Economia

Rinnovabili. Nel 2023 meno dipendenza dall'estero, ma servono più investimenti

Maurizio Carucci mercoledì 16 ottobre 2024

Un parco eolico

In Italia cresce la spinta verso le fonti rinnovabili e la transizione "verde", eppure le pmi impegnate a ridurre l'impatto delle proprie attività fanno fatica a trovare personale qualificato: mancano infatti oltre 828.300 lavoratori, il 51,9% del totale della manodopera richiesta con caratteristiche green. Sono i numeri diffusi da Confartigianato Imprese. Stando alla rilevazione, il fabbisogno di personale con competenze "verdi" è più alto proprio tra le piccole imprese: riguarda il 45,8% dei lavoratori richiesti, oltre dieci punti in più rispetto al 35% delle imprese medio-grandi. Nel 2023, nello specifico, i piccoli imprenditori non sono riusciti a trovare quasi la metà degli 1,6 milioni di lavoratori esperti di risparmio energetico e di riduzione dell'impatto ambientale di cui prevedevano l'assunzione. A livello regionale la carenza di lavoratori è più alta al Nord: al primo posto c'è il Trentino-Alto Adige (64,6% di personale introvabile sul totale richiesto dalle Pmi), seguito da Friuli-Venezia Giulia (59,3%), Umbria (57,7%), Veneto (56,9%), Liguria (56,2%), Emilia-Romagna (55,5%), Piemonte e Valle d'Aosta (55%).

La transizione "verde" è comunque destinata ad accelerare e a innescare forti cambiamenti strutturali nel mercato del lavoro e ci sono segnali che sta già aiutando la domanda e nuove figure professionali. «In particolare, i dati ci dicono che l'adozione di tecnologie "verdi" nel periodo 2019-2021 si è accompagnata a un incremento della domanda di lavoro, misurata dal rapporto tra il numero di nuove figure professionali che le imprese stavano cercando nel 2022 e il totale dei loro occupati (+1,3%)». Lo dice Andrea Ricci, dirigente di ricerca dell'Inapp-Istituto nazionale per l'analisi delle politiche pubbliche. L'analisi condotta dall'Inapp su un campione rappresentativo di 30mila società di persone e di capitali mostra che "solo" il 15% delle imprese con almeno un dipendente nel periodo 2019-2021 ha adottato tecnologie per la transizione "verde" dei processi produttivi, una percentuale che corrisponde a circa l'1,7% delle spese totali per investimenti per un ammontare di circa 174 euro per dipendente.

Tuttavia nel 2023 in Italia sono calate le importazioni di energia e si è ridotta la dipendenza del Paese dall'estero. Ma non è del tutto una buona notizia. Le importazioni sono scese perché è aumentata la produzione delle rinnovabili, ma anche perché i consumi energetici sono calati, a causa del rallentamento dell'economia. Per fortuna, l'anno scorso sono calati anche i prezzi di corrente e gas. Sono questi i dati salienti del rapporto annuale del ministero dell'Ambiente e della sicurezza energetica. Le importazioni nette di energia in Italia sono diminuite del 9,9% nel 2023 rispetto al 2022 e la produzione delle fonti energetiche nazionali è aumentata complessivamente del 4,2%. L'aumento della produzione italiana è merito soprattutto delle rinnovabili. L'idroelettrico ha visto un balzo della produzione del 38,7%, l'eolico e il fotovoltaico insieme dell'11%. Questa crescita ha permesso di ridurre le importazioni di fonti fossili, soprattutto del gas. La domanda di metano (quasi tutto importato) è scesa del 10,3%, la produzione di corrente dal gas è andata giù del 19,3% (anche se contiuna a coprire il 55% della domanda). Rispetto agli altri Paesi europei, il costo dell'elettricità in Italia l'anno scorso è sceso, ma è rimasto comunque più alto della media. Per le imprese, è passato da 145,8 punti rispetto al prezzo medio europeo (fissato a 100) a 109,3 punti. Sempre per le imprese, il gas naturale è diventato più conveniente da noi che in Europa: da 115,4 punti rispetto alla media a 93,4.

