Energia. Shell rallenta sulla decarbonizzazione e taglia gli obiettivi per il 2030
La decarbonizzazione può attendere. Il gigante dell’energia britannico Shell ha deciso di rivedere al ribasso la riduzione dell'intensità delle sue emissioni complessive di carbonio. Nella prima revisione triennale del suo piano di transizione energetica l’azienda ha rivisto i suoi obiettivi del 2030, mirando a una diminuzione del 15-20 per cento dell’intensità carbonica (rispetto ai livelli del 2016), abbandonando l’obiettivo del 45 per cento entro il 2030 ma mantenendo l’obiettivo zero emissioni di CO2 entro il 2050.
Misurare le emissioni in base all'intensità significa che un'azienda può tecnicamente aumentare la produzione di combustibili fossili e le emissioni complessive, utilizzando al contempo compensazioni o aggiungendo energia rinnovabile o biocarburanti al suo mix di prodotti. In particolare Shell ha deciso di far crescere la propria attività nel settore del gas.
L'amministratore delegato Wael Sawan ha preso il timone un anno fa, nel gennaio 2023 con la promessa di rinnovare la strategia di Shell per concentrarsi su progetti a più alto margine, su una produzione petrolifera costante e sulla crescita della produzione di gas naturale."In linea con questo spostamento verso la priorità del valore rispetto al volume nell'energia, ci concentreremo su mercati e segmenti selezionati. Questo include la vendita di più energia ai clienti commerciali e meno ai clienti al dettaglio", ha detto Shell. "Data questa attenzione al valore, prevediamo una crescita totale inferiore delle vendite di energia elettrica fino al 2030, il che ha portato ad un aggiornamento del nostro obiettivo di intensità di carbonio netto" ha aggiunto.
Era stato il tribunale dell’Aia, nel 2021 ad imporre alla compagnia petrolifera di ridurre le sue emissioni di CO2 del 45% entro la fine del 2030, raddoppiando la cifra promessa dalla multinazionale per lo stesso periodo. Una decisione storica perché per la prima volta un tribunale ha ordinato a una società di rispettare l’accordo di Parigi sul clima del 2015. La sentenza, ora messa in discussione dal cambio di strategia della compagnia petrolifera, è arrivata dopo una causa intentata da una rete di associazioni ambientaliste.