Economia

LA PARTITA DEL CREDITO. Senza Profumo Unicredit affonda in Borsa: -4%

Giuseppe Matarazzo giovedì 23 settembre 2010
La questione libica? Solo un pretesto. Sembra questa la chiave di lettura che emerge il giorno dopo la resa dei conti in Unicredit. A provocare il terremoto che ha scalzato dalla poltrona di Ad Alessandro Profumo e affondato il titolo in Borsa (-4% a 1,823 euro), sarebbe stato solo apparentemente la presunta «scalata» dei soci libici. L’aumento delle quote degli ultimi mesi della Banca centrale della Libia (4,98%) e del fondo Lia (2,59%) ha rappresentato solo la congiuntura favorevole per voltare pagina. Il vero motivo della «cacciata» di Profumo sarebbe invece il «Bancone», la fusione per incorporazione in Unicredit di tutti gli istituti del gruppo, per rendere la banca più moderna ed efficiente. Una rivoluzione su cui Profumo si è scommesso fino in fondo, minacciando anche le dimissioni mesi fa. Il progetto è passato a fatica e l’Ad ha tenuto. Ma la resa dei conti era evidentemente solo rimandata. «Il bancone – ci rivela un’autorevole fonte – non è stata digerita dalle Fondazioni e da molti azionisti. E il presidente Dieter Rampl avrebbe tessuto la tela». Nelle ultime settimane infatti il banchiere tedesco – che ha ricevuto martedì le deleghe operative dal Cda per assicurare funzionalità all’istituto e individuare quanto prima un successore – avrebbe raccolto gli umori di alcuni soci, da Allianz a Mediobanca, passando ovviamente per le Fondazioni, soprattutto Cariverona e Crt che più di tutte avevano sollevato il caso. Motivazioni generali. Ma anche personali per Rampl, che con Profumo non ha mai avuto un grande feeling, non avendogli forse mai perdonato di aver «conquistato» Hvb. Vecchi rancori e un progetto troppo «moderno» per una banca cresciuta in maniera enorme unendo i territori, senza però riuscire a liberarsi dalle logiche territoriali.La risposta a queste indiscrezioni e retroscena la darà il tempo. Forse basteranno le prossime settimane a schiarire quello che martedì sembrava un incomprensibile giallo: lo «zar» assediato, costretto a lasciare dopo 13 anni. Con un perché «esterno» troppo debole. I libici si sono chiamati subito fuori. L’ambasciatore libico in Italia, Hafed Gaddur, lo ha detto senza peli sulla lingua: «Non siamo stati noi la causa dei conflitti interni ai grandi azionisti. La nostra presenza negli assetti societari della banca è stata solo un pretesto». Un «pretesto», la stessa parola usata dal finanziere tunisino Tarak Ben Ammar. Resta sul campo così il disagio sul «bancone», che dovrebbe scattare operativamente il 1° novembre. Sarà così? Il deputy Ceo più vicino a Profumo, Roberto Nicastro («È stato un maestro per me»), assicura: «Il progetto di banca unica prosegue con la massima velocità e accelerazione perché un progetto altamente strategico». Lo ha confermato anche il presidente Dieter Rampl, ieri sera, in una lettera in inglese inviata ai dipendenti: «La squadra di vertice è unita più che mai e determinata a portare avanti tutte le iniziative in corso, incluse priorità come One4C», ovvero il bancone. E sull’uscita di Profumo: «La decisione di far rassegnare le dimissioni a Profumo non è stata di una persona ma del board. È stata il risultato di differenti vedute riguardo alla governance».A Profumo è andato il grazie del Cda per aver «trasformato da banca puramente domestica in uno dei principale gruppi europei» e una liquidazione di 38 milioni (oltre a due che andranno in beneficenza e a 1,5 per un patto di non concorrenza che lo "blocca" per un anno da altri incarichi). Al banchiere la solidarietà e la stima dei colleghi, ieri tutti a Milano per l’esecutivo dell’Abi.Ma se Profumo esce di scena e si concede una passeggiata per il centro, a Milano, senza rilasciare dichiarazioni, la macchina di Unicredit non può permettersi di fermarsi: continua il confronto sugli esuberi; confermato il comitato strategico, oggi pomeriggio, così come il comitato remunerazioni e quello nomine, in vista del Cda del 30 settembre già in agenda da tempo a Varsavia. Per quella data Rampl è difficile che possa presentarsi con il successore. Il nome non c’è ancora. «Stiamo cercando il candidato giusto in banca e fuori», ha detto Rampl. La spallata a Profumo è arrivata infatti senza una alternativa. Anche questo strano per un colosso come Unicredit. Ma se martedì è stata trovata una «soluzione istituzionale» – come l’ha definita il presidente della Fondazione Banco di Sicilia, Giovanni Puglisi – per il futuro serve una scelta forte che riesca a tenere il confronto con Profumo, l’Arrogance per due volte «banchiere europeo dell’anno». Voltare pagina non sarà facile.