Questa trasformazione trova conferma anche nell'opinione pubblica, come dimostra un sondaggio Ipsos, secondo cui il 79% degli italiani considera l'energia rinnovabile un elemento essenziale per il nostro domani e per la tutela dell'ambiente. Anche l'analisi di Legambiente rafforza questa tendenza, rivelando che il 61% degli intervistati ritiene urgente accelerare la transizione energetica per contrastare l'aumento dei costi dell'energia e proteggere l'ambiente.

Crescono gli investimenti

Negli ultimi cinque anni il mercato italiano delle energie rinnovabili è cresciuto in modo significativo, anche grazie ai numerosi progetti finanziati da investitori internazionali. L’Italia ha fissato un obiettivo ambizioso nel Pniec-Piano nazionale integrato per l’energia e il clima: coprire il 65% del fabbisogno elettrico con energia rinnovabile entro il 2030. Un obiettivo sfidante se si considera che attualmente, la quota in Italia è pari al 36,8%, ancora lontana da quella di altri Paesi europei come la Spagna (52%), la Germania (50%) e la Francia (27%), che però conta sul nucleare. L’Italia avrebbe tutte le potenzialità per raggiungere questo obiettivo, alla luce delle tendenze di crescita della potenza rinnovabile installata, ma è destinata a scontrarsi con l’attuale quadro regolatorio. Dall'inizio dell'anno, sono stati installati in Italia quasi 5 GW, un risultato incoraggiante, anche se siamo ancora lontani dagli 8 GW annuali necessari per raggiungere gli obiettivi fissati per il 2030. Questo traguardo è frutto degli investimenti compiuti negli ultimi anni, in gran parte attribuibili agli investitori internazionali. L’attuale quadro normativo rischia di rendere gli iter autorizzativi ancora più lunghi e complessi con un conseguente rallentamento degli investimenti e ripercussioni sulla capacità installata che diventeranno evidenti a partire dal 2026.

Nel 2023 sono stati registrati 80,1 miliardi di euro di investimenti per 1.180 operazioni (+23% rispetto all’anno precedente), per una potenza di 50,9 GW (+31%) – fonte Irex - che testimoniano il forte interesse degli investitori per il mercato italiano delle rinnovabili. Tra le numerose tendenze emerse si scorgono segnali positivi per fotovoltaico e agrivoltaico, che da soli costituiscono oltre la metà
della potenza (56%), un boom delle iniziative che riguardano i sistemi di storage in modalità sia stand alone sia abbinati, ma anche una forte crescita dei progetti di eolico offshore. Sul fronte autorizzativo, il settore si trova in una situazione di “attesa” sia per capire come si muoveranno le Regioni nell’attuazione del dm Aree Idonee, sia per valutare quale sarà il destino del solare a seguito dei divieti introdotti dal dl Agricoltura. Gli investitori internazionali stanno guardando all’Italia con grande attenzione e si aspettano segnali positivi dal governo il prima possibile. È urgente anche l’attenzione verso i prezzi: l’Italia è il Paese dove l’energia costa di più in Europa, conseguenza dell’elevata dipendenza dal gas. Da più parti è stato evidenziato come un deciso aumento delle rinnovabili nel mix energetico italiano sia la risposta più adeguata perché questo primato negativo si riduca, a beneficio del sistema industriale e dei privati cittadini.

Anche se le rinnovabili crescono, per raggiungere la neutralità carbonica è richiesto un profondo cambio di paradigma. È necessaria un’accelerazione decisa degli investimenti che, al fine di centrare gli obiettivi di Net Zero, dovranno raggiungere la cifra di 1.010 miliardi di euro entro il 2050 - fonte Agici - ma non solo: si tratta di adottare nuove politiche pubbliche che alleggeriscano il peso burocratico dei processi autorizzativi, rimuovendo gli attuali ostacoli normativi e dando così lo slancio decisivo alla transizione energetica del Paese. Emerge inoltre il problema dell'obsolescenza: il 70% degli impianti idroelettrici e geotermoelettrici è infatti antecedente al 1980, mentre due terzi degli impianti eolici e fotovoltaici risalgono al periodo 2007-2014. Partendo da una capacità stimata di 83 GW al 2025, al 2050 dovranno essere rinnovati in Italia 73,8 GW con un costo stimato di 48,3 miliardi di euro, destinati prevalentemente ai settori fotovoltaico e idroelettrico.

