Food delivery. Sono autonomi o dipendenti? I nodi del contratto dei rider
Il primo contratto dei rider divide i sindacati
Autonomi o dipendenti? Torna sotto la lente d’ingrandimento la questione dell’inquadramento contrattuale dei rider. Con il fronte sindacale spaccato a metà e il ministero del Lavoro deciso a mantenere un ruolo da protagonista. Da anni la politica tenta di 'incasellare' l’attività di consegna pasti a domicilio, punta dell’iceberg della gigeconomy e simbolo del nuovo precariato. L’anno scorso una norma ad hoc è stata inserita nel decreto «Salva imprese»: stabiliva, riprendendo l’impianto del Job Acts, che i rider possono essere qualificati come lavoratori autonomi ma devono essere assoggettati alla disciplina generale del lavoro subordinato per quanto riguarda, ad esempio, l’orario e la retribuzione minima. Alle piattaforme del food delivery e ai sindacati veniva concesso un anno di tempo per arrivare alla definizione di un accordo quadro. Ma le posizioni, come spesso accade, sono sembrate subito distanti: i confederali chiedevano l’applicazione del rapporto di lavoro subordinato con punto di riferimento il contratto della logistica mentre le piattaforme ritenevano insostenibile dal punto di vista economico la trasformazione dei fattorini in dipendenti. A sparigliare le carte, la settimana scorsa, la firma di un contratto nazionale tra Assodelivery (cui aderiscono Deliveroo, Glovo, Just Eat, Uber Eats e Social food) e Ugl che ha appena associato l’Anar, associazione nazionale autonoma rider che conta circa mille iscritti. Il contratto, il primo 'specifico' in Europa, parte dal presupposto i rider sono lavoratori autonomi, riconosce un compenso orario minimo di 10 euro lorde che scendono a 7 anche senza consegne nelle città dove il servizio è al debutto. In caso di lavoro notturno, festività o maltempo sono previste indennità dal 10% al 20% e ogni duemila consegne un premio di 600 euro. L’intesa non è piaciuta ai sindacati confederali che hanno denunciato l’assenza di ferie, malattia, maternità e tredicesima ma soprattutto la scelta di confermare un regime contributivo a cottimo con il rischio di venir licenziati senza preavviso. Per il segretario generale aggiunto della Cisl Luigi Sbarra si tratta di un «gioco al ribasso su retribuzioni e tutele», di «distorsioni inaccettabili che non hanno nulla a che fare con una buona flessibilità che solo un buon contratto può definire». Di «intesa sbagliata nei contenuti e scorretta nel metodo» ha parlato la segretaria confederale della Cgil Tania Sacchetti. A dare sup- porto ai confederali il ministro del Lavoro Nunzia Catalfo che ha subito convocato (per oggi) una riunione per rivedere la questione. Fortemente contraria la rete dei collettivi che da tempo chiede il riconoscimento dello status di dipendenti per i rider 'fissi'. Lunedì scorso il collettivo Union riders Bologna ha fatto irruzione della sede locale dell’Ugl. Non mancano le prese di posizione a favore del contratto come quella di Pietro Ichino, giurista e ordinario di Diritto del lavoro nell’Università degli Studi di Milano i rider si trovano «in una terra di nessuno tra lavoro subordinato e autonomo, che richiede regole nuove rispetto a quelle tradizionali di entrambi i campi, indipendenti dalla qualificazione del rapporto ». Contestata anche la posizione eccessivamente rigida del ministero. «Dovrebbe spiegare perché per la prima volta, a quanto mi consta, nella storia della contrattazione ha ritenuto di fulminare questo contratto il giorno dopo che era stato stipulato – ha commentato Ichino –. E dovrebbe spiegare anche come possa decretare il difetto di 'maggiore rappresentatività' delle associazioni stipulanti senza neanche indicare il settore a cui fa riferimento, e senza che esista un contratto collettivo concorrente». Per Michele Tiraboschi, direttore scientifico di Adapt, l’associazione fondata da Marco Biagi, è sbagliato definire l’accordo un 'contratto pirata' come molti hanno fatto. «Ha una validità giuridica perché la costituzione riconosce una pluralità di sindacati». L’intervento del ministero si può considerare «anomalo» anche perché ha rapporti continui con Ugl. Per Tiraboschi occorrerebbe estendere il tema delle tutele dei lavoratori autonomi, scindendo la questione politica da quella tecnica. «I rider sono trentamila ma ci sono due milioni di collaboratori familiari, di cui almeno l’80% in nero, di cui nessuno parla. Occorre ampliare l’orizzonte della legge Biagi, tenendo conto delle trasformazioni in atto. Il lavoro su piattaforma è sempre di più un ibrido, serve un regime universale di tutele». © RIPRODUZIONE RISERVATA Il ministero del Lavoro riaccende i riflettori sull’inquadramento dei ciclo-fattorini I confederali insistono sull’applicazione del contratto nazionale della logistica Sbarra (Cisl): gioco al ribasso sulle retribuzioni Ichino: servono regole nuove Tiraboschi: è il momento di riformare la legge Biagi