Confindustria. Crescita senza lavoro, il paradosso del Sud
Sorpresa. Il Sud cresce in alcuni settori più del Centro-Nord, trainato dalle sue imprese. Ma la disoccupazione giovanile e il numero di ragazzi che non studiano e non lavorano resta a livelli allarmanti. A dirlo sono i dati contenuti nel Check up di metà anno che Confindustria e il Centro studi del Gruppo Intesa Sanpaolo (Srm) dedicano all’economia e alla società meridionale.
Continua la crescita del Pil (+0,9% nel 2016), su livelli non molto lontani da quelli del 2015 (+1%), trainata dall’industria in senso stretto, il cui valore aggiunto è cresciuto, nel 2016 del 3,4%, oltre 2 punti in più della media nazionale. Si tratta di numeri positivi, anche se ancora limitati ad un numero ristretto di imprese di punta. La sfida è, secondo Confindustria, quella di rafforzare il gruppo di testa, favorendo in primo luogo gli investimenti, il cui livello è tuttavia ancora troppo basso. Sono infatti calati di quasi il 44% dal 2008 e del 37% nel solo settore manifatturiero. La timida inversione di tendenza dell’ultimo anno (+0,8%) lascia ben sperare, ma la distanza dai livelli pre-crisi rimane ancora molto elevata. Particolarmente tempestive sono state, perciò, le modifiche apportate nel 2017 al credito d’imposta per gli investimenti nel Mezzogiorno.
Il numero delle imprese attive, nei soli primi tre mesi dell’anno, cresce di 8mila unità in più (0,5%). Una tendenza ancor più significativa se confrontata con un contemporaneo calo nel resto del Paese (-0,3%). In particolare, prosegue l’aumento delle società di capitali. Altro segno "più lo fa registrare il numero delle start up innovative (+29,1% nel I trimestre del 2017), un dato migliore di quello registrato al Centro-Nord (+25,7%). Positivi sono anche i dati sulle imprese in rete (1.000 in più in soli sei mesi). Cresce per la prima volta anche il fatturato (+0,6%) delle piccole imprese che rappresentano il 90% del tessuto del Mezzogiorno. Segnali positivi anche per l’export che è aumentato del 12,7%. Tre sono per gli industriali le sfide principali per il Mezzogiorno: favorire la natalità delle imprese per ripristinare le fila di un sistema produttivo in cui la crisi ha aperto ampi vuoti; sostenere la crescita, l’innovazione e l’internazionalizzazione delle imprese esistenti, far crescere la quantità (e la qualità) della spesa per investimenti pubblici ad un livello effettivamente capace di avere impatti reali sui tassi di crescita.
L’altra faccia della medaglia di questa ripresa economica quasi inaspettata è la disoccupazione giovanile che al Sud è "altissima", ad un livello doppio rispetto al resto d’Italia. Si calcola una percentuale di giovani senza lavoro pari al 56,3%. Elevato anche il numero dei Neet, dei giovani che non studiano e non lavorano: sono 1 milione e 800 mila al Sud (più di metà del dato nazionale). Per chi prende una laurea l’emigrazione di fatto è diventata obbligatoria. «C’è una grande criticità sulla questione giovani, è una criticità del paese che al Mezzogiorno diventa un potenziale detonatore della società delfuturo» ha detto il presidente di Confindustria, Vincenzo Boccia. «Un milione e 800 mila Neet è un elemento su cui, come paese, dobbiamo cominciare a guardare con attenzione. Non possiamo più solo parlare dei giovani e non fare niente per loro». «Se vogliamo risolvere questa contraddizione dando le pensioni ad altri e un contentino ai giovani siamo sulla strada sbagliata - ha continuato Boccia -. Le generazioni passate dovrebbero essere più generose, è ora che comincino a pensare ai loro figli».