di limitare il tragitto per la spesa» spiega Romolo De Camillis, retailer service director di Nielsen Connect in Italia.
La Fida-Confcommercio, che associa i dettaglianti alimentari, conferma che tanti italiani piuttosto che trovare il loro posto nelle lunghe file davanti ai supermercati preferiscono andare al negozio di quartiere. «Anche noi abbiamo visto un po’ di rallentamento ma il ritmo delle vendite dei nostri associati, piccoli negozianti o supermercati indipendenti, continua ad essere altissimo, soprattutto nei punti vendita dei paesi. Siamo sopra di circa il 20% nei confronti con l’anno scorso. Stanno crescendo tantissimo anche le vendite a domicilio, i colossi del web hanno liste di attesa molto lunghe, i nostri portano i prodotti a casa in pochi giorni» dice la presidente Donatella Prampolini.
Le farmacie mostrano un andamento simile a quello dei supermercati: boom di vendite nelle prime settimane e poi un assestamento su livelli più normali. Le rilevazioni di Iqvia e Pharmacy Scanner mostrano un’impennata delle vendite in farmacia nella settimana tra il 9 e il 15 di marzo e poi una discesa. Per i prodotti in libera vendita, che fanno il grosso del fatturato di una farmacia, nella settimana del boom le vendite hanno superato i 240 milioni di euro, quando l’anno scorso non arrivavano a 200, ma in quella successiva sono scesi a 190 milioni, chiudendo anche peggio dell’anno precedente, quando l’incasso dell’analoga settimana era arrivato a 193 milioni. Tra fine febbraio e le prime tre settimane di marzo c’è stato il boom dei prodotti legati alla paura del Covid-19 (+455% le vendite tra detergenti mani, guanti e mascherine) e anche una solida crescita (+84%) di quelli per curare tosse e raffreddore, ma c’è stato anche il crollo delle creme solari (-53% nelle ultime 8 settimane rispetto a un anno fa) e la discesa anche di quelle per la cura dei capelli o del viso. Gli italiani restano a casa e farsi belli non è tra le priorità.
Anche le farmacie notano una crescita verticale delle vendite online. Più in generale sembra essere il momento per una vera esplosione del commercio elettronico, che nel 2019 in Italia ha superato i 30 miliardi di euro di incassi. Ci sono ambiti, come quello della spesa online, in fortissima crescita. Tannico, principale sito italiano per la vendita di vino, parla di volumi acquistati raddoppiati in queste settimane. Ma anche nel mondo dell’e-commerce si sente qualche difficoltà. In un incontro online con gli associati dello scorso martedì, Roberto Liscia, presidente di Netcomm, il consorzio che riunisce i principali attori dell’ecommerce italiano, ha mostrato i dati di un’indagine tra i negozianti elettronici: il 68% in queste settimane ha riscontrato un calo delle vendite, il 10% nessuna variazione, il 22% un aumento. Hanno sofferto gli ecommerce della moda, con un crollo delle vendite dell’84,6%. L’80% dei negozianti ritiene che nei prossimi mesi ci sarà qualche problema a livello di spedizione delle merci. In prospettiva il mondo del commercio elettronico può contare sull’enorme quantità di nuovi utenti che lo hanno scoperto in queste settimane, ma per alcuni dei suoi settori chiave, come quello dei viaggi, sono in arrivo tempi duri.
Chi invece ha l’aria di guadagnare moltissima popolarità in questi tempi di divano forzato sono le società dell’intrattenimento. Secondo un’indagine dell’Osservatorio dello Studio Frasi tra l’8 e il 28 marzo gli italiani hanno passato 356 minuti al giorno sa guardare la televisione, 108 minuti in più rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso. Se in tempi normali l’ascolto medio rilevato dall’Auditel è attorno ai 10 milioni di telespettatori, ora la media è sopra i 15,3 milioni.
Ne stanno approfittando certamente anche le società di streaming. Netflix però non comunica i dati specifici sugli abbonati in Italia e sul loro comportamento. Non lo fa nemmeno l’ultima arrivata, Disney+, che nel nostro Paese ha debuttato il 24 marzo: la data era fissata da tempo, ma certo partire con l’offerta dei capolavori Disney o di Star Wars quando le famiglie e i bambini sono costretti in casa ha aiutato. Anche da Disney non danno nessun numero preciso, però informalmente fanno sapere «di essere molto soddisfatti di come sono andate le cose la settimana scorsa».
È probabile che anche le vendite di giornali siano aumentate in queste settimane in cui il pubblico ha bisogno di notizie e le edicole sono rimaste aperte. Ma per avere numeri precisi sull’andamento dei quotidiani bisognerà aspettare qualche settimana, quando arriveranno i dati di Ads di febbraio e, soprattutto, quelli di marzo. L’impressione riportata da diversi edicolanti però è che ci sia un miglioramento: gli italiani potrebbero avere iniziato a riscoprire quanto sia importante informarsi da fonti affidabili e approfondite. Soprattutto quando le cose si mettono male.