Il ministro del Lavoro,
Maurizio Sacconi, parla di licenziamenti e paventa il rischio di tornare agli anni "bui" del terrorismo. Nel dibattito sui licenziamenti, dopo la lettera del governo all'Ue, si insinua così il "fantasma" degli anni di piombo e la memoria torna agli omicidi di Marco Biagi e Massimo D'Antona, i due giuslavoristi uccisi proprio per il loro impegno nel campo delle riforme del lavoro. «Quello che è successo a Roma è sì sintomo di insofferenza giovanile, ma indica anche che sono al lavoro nuclei organizzati che operano clandestinamente per trasformare il disagio in rivolta», afferma il ministro del Lavoro in una nota. «Non è necessario temere un ritorno all'eversione di massa degli anni Settanta, per paventare che un dibattito politico manicheo ed esasperato come quello dei giorni nostri possa produrre un"contesto" nel quale un gruppetto sparuto di esagitati possa tentare di eliminare il "nemico dei lavoratori" di turno», continua Sacconi. Oggi «in Italia non esiste (ancora...) un movimento eversivo» con «energie terroristiche» come allora. Ma «Biagi non è stato ucciso da una possente organizzazione terroristica. È stato assassinato da un gruppetto di una decina di persone». Ma il segretario del Pd,
Pierluigi Bersani, non ci sta e rinvia al governo «lo invito a spegnere la miccia che ha acceso e mettersi a ragionare seriamente». No a «diversivi e alzate di ingegno che aggravano la situazione invece di risolverla». Intervengono anche i sindacati.
Susanna Camusso, numero uno della Cgil, ribadisce l'ìintenzione di andare allo sciopero generale e dice no alle «invocazioni, spero - aggiunge - che Sacconi parli perché ha elementi per farlo e non per inquinare un clima già difficile». In ogni caso - rassicura Camusso - «la temperatura nelle fabbriche non sta salendo». Quindi al momento non ci sono rischi anche se occorre tenere gli occhi aperti perché ci sono i ''reclutatori''. Sacconi oggi spiega: «Ho paura ma non per me perché sono protetto. Ho paura per le persone che potrebbero non essere protette e proprio per questo diventare bersaglio della violenza politica che, nel nostro Paese non si è del tutto estinta». Insomma «vedo una sequenza dalla violenza verbale, alla violenza spontanea, alla violenza organizzata che mi auguro non arrivi ancora una volta anche all'omicidio come è accaduto, l'ultima volta dieci anni fa proprio con il povero Marco Biagi nel contesto di una discussione per molti aspetti simile a quella di oggi». Oltre a Camusso arriva anche la risposta di
Olga D'Antona: «Purtroppo il rischio c'è, ma Sacconi farebbe bene a non evocare il terrorismo e a non creare spaccature che ha già creato nel mondo del lavoro con questa sua fissazione sui licenziamenti». Infine interviene
Pietro Ichino, più volte chiamato in ballo per la sua proposta sulla flessibilità in uscita. Ichino attacca sul fatto che il governo non abbia ben gestito (in modo «improvvisato e impreciso») la «comunicazione» facendo arroccare i sindacati su un secco «no». E un altro problema sono gli «equivoci» (ad esempio la posizione espressa dalla Cgia: si rischia una disoccupazione all'11%) che stanno inquinando il dibattito. Ma secondo Ichino un intervento serve. «Probabilmente - spiega - l'atteggiamento dei sindacati cambierebbe se il governo chiarisse in modo univoco che non intende modificare la disciplina dei licenziamenti applicabile ai rapporti stabili già esistenti, ma soltanto ridisegnare un diritto del lavoro applicabile a tutti i rapporti che si costituiranno da qui in avanti». Un modo che oltretutto favorirebbe, secondo Ichino, nuova occupazione e a tempo indeterminato. Dal Pdl una mano a Ichino la tende
Maurizio Gasparri: «Abbiamo posizioni analoghe. Apriamo un confronto».
MANTOVANO: NO RITORNO BR, MA CLIMA PREOCCUPANTE«Non c'è un allarme specifico sulla riorganizzazione del terrorismo, ma le parole di Sacconi sono fondate. Il clima è preoccupante e fa da condizionamento negativo allo scatenarsi di atti di violenza anche gravi». Lo ha detto a Sky Tg24 il sottosegretario all'Interno Alfredo Mantovano commentando l'allarme del ministro del Lavoro. «Non esistono - ha spiegato Mantovano - le Br come esistevano 30 o 10 anni fa, ma questo non fa essere tranquilli: si raccomanda cautela e senso di responsabilità nello stigmatizzare delle parole che sono di fondata preoccupazione. Quando si utilizzano termini come macelleria sociale per commentare le proposte che vengono dall'Europa, dal governo, dalla maggioranza, che possono essere discutibili o meno, quando si utilizzano termini così dirompenti, non ci si rende direttamente responsabili di atti di violenza, ma si crea un condizionamento negativo». «Non si può parlare di nuovo terrorismo nei termini in cui si poteva parlare 30 anni fa a proposito delle Brigate rosse - ha precisato il sottosegretario - ma si può parlare di un clima di violenza nel quale possono inserirsi gesti violenti come quelli che potevano provocare la morte di carabinieri, di appartenenti alle forze di polizia non più tardi di 15 giorni fa».«IL FUTURISTA»: È MAURIZIO SACCONI IL PRIMO TERRORISTA «Così il ministro Sacconi diventa il primo terrorista nella sua paventata stagione delle ombre». Così il Futurista, web magazine e settimanale di area finiana, critica le recenti dichiarazioni del titolare del Welfare secondo cui le tensioni sulle riforme nel mondo del lavoro potrebbero portare di nuovo a una fase politica che potrebbe veder tornar protagonista il terrorismo. «Quando il titolare del welfare - spiega il Futurista - richiama il rischio che le tensioni possano portare a una nuova stagione di terrorismo, non fa altro che avvalorare la tesi di un'azione politica governata dalla paura, anziché dalla responsabilità e dalla ragionevolezza». Se anche, aggiunge il giornale, «poi fosse vero, se anche ci fossero gli elementi, un uomo di Stato non dovrebbe parlarne così in televisione». Ma, ragiona ancora il Futurista, «evidentemente lo scopo del "responsabile" Sacconi è creare tensione e paura, con evidenti finalità politiche, benefiche - nella sua visione - per le sorti di un governo ormai in via di dissoluzione». Il commento aggiunge che così facendo Sacconi indossa così i panni del «ministro della paura», che «in un momento di tensione come questo alza il tiro e, anziché ragionare nel merito delle proposte sul lavoro, come quella avanzata dal senatore Ichino, non trova di meglio da fare che inquinare le acque, agitare vecchi fantasmi, giocare la carta del "terrore"». Insomma, «di un'altra dose di paura e di ministri che si esercitano nel terrorismo verbale, il Paese proprio non aveva bisogno», conclude il magazine.