La crisi. Spettacoli viaggianti, a rischio 5mila imprese
Tra le cose vietate in questi mesi va annoverato anche il divertimento offerto dal mondo degli spettacoli viaggianti e dei parchi divertimento. Un settore in crisi che lancia l'allarme con i rappresentanti dell’Anesv (Associazione nazionale esercenti spettacoli viaggianti) sigla che in seno all’Agis (Associazione generale italiana dello spettacolo) riunisce e tutela in Italia le imprese del comparto. Che accoglie migliaia di lavoratori impiegati nei parchi di divertimento a carattere tematico, acquatico e faunistico, sia permanenti sia itineranti. Un settore che contribuisce significativamente all’aspetto ludico, sociale e culturale - ed economico, ovviamente - del Paese, ma che a causa dell'epidemia è scomparso dal nostro quotidiano e, come denunciano le associazioni, anche dalle analisi e dalle informazioni nell’elaborazione delle azioni di sostegno economico e di riapertura nella Fase 2.
“Anche noi – sottolinea Diego Guida, tesoriere nazionale Anesv – ci siamo trovati a fronteggiare la crisi. I luna park stanziali sono stati chiusi e il calendario di quelli viaggianti è stato soppresso, i parchi giochi cittadini, nei giardini comunali o in locali al coperto, hanno cessato le attività. Molti esercenti e tante compagnie itineranti si trovano bloccati con le carovane nei Comuni dove erano installati prima dell’emergenza”.
Una situazione insostenibile per una categoria di imprese familiari, il cui reddito è costituito dalla gestione delle proprie attrazioni. “Le previsioni – continua Guida – sono tutt’altro che rosee dal momento che il blocco dell’attività e le conseguenze a lungo termine della pandemia, ci fermerà ancora per molti mesi. Siamo pronti a dialogare con le Istituzioni, in primis con le Regioni, per definire tempi e modalità che ci consentano di affrontare in sicurezza la Fase 2, ma nel frattempo è prioritario mettere i nostri associati in condizione di rispettare scadenze e impegni economici come pagare le rate dei finanziamenti bancari, gli oneri previdenziali o fiscali e, contemporaneamente, farli sopravvivere e stiamo parlando di oltre 20mila lavoratori che compongono circa 5mila imprese”.
Secondo l'associazione, molte imprese hanno esaurito le risorse a fronte del decreto Cura Italia che non si dimostra sufficiente a garantire sia il passaggio di questa fase, sia di quella post-emergenza. “Il fattore tempo - conclude - può costituire una pericolosa deriva. Basti pensare al Mibact che gestisce i fondi (130 milioni) previsti nel Cura Italia per le emergenze nei settori spettacolo, cinema e audiovisivo, ma che non ha ancora provveduto all’istituzione delle relative procedure che consentirebbe l’erogazione di tali finanziamenti. Ci auguriamo che questo avvenga quanto prima".