Economia

Riforma Fornero. Scuola, niente «pause» lunghe per i contratti a termine

Daniele Cirioli martedì 9 ottobre 2012
​Le scuole comunali restano fuori dalla stretta della riforma Fornero sulla successione dei contratti a termine. Infatti, il vincolo di attesa di 60/90 giorni, tra un’assunzione a termine e quella successiva (in precedenza era di 10/20 giorni) non si applica alle supplenze del personale docente di servizi educativi e scolastici gestiti dagli enti comunali. Inoltre, il superamento di un nuovo concorso (che è il canale di accesso al lavoro pubblico anche per quello a termine) da parte di un soggetto che abbia già lavorato a termine con l’amministrazione, consente di azzerare la durata del precedente contratto ai fini del computo dei limite massimo di 36 mesi.Le precisazioni, fornite dalla presidenza del Consiglio dei Ministri (nota protocollo n. 37561/2012 del Dipartimento della Funzione Pubblica) sono state sollecitate dall’Anci, a cui si sono rivolti numerosi comuni chiedendo parere su come applicare la normativa del contratto a termine nelle supplenze di docenti di servizi educativi e scolastici gestiti in proprio, dopo la recente riforma del lavoro dell’attuale Governo, in vigore dal 18 luglio. La questione, in particolare, è relativa all’ipotesi di rinnovo dei contratti a termine con uno stesso lavoratore, rinnovo che con l’entrata in vigore della legge n. 92/2012 (appunto la riforma Fornero) è possibile soltanto dopo che sia trascorso il periodo di 60/90 giorni dal primo contratto a termine, rispettivamente se questo primo contratto sia di durata fino a sei mesi (60 giorni) o superiore (90 giorni). Applicato nelle scuole comunali, spiega l’Anci, il vincolo «inciderebbe sulla continuità dei servizi educativi e scolastici».Il rischio è infondato. Infatti, per la Funzione Pubblica i comuni sono fuori dalla stretta della riforma Fornero sulla successione dei contratti a termine, alla stregua delle scuole statali. L’esclusione, in particolare, deriva dall’esonero fissato per le scuole statali dal dl n. 70/2011 che il Dipartimento del Consiglio dei Ministri ritiene vada esteso ai servizi educativi e scolastici gestiti dai comuni. Il citato decreto legge, infatti, prevede che sono esclusi dall’applicazione della disciplina dei contratti a temine (di cui al dlgs n. 368/2001) i contratti a tempo determinato stipulati per il conferimento delle supplenze del personale docente e Ata, considerata la necessità di garantire la costante erogazione del servizio scolastico ed educativo anche in caso di assenza temporanea del personale docente e Ata con rapporto di lavoro a tempo indeterminato e anche determinato. La ratio dell’esonero, spiega la Funzione Pubblica, dev’essere ricercata nella necessità di garantire, mediante la continuità didattica, il diritto costituzionale all’educazione, all’istruzione e allo studio (articoli 33 e 34 della Costituzione), cioè la costante erogazione del servizio scolastico ed educativo indiscriminatamente da parte di tutte le istituzioni pubbliche che sono chiamate a svolgere tali servizi.La Funzione Pubblica ricorda che restano fermi i vincoli a garanzia del corretto utilizzo dei contratti a termine nel rispetto del principio per cui «il contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato costituisce la forma comune di rapporto di lavoro», nonché di quanto stabilito dal Tu sul pubblico impiego (dlgs n. 165/2001), ossia che «per le esigenze connesse a fabbisogno ordinario le pubbliche amministrazioni assumono esclusivamente con contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato seguendo le procedure di reclutamento previste dall’articolo 35». In altre parole, il ricorso a contratti a tempo determinato è consentito solo per esigenze temporanee o eccezionali.Infine, la Funzione Pubblica spiega che resta fermo anche il principio del concorso pubblico per il reclutamento del personale a termine. E che il superamento di un nuovo concorso, da parte di un soggetto che abbia già lavorato a termine con l’amministrazione, consente di azzerare la durata del contratto precedente ai fini del computo del limite massimo di 36 mesi, nonché la non applicabilità degli intervalli temporali in caso successione di contratti.