SANITA'. San Raffaele, via al salvataggio 250 milioni e una nuova fondazione
La costituzione di una nuova azienda (newco) partecipata al 50% dallo Ior (Istituto per le opere di religione) e per il restante 50% dalla famiglia dell’imprenditore genovese Vittorio Malacalza, apre la strada al salvataggio dell’Istituto scientifico San Raffaele. «L’offerta è vincolante – recita una nota dell’ente – e prevede un’iniezione di capitale complessivo di 250 milioni, oltre all’accollo di tutte le passività delle società inserite nella proposta di acquisizione a oggi stimabili in circa 750 milioni di euro».La decisione è stata formalizzata nel corso del consiglio di amministrazione della Fondazione San Raffaele del Monte Tabor, riunitosi ieri. A 24 ore, cioè, dalla scadenza fissata dall’autorità giudiziaria di Milano per la consegna di un progetto di risanamento della Fondazione, gravata da circa 1 miliardo di indebitamento effettivo, che dovrebbe arrivare a 1,5 miliardi se si sommano gli impegni di firma. In assenza di un piano di risanamento, i pm Luigi Orsi e Laura Pedio, titolari dell’indagine sull’ente, avrebbero proceduto con la richiesta di fallimento.
Ma le novità per il polo ospedaliero milanese non finiscono qui. Il vicepresidente della Fondazione, Giuseppe Profiti, ha fatto sapere che al fianco della newco sorgerà una nuova fondazione. Lo stesso Profiti non si è sbilanciato sul futuro della Fondazione attuale proprietaria del gruppo fondato, oltre 30 anni fa, da don Luigi Verzè. Altra novità all’orizzonte è l’ingresso di una charity internazionale che potrebbe rilevare una quota del 20% della newco. Nulla di ufficiale, al momento, ma subito dopo il cda di ieri, il consigliere Maurizio Maria Pini, docente di accounting all’Università Bocconi di Milano, ha confermato l’esistenza dell’organismo internazionale disposto a finanziare l’Università del Gruppo, "Vita-Salute". Sul punto, Profiti, ha affermato che «al momento l’offerta, formale, concreta e irrevocabile, è questa. Da qui parte un percorso che, nel momento in cui il progetto troverà tutte le autorizzazioni, e il concordato sarà approvato e omologato, porterà alla costituzione della newco. Quindi c’è tempo per definire l’ingresso della charity».
Secondo i nuovi programmi, evidenzia la nota diffusa ieri dalla Fondazione, oggetto dell’offerta della newco sono «le attività ospedaliere e sanitarie (compreso Laboraf, Resnati e Science Park) escluso Brasile e il 50% di Blu Energy; tutto il personale; accollo dei finanziamenti Bei (Banca europea degli investimenti, ndr); altre ulteriori passività». Profiti ha infatti riferito che bisognerà «costituire una nuova società dove collocare tutte le attività "core" dell’ospedale e farle acquistare dalla newco, compresa anche Blu Energy», la società voluta don Verzè per rifornire di energia il colosso sanitario e divisa (50% e 50%) tra Fondazione Monte Tabor e l’imprenditore Giuseppe Grossi. Un asset, quest’ultimo, «da valutare con particolare attenzione», ha sottolineato Profiti. In merito, poi, al destino dell’ospedale di Olbia, «ritenuto uno dei progetti strategici per il futuro del San Raffaele, gli offerenti hanno allo studio alcune soluzioni per ricollocarlo all’interno del progetto».
Sul lavoro sviluppato sin qui, Profiti ha espresso soddisfazione: «Il risultato di oggi è l’avvio di una soluzione finalizzata alla salvaguardia in primo luogo dei 5000 posti di lavoro che confermo essere patrimonio unico ed esclusivo del San Raffaele. Il consiglio confida che l’Istituto possa continuare a percorrere quel sentiero di assistenza ospedaliera, di ricerca scientifica e didattica che lo hanno sempre contraddistinto come sede dell’eccellenza». Vittorio Malacalza, entrato nel cda del San Raffaele il 7 luglio scorso, ha aggiunto che «la perdita o la dispersione di un tale patrimonio rappresenterebbe un sicuro danno per l’intero Paese», ed ha auspicato che la struttura «riprenda slancio e continui la sua tradizione di eccellenza».
Questa mattina la proposta sarà sottoposta dai legali della Fondazione alla valutazione del Tribunale di Milano. L’incontro dovrebbe aprire la strada del concordato preventivo. Se tutto dovesse filare liscio, tra attestazione (affidata a Mario Cattaneo, professore emerito di Finanza aziendale dell’Università Cattolica e ad Angelo Provasoli, ex rettore della Bocconi), deposito, ammissione e tempo a disposizione dei creditori per le opposizioni, l’omologa potrebbe arrivare al massimo entro marzo.