Economia

BILANCIO. Manovra, da Social card e bonus un «tesoretto» nascosto

Francesco Riccardi sabato 28 novembre 2009
Ben 818 milioni di euro «avanzati» dalla distribuzione del "bonus famiglia" lo scorso anno. Altri 502 milioni di euro di disponibilità attive sul fondo per la Social card. E ancora 100 milioni di donazioni in arrivo e 250 milioni di multe comminate dall’Antitrust, convogliate per legge sullo stesso fondo. In totale, fanno quasi un miliardo e 700 milioni di euro già a disposizione, senza prevedere ulteriori stanziamenti. Insomma, il ministro Tremonti ha nel cassetto un "tesoretto" che potrebbe essere speso per sostenere le famiglie e i più bisognosi. Ma – almeno fino ad ora – nella Finanziaria non si parla di alcun nuovo intervento. Eppure ci sarebbero le risorse per prevedere, se non un primo passo verso la riforma del carico Irpef sulle famiglie, quantomeno un ampliamento significativo della platea dei beneficiari della Social card. Puntando su una maggiore tutela dei minori ai limiti della povertà. Ma vediamo anzitutto il bilancio dei provvedimenti dello scorso anno, dai quali è possibile ricavare anche indicazioni per eventuali interventi. L’operazione Bonus famigliaL’intervento una tantum – che prevedeva un bonus da 200 a 1.000 euro a seconda di limiti di reddito e numero di componenti la famiglia – si è concluso in pratica con la presentazione dei modelli Unico il 30 settembre scorso. Come era stato previsto dal mondo associativo – e segnalato nel dicembre scorso da Avvenire – il cosiddetto "Bonus famiglia" si è rivelato soprattutto un "bonus single" o per coppie di anziani. Su 10 erogazioni, infatti, 8 sono andate ai singoli o alle coppie senza figli e solo 2 alle famiglie con figli a carico. Il bilancio ufficiale del ministero dell’Economia riferisce che sono state accolte 4.711.588 domande, con un’erogazione in media di 335 euro. La spesa in totale è stata di 1.582 milioni. Dato che erano stanziati 2.400 milioni, c’è un residuo attivo di 818 milioni di euro. I numeri della Carta acquistiMartedì prossimo compirà un anno: il primo dicembre 2008 veniva infatti lanciata la Social card o Carta acquisti dedicata agli anziani e ai bambini da zero a tre anni più bisognosi. Con 80 euro di ricarica bimestrale (più 120 euro una tantum iniziale) era limitata ai cittadini da 0 a 3 anni e oltre i 65 con un limite di reddito Isee di 6.000 euro, diventati poi 6.200 in un successivo aggiornamento. Per gli ultra 70enni il tetto era elevato a 7.000 euro sempre in base all’Isee. I soggetti non dovevano avere altre proprietà oltre all’eventuale abitazione. In base alle stime su redditi e povertà era stata messa in conto una platea potenziale di un milione e duecentomila soggetti interessati. In realtà, sono state presentate 830mila domande, delle quali 627mila accolte. Nel tempo poi alcune sono state annullate e, secondo i dati della relazione ufficiale del ministero dell’Economia, a novembre 2009 le carte attive e caricate sono circa 450mila. Meno della metà di quelle messe in preventivo. E infatti, rispetto a una dotazione iniziale di 808 milioni di euro, l’erogato in un anno ammonta a circa 306 milioni di euro. Sul conto della Social card restano così 502 milioni di euro «ai quali vanno aggiunti – spiega la relazione del ministero di Tremonti – impegni di donazione per 100 milioni e risorse destinate per via legislativa (multe antitrust) per ulteriori 250 milioni». Come ha funzionatoGli enti locali erano stati invitati a convogliare ulteriori aiuti ai bisognosi su questa stessa carta, ma solo la Regione Friuli Venezia Giulia e il comune di Alessandria hanno aggiunto per i loro cittadini in condizione di bisogno 20 euro di contributo mensile aggiuntivo. Per quanto riguarda invece i negozi convenzionati, sono stati 10mila in tutta Italia gli esercizi che hanno esposto l’apposito bollino e assicurano uno sconto aggiuntivo del 5% sugli acquisti effettuati con la Social card. Ad essi si aggiungono le farmacie aderenti a Federfarma e Assofarm. Come spiega il ministero dell’Economia, il beneficiario "tipico" ha ricevuto finora 600 euro, mentre alcuni nuclei familiari nei quali erano evidentemente presenti più aventi diritto hanno ricevuto fino a 3.120 euro in un anno. Si tratta però di una quota inferiore al 5% della platea. Sempre la relazione tecnica del ministero interviene anche sul nodo dei costi: «Le spese operative dirette» sarebbero «limitate all’1,5% dei fondi distribuiti». In valore assoluto 1 milione e 610mila euro al 30 giugno scorso. Come potrebbe essere cambiataSe il numero delle Social card distribuite è risultato inferiore alla metà di quanto stimato inizialmente, significa o che l’area del bisogno è più ridotta di quanto si stimasse oppure, ipotesi assai più probabile, i criteri d’accesso sono stati fissati in maniera troppo rigida per ciò che concerne i limiti alle piccole proprietà e ai redditi dei nuclei familiari. In particolare, però, appare del tutto trascurata l’intera area del bisogno delle famiglie con figli di età superiore ai 3 anni e degli anziani tra i 60 e 65 anni che, pur avendo redditi inferiori ai limiti, non beneficiano di alcun aiuto. Allargare la maglia dei requisiti anzitutto rispetto all’età, portando il limite di accesso alla Carta acquisti sino ai 15 anni potrebbe dunque assicurare una migliore tutela dei minori più bisognosi. Una manovra possibile proprio in forza di quel "tesoretto" residuo che il ministro dell’Economia tiene ben chiuso nel cassetto della scrivania di Quintino Sella, in via XX settembre.