Il rapporto sull'eolico

I dati di previsione e di consuntivo sull'eolico, per l’Italia forniti dall’Anev-Associazione nazionale energia del vento, indicano per questi mesi del 2024 un rallentamento per l’Europa con il nostro Paese in leggera controtendenza. Infatti se nell’Unione Europea sono stati installati 5.661 MW (di cui 1.019 MW off-shore) difficilmente si raggiungeranno i 16 GW previsti, invece lato Italia i 400 MW previsti come nuove installazioni nel 2024 verranno superati grazie ai 302 MW già installati e ai nuovi progetti in costruzione. L’eolico off-shore, fisso o galleggiante, è una delle tecnologie indispensabili per raggiungere gli obiettivi di decarbonizzazione della generazione elettrica al 2030, 2040 e 2050. L’Italia secondo gli studi dell’Anev, confermati dal Global Wind Energy Council, è il terzo mercato a livello mondiale per potenziale di sviluppo dell’eolico offshore galleggiante. Infatti, secondo gli studi dell’Anev, al 2040 il potenziale dell’eolico offshore nel nostro Paese è di 11 GW di potenza installata (10 GW è quello stimato da Terna) e in tal senso è significativo che risultano presentate domande di allaccio alla rete nel nostro Paese per oltre 100 GW.

Ultimi posti per il corso di formazione Wind Offshore organizzato dall’Anev. L'eolico offshore, sia fisso che galleggiante, è una delle tecnologie indispensabili per raggiungere gli obiettivi di decarbonizzazione al 2030, 2040 e 2050. Con questo corso di formazione l’Anev vuole porre i seguenti obiettivi:

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Wind Europe analizzando il settore evidenzia come gli ordini di nuove turbine sia in crescita, così come il numero di autorizzazioni per i nuovi impianti, il problema su cui concentrarsi oggi sono i colli di bottiglia dovuti alle reti e alle procedure di asta per l’assegnazione dei meccanismi di sostegno. Sulle reti Wind Europe indica nel documento come criticità il fatto che non vengano autorizzate e realizzate in maniera sufficientemente veloce, mentre per le procedure di asta indispensabile definire meccanismo adeguati a sostenere gli investimenti. Ultimo tema quello dell’industria e della logistica sulla quale è necessario sostenere la catena delle forniture, rafforzare l’industria e favorire per l’eolico off-shore anche i porti affinché si strutturino in modo adeguato a supportare il piano di sviluppo del comparto. Per quanto riguarda il futuro, nell’analisi di Wind Europe si legge un cauto ottimismo per il 2025 e per il 2026 che potrebbe vedere numeri molto importanti di nuove installazioni, sempre che il sistema segua la crescita delle iniziative con le semplificazioni suggerite.

Intanto la Bei-Banca europea per gli investimenti e Intesa Sanpaolo hanno annunciato una nuova iniziativa che contribuirà ad attivare investimenti fino a otto miliardi di euro a favore dell'industria eolica europea. L'accordo rappresenta la prima operazione sostenuta da InvestEU e la seconda in generale nell'ambito del Wind Package da 5 miliardi di euro della Bei, il piano di investimenti annunciato alla Cop 28 di Dubai. Questo programma mira a sostenere la produzione di 32 dei 117 gigawatt di capacità eolica necessari per permettere all'Unione europea di raggiungere l'obiettivo di produrre almeno il 45% di energia da fonti rinnovabili entro il 2030. Nel dettaglio, la Bei fornirà una controgaranzia da 500 milioni di euro a Intesa Sanpaolo per creare un portafoglio di garanzie bancarie fino a un miliardo di euro a supporto della supply chain e della interconnessione alle reti elettriche di nuovi investimenti in parchi eolici all’interno dell'Ue. Grazie all’elevato effetto leva della controgaranzia Bei, che contribuisce a liberare risorse finanziarie aggiuntive da impiegare per sostenere l’aumento della produzione e accelerare lo sviluppo dell’energia eolica, si stima che l’operazione contribuirà a stimolare investimenti complessivi nell’economia reale per otto miliardi di euro. La Divisione Imi Corporate & Investment Banking di Intesa Sanpaolo utilizzerà il supporto della Bei per fornire garanzie bancarie sugli anticipi ricevuti e sulla performance degli impianti ai produttori di energia eolica.


