Rovigo. Porto Tolle, Scaroni condannato a 3 anni
Iln’altra conferma - l’ennesima - di quanto sia problematico coniugare sviluppo e ambiente. Arriva dalla centrale termoelettrica Enel di Porto Tolle nel delta del Po, che attende di essere convertita a carbone. Il tribunale di Rovigo ha condannato, in primo grado di giudizio, gli ex amministratori delegati di Enel Franco Tatò e Paolo Scaroni, oggi ad di Eni. Una condanna pesante, a tre anni, con l’interdizione dai pubblici uffici per cinque. E ancora, il pagamento di provvisionali alle parti civili per circa 430 mila euro. Assolto, invece l’attuale ad di Enel, Fulvio Conti, «per mancanza di elemento soggettivo». E insieme a lui l’assoluzione riguarda altri sei imputati. Il pm Manuela Fasolato aveva chiesto la condanna per tutti gli ex vertici e l’attuale ad di Enel. L’accusa? Reato ambientale per l’omessa installazione di apparecchi al fine di prevenire il deterioramento dell’ambiente circostante la centrale e l’aumento delle malattie respiratorie nei bambini, evidenziato anche dall’Istituto tumori Veneto. Amaro stupore da parte di Scaroni. «Sono completamente estraneo alla vicenda e farò immediatamente ricorso. La centrale Enel di Porto Tolle ha sempre rispettato gli standard in vigore anche all’epoca dei fatti». E il suo avvocato Alberto Moro Visconti, ha precisato: «I reati contestati non sussistono: peraltro sono così risalenti nel tempo che, se ci fossero stati, già oggi avrebbero dovuto essere dichiarati prescritti». Di tutt’altro umore l’ad Conti. «Sono soddisfatto per la sentenza di assoluzione, che dimostra la mia totale estraneità rispetto alle accuse sollevate in questi mesi di dibattimento». «Nutro il pieno riguardo per il lavoro della magistratura - aggiunge l’ad di Enel –, ribadisco comunque che la centrale di Porto Tolle ha sempre operato nel rispetto delle leggi». Le conseguenze sono inevitabili non solo per la centrale di Porto Tolle ma anche per il destino manageriale di Scaroni. Lo ha fatto intendere lo stesso premier, Matteo Renzi. «Naturalmente – ha detto – noi non possiamo che limitarci a dire che rispettiamo tutte le sentenze della Magistratura». Però, visto che in ballo non c’e’ solo il "Cane a sei zampe" ma anche altre partecipate quotate, per le nomine aspettiamo «di conoscere e far conoscere agli italiani l’orizzonte e i piani di sviluppo di queste aziende per decidere» i nomi. La sentenza di Porto Tolle riguarda comunque un reato che non rientra in quelli che sono i criteri di ineleggibilità o decadenza dei manager in carica.