Inflazione. «Sui prezzi ora serve una tregua»
Una “tregua” di tre mesi sugli aumenti dei prezzi di listino, con «la proroga dei contratti in corso, mantenendone le condizioni». Perché è vero, il 2023 vedrà ulteriori rincari, soprattutto nel comparto dei beni alimentari, «ma al momento il nodo è capire quando e quanto aumentare: gli elementi di incertezza sono troppi e le famiglie stanno già soffrendo». Dal suo “osservatorio privilegiato”, Francesco Pugliese, amministratore delegato di Conad, leader del settore della grande distribuzione in Italia, prova a fare il punto su una situazione economica non certo rosea per le famiglie italiane, costrette a modificare le loro abitudini di spesa da un’inflazione stabilmente a doppia cifra. Dall’industria, sottolinea Pugliese, «mi sono arrivate 400 richieste di aumenti dei prezzi di listino. Ma se i rincari sono giustificati e già quantificabili per alcune filiere, penso ad esempio alla lavorazione del pomodoro che ha già prodotto con aumenti reali e certi, per tante altre merci, soprattutto non agroalimentari, non possiamo dire la stessa cosa. Bisogna considerare anche altri elementi, tra cui la stessa efficienza della singola azienda. Certo è che se si concretizzassero tutti gli aumenti che ci vengono chiesti, l’inflazione schizzerebbe al 20%, un livello che il Paese non può sostenere».
Le famiglie, spiega il numero uno di Conad, che ha una quota di mercato del 15,03% nel settore della grande distribuzione e del 23,56% tra i supermercati, hanno già cambiato il loro carrello della spesa, privilegiando ad esempio, rispetto ai prodotti di marca, i prodotti del distributore (per intenderci, quelli cioè venduti con il marchio del supermercato), «che hanno rappresentato una grande possibilità di alternativa». «Più che guardare alle marche che fanno sognare, che hanno potere evocativo – spiega Pugliese –, le famiglie guardano oggi alla lettura attenta dei componenti di ogni prodotto, scegliendoli a seconda di quello che rappresentano dal punto di vista qualitativo. Inoltre, stanno calando gli sprechi: ci si è accorti che conviene comprare di più giorno per giorno che fare grandi spese, abbassando i livelli delle scorte. Lo vediamo dal fatto che oggi facciamo più scontrini, anche se di valore più basso. Secondo l’ad di Conad, quello che si registra è anche un naturale «effetto downgrading sui consumi»: gli italiani cercano di comprare ancora la tipologia di prodotti a cui sono più affezionati, ma scelgono quelli che costano un po’ meno. Sono tutte azioni, per Pugliese, che «un amministratore delegato della famiglia, spesso la mamma, ha già messo in atto. Purtroppo siamo in un’economia di guerra: fa molto male perché il sogno della mia generazione era che i nostri figli potessero stare meglio di noi, non peggio».
Per il numero uno di Conad, «va difeso il potere d’acquisto dei consumatori, ma anche le filiere, con la giusta remunerazione agli anelli della catena». Ma le modifiche dei consumi potranno bastare di fronte ai prossimi prevedibili aumenti? «Guardando al 2023 c’è preoccupazione – ammette Pugliese –. Già ora si spende di più per comprare meno. E non dimentichiamo che il 70% dei salari italiani sono inferiori a 1.500 euro, con una situazione molto difficile soprattutto per le famiglie monoreddito. Ci sono troppi fattori di crisi, per questo spero che si continui con un investimento che vada a ridurre i costi dell’energia, in particolare per i più bisognosi. Stiamo già leggendo troppi segnali di quanti non riescono a mettere una pentola di cibo sul fuoco. Siamo tornati a vendere poco nelle ultime settimane del mese, quando finiscono gli stipendi», prosegue l’ad di Conad, secondo cui «lo stipendio di novembre è servito a pagare le bollette, non per cominciare a fare acquisti nell’ambito natalizio. Ma così diventa veramente difficile, si rischiano anche tensioni sociali».
Per Pugliese, «ben venga l’intervento che il governo ha inserito in manovra con 500 milioni di euro a favore delle famiglie più bisognose attraverso le carte prepagate (la Carta risparmio spesa, ndr), sulle quali noi come distribuzione potremmo intervenire come facemmo durante il Covid, riconoscendo cioè un ulteriore sconto, in modo da avere un effetto moltiplicatore anche da quei fondi. Ma dobbiamo incrociare le dita e sperare che cali veramente il prezzo dell’energia». Si poteva fare di più? «Questo governo è entrato in carica da qualche mese e in questo tempo ha dovuto fare la manovra. Considerando le priorità, non credo che nessuno, né loro né altri, avrebbe potuto fare di più». E le proteste e gli scioperi delle ultime settimane non possono, per Pugliese, essere la risposta: «Protestare è semplice ma non si vedono ancora delle proposte. Il tema vero oggi è di non alzare il dito della protesta, o rivendicazioni che sono corporative, ma guardare a un contesto più allargato, cercando di trovare proposte concrete».