Start up a sostegno delle rinnovabili

Anche le start up puntano sulle energie pulite. Solward, fondata da Paolo Castioni, si distingue per un approccio mirato a progetti di energia rinnovabile di piccole e medie dimensioni. Mentre il mercato italiano è dominato da grandi operatori focalizzati su impianti di grande taglia, Solward ha scelto di operare in un settore meno esplorato, concentrandosi su impianti da uno a 15 megawatt. Questa strategia consente all'azienda di soddisfare le esigenze di una nuova tipologia di clienti, come le imprese interessate all'autoconsumo che desiderano realizzare il proprio impianto ma spesso non trovano soluzioni adeguate nelle offerte dei grandi operatori. In questo modo, l'azienda diversifica la propria offerta, rendendo le tecnologie rinnovabili accessibili a una gamma più ampia di fruitori. «Solward è nata per rispondere a un bisogno del mercato, quello dei campi fotovoltaici di piccole e medie dimensioni, spesso trascurati dai grandi player. l’obiettivo è stato quello di colmare questa lacuna con un focus particolare su impianti che producono energia direttamente consumata nelle vicinanze, riducendo la dipendenza della rete elettrica. Solward in poco tempo si è distinta offrendo soluzioni complete e innovative in una fascia di mercato dove mancava attenzione, affermandosi rapidamente come un punto di riferimento per chi cerca qualità e innovazione nel fotovoltaico», spiega Castioni.

Il mercato delle energie rinnovabili in Italia sta attraversando un periodo di grandi sfide e cambiamenti, con l'ambizioso obiettivo, come ricorda anche una nota del ministero dell’Ambiente e della Sicurezza energetica, di incrementare notevolmente la quota di energia rinnovabile entro il 2030. Questo scenario non solo apre nuove opportunità di lavoro e sviluppo per le imprese italiane, ma le espone anche a una crescente concorrenza internazionale. In tale panorama competitivo e di cambiamenti continui Solward si distingue per la sua capacità di adattamento rapido alle trasformazioni del mercato, investendo in soluzioni innovative tra cui l’uso di materiali di qualità come l’acciaio carbon neutral per la realizzazione di tracker standard e l’agrovoltaico con altezze maggiori. Sebbene il Tracker One, prodotto di punta dell’azienda, abbia ottenuto ottimi risultati di vendita, Solward, date le numerose richieste ricevute, prevede un ulteriore successo con il lancio del nuovo tracker agrovoltaico. Attraverso questa strategia, Solward intende distinguersi dalla concorrenza, puntando sulla propria flessibilità e la capacità di adattarsi dinamicamente, caratteristiche rese possibili grazie alla giovane età della startup e del team under 30.

Da un lato, i cosiddetti sviluppatori: studi tecnici con esperienza nel mercato delle energie rinnovabili. Dall’altro, fondi di investimento, hedge funds o player industriali interessati ad investire nell’energia green e a caccia di un affare che faccia anche bene all’ambiente. Nasce a Castel San Giorgio (Salerno) LinkeGreen, servizio di matchmaking che unisce imprenditori visionari e investitori impegnati per un futuro energetico sostenibile: di fatto è il primo “one stop shop” nel mondo della finanza green per lo sviluppo di impianti utility-scale, ossia quegli impianti industriali di grandi dimensioni che generano energia solare o eolica e la immettono nella rete. Il fondatore è Giuseppe Andrea D’Alessio, ex avvocato d'affari originario di Salerno, che prima di fondare LinkeGreen ha lavorato in diversi studi legali internazionali, occupandosi di Merger&Acquisition nel mercato delle energie rinnovabili: «Il mercato ha bisogno di una scrematura sulle opportunità che vengono proposte perché i progetti spesso sono deboli dal punto di vista finanziario. Per questo ho creato una piattaforma che, con l'ausilio dell'intelligenza artificiale, agevola i team di sviluppo nelle attività di reperimento di nuovi deal interessanti per le società che investono in questo mercato. Per farlo, gli stakeholder di LinkeGreen vengono profilati prima in maniera tradizionale e poi dal machine learning che impara il comportamento degli investitori in piattaforma. Mettiamo in contatto domanda e offerta grazie all’AI e così facendo combattiamo l’uso di combustibili fossili».

