Economia

Monopoli. Asserragliate in miniera, protesta delle 37 Maria

Mario Girau martedì 2 dicembre 2014
Quarta notte d’occupazione della galleria Villamarina, miniera di Monteponi (Iglesias), per le trentasette lavoratrici Igea, la società destinata quasi vent’anni fa a mettere in sicurezza, bonificare e ripristinare le aree minerarie dimesse. Al freddo e all’umido aspettano l’incontro di questo pomeriggio con la Regione. Intorno a loro è partita la catena della solidarietà alimentata dalla Chiesa che chiede l’impegno di tutti, al di là delle singole vertenze locali.  La giunta regionale è l’unico azionista della società che dal 2010 è in house (a gestione pubblica) e che è stata messa in liquidazione lo scorso 13 maggio, aprendo un periodo di incertezza per 254 lavoratori, che ora vantano 7 mesi di stipendi arretrati e soprattutto guardano con forti timori al loro futuro. «Attendiamo risposte » dice una giovane di 30 anni che si affaccia da dietro i cancelli che separano il piazzale Santa Barbara da una galleria lunga oltre 800 metri, diventata simbolo di una protesta mineraria per la prima volta con donne protagoniste. Hanno tutte il volto uguale queste mamme, sorelle, mogli osservate dall’esterno con occhio preoccupato da mariti, fidanzati e genitori. «Il nostro nome, comune a tutte, è Maria», dice una ragazza che si ripara dal freddo con un passamontagna che lascia liberi solamente gli occhi. Le condizioni sono precarie. L’umido penetra nelle ossa nonostante calzamaglia, pantaloni, stivali pesanti, due maglioni, giubbotto e sciarpa. «Ci accompagna costantemente un forte mal di gola, qualcuna ha già perso la voce». Una di loro ogni quattro ore si affaccia al cancello per allattare un bambino di otto mesi. «Non ci sono le condizioni igieniche e ambientali per stare un giorno intero con la mamma», dice Maria3. «La Regione, dall’insediamento della nuova giunta, è impegnata con tenacia e coraggio a disegnare un nuovo futuro per le lavoratrici e i lavoratori di Igea. «Questo è il nostro obiettivo – sottolinea l’assessore Maria Grazia Piras –: trasformare Igea in una società con costi e ricavi in equilibrio. Qualche mese fa l’azienda era morta a seguito di una mancata gestione che negli anni ha portato ad accumulare 24 milioni di debiti fino ad azzerare il capitale sociale. Questa giunta, che ha ereditato quella situazione disastrosa, ha fatto una scelta ben precisa: tenere in vita l’azienda e ridarle un ruolo». «Mi sembra che si stia cercando di attuare un progetto di liquidazione totale della società pubblica per affidarla ai privati – dice Fabio Enne, segretario regionale Cisl –, diluendo le competenze di Igea in tante cooperative destinate alle bonifiche ambientali. In questo modo si rischia di precarizzare il lavoro e di perdere le potenzialità di Igea, cioè essere protagonista di un vasto programma di ripristino ambientale valido all’interno della Sardegna, ma con professionalità pronte a cimentarsi in analoghi lavori anche in altre zone del paese». Come una sentinella, veglia in preghiera la Chiesa. Domenica nel piazzale antistante la galleria ha celebrata la messa il vescovo di Iglesias Giovanni Paolo Zedda. «Impegno e solidarietà – ha detto il presule – devono essere costanti nell’azione di tutti, ovviamente a seconda dei diversi livelli di responsabilità».