Economia

Istat. Welfare a doppia velocità, i Comuni del Sud spendono la metà

Cinzia Arena giovedì 6 aprile 2023

Al Sud l'assistenza domiciliare per gli anziani è una rarità

L’emergenza sanitaria ha stravolto la “destinazione d’uso” della spesa sociale, dirottando buona parte delle risorse al contrasto alle vecchie e nuove povertà. Nel 2020 i Comuni hanno affrontato un anomalo incremento dei bisogni assistenziali. È aumentata del 72,9% (da 555 a 959 milioni) la spesa per le situazioni di disagio economico e l’assistenza alle persone senza dimora (passata dal 7,4% al 12,2% della spesa complessiva). Un cambio di prospettiva fotografato dal report dell’Istat sulla spesa dei Comuni per i servizi sociali nel 2020 presentato ieri.

In forte crescita i contributi a sostegno del reddito con 377mila beneficiari. Il doppio, vale a dire 743mila, sono coloro che hanno ricevuto dei buoni spesa per l’emergenza alimentare. Erano appena 21.500 nel 2019. In calo del 5,9% invece la spesa per l’assistenza ai disabili e in misura minore (-1,7%) quella per gli anziani.

Sul piatto della bilancia ci sono però squilibri geografici consistenti: al Sud la spesa pro-capite per il welfare territoriale è di 66 euro, la metà della media nazionale (132 euro) e poco più di un terzo di quella del Nord-Est (184 euro). Il Nord-Ovest e il Centro si attestano su 145 e 141 euro, mentre le Isole sono in linea con la media nazionale. «Quasi il 30% dei Comuni del Mezzogiorno non offre il servizio di assistenza domiciliare agli anziani in condizioni di fragilità» sottolinea l’Istat. Percentuale che scende al 15% al Centro e al 10% al Nord.La battuta d’arresto nella fruizione di servizi essenziali per le famiglie è traversale. In particolare è crollata la spesa per la gestione dei centri diurni, che accolgono i disabili e gli anziani durante il giorno e offrono interventi di sostegno, socializzazione e recupero. Nel 2020 li hanno frequentati 92mila persone, 45mila anziani e 47mila disabili, con un calo del 10,5%. L’ammontare delle rette è stato più che dimezzato con 15 milioni di euro in meno. Andamento simile per i nidi e gli altri servizi educativi per la prima infanzia. C’è stato un calo delle iscrizioni del 10,5%, una riduzione del 10,3% della spesa ma ben del 39,7% delle rette mentre i Comuni hanno continuato a sostenere i costi fissi di gestione delle strutture.

Rispetto alla media europea l’Italia destina una quota importante del Pil alla protezione sociale: il 34,3% contro il 31,7%, anche se la spesa in termini pro-capite, pari a 9.316 euro, è di circa 200 euro inferiore. Si spende meno per i disabili (476 euro annui, contro i 669 della media europea), e per le famiglie e i minori (339 euro contro 753). Il report dell’Istat evidenzia «una carenza di servizi, ad esempio di natura socio-assistenziale e socio-educativa». In generale le prestazioni in denaro assorbono una quota più ampia della spesa sociale (il 77,3%), a scapito delle spese per servizi di cura. La spesa per l’assistenza agli anziani è di 4200 euro l’anno, in linea con Paesi con un welfare avanzato quali la Francia e l’Olanda.