Sviluppo delle Comunità energetiche

Sono oltre 100 le Cer-Comunità energetiche rinnovabili già avviate sul nostro territorio (altre 60 sono in fase di studio), che hanno visto il coinvolgimento di almeno 3mila cittadini. Mentre sono 95 gli enti del Terzo settore entrati a fare parte di questa rete di autoproduzione energetica, assieme a 150 piccole imprese, 60 istituzioni locali e 20 enti religiosi. In media, le Cer italiane sono formate da dieci a 50 famiglie che si sono costituite in associazioni non riconosciute: questa è la forma organizzativa più utilizzata (il 61%), seguono le realtà cooperative (15%) e le associazioni riconosciute (11%). La fonte energetica prevalente è quella solare (99%). In totale è stato calcolato che l’autoproduzione di energia verde da parte delle Cer è di circa 70 megawatt di potenza che significa dare luce a 47mila abitazioni in tutto il Paese, per un risparmio della CO2 di 40mila tonnellate l’anno. La potenza degli impianti installati o da installare va da 20 Kwp ai 100 Kwp.

Intanto il Cnpi-Consiglio nazionale dei periti industriali, presieduto da Giovanni Esposito, annuncia la nascita del progetto PerCerTO-Periti CER Total Organization, con il pieno appoggio del Cnpi, attraverso la costituzione della Cooperativa per Azioni denominata PerCerTO, un'iniziativa innovativa pensata per incentivare la partecipazione dei periti industriali iscritti all’ordine e non solo alla prima comunità energetica (PerCerTO) che opera su tutto il territorio italiano. «Il progetto rappresenta una straordinaria opportunità per i periti industriali italiani, che potranno non solo entrare a far parte delle comunità energetiche, ma anche svolgere un ruolo attivo nella promozione e progettazione di impianti energetici sostenibili - dichiara Esposito -. La nostra visione è quella di creare una CER unica, strutturata per zone di mercato, che offra ai nostri iscritti servizi specializzati e supporto tecnico di alto livello». Attualmente, PerCerTO è l'unico progetto che si propone di offrire agli iscritti periti industriali un accesso privilegiato alle opportunità del nuovo mercato dell’energia su tutto il territorio Nazionale. Il progetto supporterà le pmi e le comunità sotto i 5mila abitanti, al fine di usufruire degli incentivi fino al 40% del costo degli impianti grazie ai fondi del Pnrr. Il Cnpi, dal 2021, ha sostenuto lo sviluppo delle Cer in Italia, credendo nel potenziale di queste organizzazioni. Il progetto non si limita solo a incentivare la partecipazione alle Cer, ma promuove anche accordi con la rete di professionisti "Valore Professione", in fase di costituzione da parte del Cnpi, garantendo una gestione ottimale dei progetti energetici e l’accesso ad incentivi e servizi collaterali di alta qualità. «PerCerTO - aggiunge Esposito - non è solo una risposta alle esigenze del settore energetico, ma un vero e proprio motore di sviluppo economico per il sistema paese. Attraverso la partecipazione attiva dei periti industriali e delle pmi, il progetto favorirà la transizione verso un sistema energetico più sostenibile e inclusivo. Inoltre, una parte degli incentivi, come previsto dalla norma, potrà essere destinata a finanziare il progetto Illuminare la Speranza, un'iniziativa promossa dal Cnpi già dal 2021, dedicata alla realizzazione di Comunità Energetiche Rinnovabili in una zona di povertà energetica con l’obiettivo di sfruttare al meglio le fonti rinnovabili e promuovere la sostenibilità ambientale, autoproducendo energia. I periti industriali interessati, le loro famiglie e i loro clienti, potranno presentare domanda di adesione a PerCerTO attraverso una piattaforma digitale dedicata, attualmente in fase di implementazione, che faciliterà il processo di partecipazione e fornirà tutta l’assistenza necessaria».