Ricerca. Robot e intelligenza artificiale, convivenza possibile
Ma chi l'ha detto che i robot sostituiranno completamente il lavoro manuale. Soprattutto in un Paese come l'Italia che è conosciuto per le sue piccole imprese artigianali che esportano bellezza e qualità in tutto il mondo. Questo non significa bloccare l'innovazione. Ma nemmeno tagliare l'occupazione. Il 61% delle nostre aziende, infatti, è pronto a introdurre sistemi di intelligenza artificiale e robot nelle proprie organizzazioni. Solo l’11% si dichiara totalmente contrario. Tra le ragioni principali che spingono le aziende favorevoli a introdurre tali sistemi la convinzione che il loro utilizzo rende il lavoro delle persone meno faticoso e più sicuro (93%), fa aumentare l’efficienza e la produttività (90%) e ha portato a scoperte e risultati un tempo impensabili (85%). Questi alcuni dei dati di fondo emersi dal primo rapporto Aidp-Lablaw 2018 a cura di Doxa su Robot, Intelligenza artificiale e lavoro in Italia, presentato stamane a Roma presso il Cnel.
Le aziende e i manager sono convinti a stragrande maggioranza (89%) che i robot e l’Ia (Intelligenza artificiale) non potranno mai sostituire del tutto il lavoro delle persone e che avranno un impatto positivo sul mondo del lavoro e delle aziende: permetterà, infatti, di creare ruoli, funzioni, e posizioni lavorative che prima non c’erano (77%); stimolerà lo sviluppo di nuove competenze e professionalità (77%); consentirà alle persone di lavorare meno e meglio (76%). Avrà un impatto molto forte nei lavori a più basso contenuto professionale: favorirà, infatti, la sostituzione dei lavori manuali con attività di concetto (per l’81% del campione). I manager e gli imprenditori ritengono, infatti, che al di là dei benefici in termini organizzativi, l’introduzione di queste tecnologie, potrà avere effetti negativi sull’occupazione e l’esclusione dal mercato del lavoro di chi è meno scolarizzato e qualificato. In quest’ottica va letto il dato negativo sulle conseguenze in termini di perdita di posti di lavoro indicata dal 75% dei rispondenti.
Un dato di grande interesse riguarda le modalità con cui i sistemi di intelligenza artificiale e robot si sono “integrati” in azienda. Per il 56% delle aziende l’impiego di queste tecnologie è stato a supporto delle persone, a riprova che queste sono da considerarsi principalmente un’estensione delle attività umane e non una loro sostituzione. Per il 33%, inoltre, tali sistemi sono stati impiegati per svolgere attività nuove mai realizzate in precedenza. Per il 42% delle aziende, invece, l’Ia e i robot hanno sostituito mansioni prima svolte da dipendenti. Questi dati confermano la rivoluzione in atto nelle organizzazioni del lavoro e nelle attività di guida di tali processi che i direttori del personale saranno chiamati a svolgere ed è questa una delle ragioni principali che ha spinto l’Aidp a investire nella realizzazione annuale di un rapporto che fornisca dati e informazione utili a capire meglio il futuro del lavoro nell’era dei robot e dell’intelligenza artificiale. In generale l’intelligenza artificiale e i robot migliorano molti aspetti intrinseci del lavoro dipendente perché hanno favorito una maggiore flessibilità dell’orario di lavoro in entrata e in uscita (38%); la riorganizzazione degli spazi di lavoro/uffici (35%); la promozione di servizi di benessere e welfare per i lavoratori (31%); il lavoro a distanza e smart working (26%); la riduzione dell’orario di lavoro (22%).
Il rapporto, inoltre, ha messo a confronto l’opinione delle aziende che hanno già introdotto sistemi di Robot e intelligenza artificiale con quelle che non lo hanno ancora fatto. Le differenza principali che emergono riguarda l’atteggiamento verso queste tecnologie: molto positivo (75%) da parte delle aziende robotizzate, meno positivo (47%) per le aziende non robotizzate. In generale le aziende che non hanno introdotto sistemi di Robot e Ia tendono a “sovrastimare” una serie di conseguenze negative che la pratica delle aziende robotizzate, invece, smentisce nei fatti. C’è quindi un tema di percezione delle criticità legate all’introduzione di queste tecnologie eccessivamente elevata rispetto alla condizione reale delle aziende chi le utilizza che al contrario, evidenzia soprattutto gli aspetti positivi.
«I risultati della ricerca, fanno capire che la digitalizzazione non è mai solo una questione tecnologica ma strategica - spiega Isabella Covili Faggioli, presidente di Aidp -. C’è sempre più la consapevolezza che a nulla serviranno le tecnologie se non ci riappropriamo del pensiero che nulla succede se le persone no lo fanno accadere e che sono le persone che fanno la differenza, sempre e comunque, ottimizzando le innovazioni e dando loro il ruolo che hanno, un ruolo di supporto e di miglioramento della qualità della vita. Sono tre secoli che il rapporto uomo macchina è complicato perché basato sulla paura. Paura che le macchine, in questo caso i robot, sostituiranno le persone mentre si è poi sempre verificato che è solo migliorata la qualità della vita e che si sono venute a creare nuove professionalità».
«A fronte dei risultati della ricerca Aidp-Lablaw emerge chiaramente un tema di nuove relazioni industriali, di nuovi rapporti tra imprese e lavoratori - sottolinea Francesco Rotondi, giuslavorista e co-founder di LabLaw –. Ci troviamo di fronte la possibilità di un’integrazione tra processi fisici e tecnologia digitale mai vista in precedenza. Il processo in atto lascia presagire la nascita di un modello nel quale l’impresa tenderà a perdere la propria connotazione spazio-temporale, in favore di un sistema di relazioni fatto di continue interconnessioni tra soggetti (fornitori, dipendenti, clienti, chiamati ad agire in un ambito territoriale che superi la dimensione aziendale e prescinda dal rispetto di un precostituito orario di lavoro».