Strasburgo. Salario minimo, raggiunto accordo su direttiva Ue
Parlamento europeo in seduta plenaria per il salario minimo
Raggiunto l'accordo sul salario minimo nell'Ue. Il Consiglio europeo ha reso noto che nella notte i negoziatori del Consiglio e quelli del Parlamento europeo hanno raggiunto un'intesa politica preliminare sulla bozza di direttiva su salari minimi adeguati nei 27.
L'accordo sulla direttiva Ue per il salario minimo. Lo ha annunciato la Commissione per l'occupazione e gli affari sociali del Parlamento europeo (Empl) sul suo account Twitter. I dettagli verranno illustrati in una conferenza stampa in programma stamani alle 9:30 a Strasburgo, aggiunge l'Empl. "La presidenza del Consiglio e i negoziatori del Parlamento europeo hanno raggiunto un accordo politico provvisorio sul progetto di direttiva sui salari minimi adeguati nell'Ue", si legge in una nota che il Consiglio Europeo ha emesso all'alba. "La nuova legge, una volta adottata definitivamente, promuoverà l'adeguatezza dei salari minimi legali e contribuirà così a raggiungere condizioni di lavoro e di vita dignitose per i dipendenti europei", precisa la nota.
Cosa prevede la normativa. Non è previsto nessun obbligo né un salario minimo comune per tutti i Paesi membri chiamati invece ad «introdurre un quadro procedurale per fissare i salari minimi e aggiornarli secondo una serie di criteri chiari e stabili». Previste misure per migliorare l’accesso alla tutela salariale: controlli e ispezioni adeguati, informazioni facilmente accessibili, un richiamo alle norme vigenti in materia di appalti pubblici, il diritto di ricorso e sanzioni per i datori di lavoro inadempienti. La direttiva prevede due strade: l’introduzione di un tetto, con un vero e proprio salario minimo legale (il livello salariale più basso consentito dalla legge che sarà diverso in ogni Paese) o il ricorso alla contrattazione collettiva fra i lavoratori e i loro datori di lavoro.
Contrattazione collettiva da rafforzare. Un obiettivo collaterale della direttiva è l’estensione della copertura della contrattazione collettiva, considerata una buona base di partenza per evitare squilibri salariali. I Paesi con meno dell’80% dei lavoratori coperti da questi accordi saranno invitati a prendere misure efficaci per estenderli ad altri lavoratori. Nei Paesi caratterizzati da un’elevata copertura della contrattazione collettiva la percentuale di lavoratori a basso salario è minore e le retribuzioni minime sono più elevate.
Cos’è il salario minimo. Il salario minimo è una soglia fissata da ciascuno Stato (non ci sarà quindi una salario europeo valido per tutti i 27 Paesi ma sarà commisurato al costo della vita) sotto lo quale nessun datore di lavoro può scendere nel pagamento delle prestazioni lavorative. Di norma i contratti collettivi fissano queste soglie per ciascuna categoria di lavoratori, lasciando però una fetta di lavoratori sprovvisti delle tutele ed esposti al rischio di essere pagati troppo poco
Salario minimo in Europa. Nei 27 Paesi dell’Unione, 21 prevedono un salario minimo. L’Italia, insieme a Danimarca, Cipro, Austria, Finlandia e Svezia è invece tra i Paesi in cui non è al momento previsto. In alcuni stati la soglia è prevista a livello orario. In Germania la scorsa settimana la paga oraria è stata fissata a 12 euro a partire da ottobre. In altri Stati è prevista invece una soglia mensile minima. Prendendo come riferimento una settimana lavorativa di 39 ore Eurostat ha messo a confronto i salari mimimi dei diversi Paesi. Ad avere buste paga minime più generose sono Francia (1.603 euro), Germania (1.621 euro), Belgio (1.658 euro), Paesi Bassi (1.725 euro), Irlanda (1.775 euro) e Lussemburgo (2.257 euro).
Il dibattito in Italia. Il dibattito sul salario minimo è particolarmente acceso e si lega al taglio del cuneo fiscale (il costo del lavoro) e al reddito di cittadinanza, misura che in molti vorrebbero abolire ma che resta la misura di bandiera del Movimento Cinquestelle. Il premier Mario Draghi si è espresso in maniera positiva, sposando la linea del ministro del lavoro Andrea Orlando. Favorevole in linea di principio anche il governatore di Bankitalia Ignazio Visco mentre il presidente di Confindustria Carlo Bonomi non ha mai nascosto la sua contrarietà. Lega e Fi sono invece sulle barricate e spingono per puntare sulla contrattazione e rivedere il reddito di cittadinanza. Divisi anche i sindacati con la Cisl contraria e la Cgil più disponibile.