Economia

Commercio. Sciopero dei porti Usa, a rischio le forniture globali

Paolo M. Alfieri mercoledì 2 ottobre 2024

Lavoratori in sciopero nel porto di Newark, nel New Jersey

A poco più di un mese dalle presidenziali Usa, lo storico sciopero proclamato dai lavoratori portuali della costa orientale statunitense – il primo dal 1977 – rischia di avere forti ripercussioni sia sulla stessa economia americana che oltreoceano. A seconda della durata della mobilitazione, l’impatto sulle catene di fornitura a livello globale potrebbe essere più o meno ampio, con la conseguente carenza di beni di consumo e industriali e un aumento dei prezzi.

Lo sciopero, che riguarda i lavoratori dei porti che si estendono dal Maine fino al Texas, sul Golfo del Messico, è arrivato dopo l'interruzione delle trattative tra il sindacato International Longshoremen's Association (Ila) e la United States Maritime Alliance (Usmx). L'Ila, che rappresenta circa 45mila lavoratori portuali, sostiene che gli aumenti salariali offerti dall'Usmx, che rappresenta 40 terminal oceanici e operatori portuali, sono troppo bassi e di aver violato il contratto precedente introducendo l'automazione in diversi porti statunitensi. Lo stop dei porti è pari alla metà del volume di scambi commerciali americano: gli effetti immediati si faranno sentire sui container e sulla consegna di auto, mentre saranno effettuate eccezioni per lo spostamento di beni militari.

Uno sciopero di una settimana potrebbe avere conseguenze per un mese nello smaltimento delle merci accumulate, quindi uno stop prolungato rischia di avere effetti ancora più pesanti. "Siamo pronti a combattere per il tempo necessario, a scioperare per quanto serve", ha assicurato il leader della Ila, Harold Daggett, che spera di ottenere gli stessi successi incassati di recente dal sindacato dei metalmeccanici United Auto Workers. Poco prima di indire lo sciopero, i portuali hanno respinto un'offerta con un aumento del 50% di stipendio in sei anni, ritenendola inadeguata: il sindacato chiedeva infatti un aumento del 77% solo per sedersi al tavolo delle trattative.

I porti coinvolti includono quelli di New York e del New Jersey, il terzo più grande della nazione per volume di merci movimentate, ma comprende anche altri porti come quello di Wilmington nel Delaware che, per esempio, sono centrali per alcuni prodotti come le banane. Conseguenze anche su altri prodotti come vino e birra, ma anche su altre materie prime utilizzate dai produttori alimentari statunitensi, come il cacao e lo zucchero, così come sul settore dei mobili e degli elettrodomestici. In generale, più di un terzo delle esportazioni e delle importazioni potrebbe essere colpito dallo sciopero, frenando la crescita economica degli Stati Uniti. Si stima che l'impatto potrebbe essere di almeno 5 miliardi di dollari per ogni settimana di mobilitazione.

Il rischio è che lo sciopero aumenti, a catena, le pressioni inflazionistiche complicando il lavoro della Fed. Sulla questione si è mossa ovviamente anche la politica, con i democratici preoccupati che la mobilitazione possa ridurre le chance di vittoria della vicepresidente Kamala Harris, esponendola a nuove ulteriori critiche da parte di Donald Trump. "Lo sciopero è colpa dell'inflazione creata da Harris-Biden", ha tuonato non a caso il candidato repubblicano. La Casa Bianca chiede ai negoziatori di lavorare in modo "equo e rapido" affinché un accordo venga raggiunto al più presto, senza danneggiare troppo la ripresa economica e soprattutto senza ritardare gli aiuti alle comunità colpite dell'uragano Helene. Ai portuali va presentata un'offerta "giusta" che rifletta il "loro contributo", ha detto il presidente Joe Biden. Pur esortando le parti a negoziare, il presidente non intende intervenire direttamente nella trattativa, ma segue attentamente consapevole delle implicazioni che lo stop potrebbe avere sulla campagna elettorale che vede i due candidati già testa a testa.

Le catene di approvvigionamento globali sono state già fortemente colpite quest'anno dalla situazione in Medio Oriente e dagli attacchi dei miliziani Houthi nel Mar Rosso, dalla siccità che ha colpito il Canale di Panama e dal crollo del Ponte al porto di Baltimora. Lo sciopero Usa aggiunge un ulteriore tassello di incertezza e di potenziali conseguenze economiche.