Economia

Food-delivery e tutele. Chiusa maxi indagine sui rider: 60mila vanno assunti

Cinzia Arena mercoledì 24 febbraio 2021

Per i rider in arrivo maggiori tutele contrattuali dopo l'inchiesta di Milano

«Non è più il tempo di dire sono schiavi ma è il tempo di dire che sono cittadini». E come tali hanno diritto ad un contratto di lavoro, compensi equi e tutele adeguate. Non è più rinviabile un «approccio giuridico» oltre che morale complessivo che metta fine ad una situazione di illegalità diffusa che colpisce soprattutto gli immigrati. Non fa sconti il procuratore di Milano Francesco Greco nel fare il punto sulla prima fase delle indagini partite la scorsa primavera su ciclo-fattorini e nell’annunciare una nuova inchiesta, questa volta fiscale, su Uber Eats. In questo anno di pandemia la presenza dei rider sulle strade delle nostre città si è fatta ancora più evidente, insieme alle troppe contraddizioni su un business in continua espansione e dai contorni poco trasparenti. Gli ordini e le consegne sono aumentati almeno del 30%, ma i diritti sono rimasti solo sulla carta. I rider hanno svolto «una funzione fondamentale» ha sottolineato Greco perché hanno consegnato i pasti a casa dei cittadini e hanno permesso a «molte imprese di non chiudere». In seguito alle indagini partite dalla procura milanese, coordinate dall’aggiunta Tiziana Siciliano e dal pm Maura Ripamonti, ed estese in tutta Italia grazie al Nucleo tutela lavoro dei carabinieri, coordinato da Antonino Bolognani, saranno notificati a Just Eat, Glovo-Foodinho, Uber Eats e Deliveroo verbali che impongono di trasformare i contratti dei rider: da lavoratori autonomi saranno promossi allo status di parasubordinati, cioè co.co.co, con contratto di lavoro coordinato e continuativo. In 60mila dovranno essere assunti. Non più pagamento a cottimo, vietato dalla legge, ma un contratto fisso. Le aziende avranno 90 giorni di tempo per adempiere alle prescrizioni – come sottoporre a visita medica tutti i fattorini, dotarli di mezzi adeguati, di caschi e protezioni – e in ogni caso dovranno pagare ammende per una cifra complessiva di 733 milioni di euro. Al momento, sono sei le persone indagate dalla procura di Milano per aver violato diversi articoli della legge 81 del 200 – il testo unico in materia di sicurezza sul lavoro – e sono le figure considerate i datori di lavoro o i legali rappresentanti delle aziende coinvolte. I verbali sono stati inviati perché, è stato chiarito, non è stato «riscontrato all’atto pratico che c’erano le regolarizzazioni e le assunzioni» che andavano fatte in base al quadro normativo attuale (sui rapporti di lavoro dei rider c’è anche una recente sentenza della Cassazione).Il procuratore Greco ha annunciato l’apertura di un’indagine «fiscale» su Uber Eats, filiale italiana del colosso americano già finita in amministrazione giudiziaria per caporalato sui rider, «per verificare se sia configurabile una stabile organizzazione occulta» dal punto di vista fiscale.

Partite nel luglio 2019 dopo una serie di incidenti in strada che hanno coinvolto i rider, le indagini si sono estese al resto del territorio nazionale con la collaborazione di Inail e Inps. Hanno abbracciato un periodo che va dal 1 gennaio 2017 al 31 ottobre 2020. A fine maggio 2020 sono «stati ascoltati dai carabinieri mille rider in tutta Italia in un solo giorno», ha chiarito il procuratore aggiunto Siciliano, precisando che si trattava di lavoratori incontrati "su strada" e che è stata presa ogni cautela per evitare che le loro testimonianze potessero risultare "viziate". «Questa inchiesta – ha detto Siciliano – si è imposta perché questa situazione di illegalità è palese». Dai loro racconti sono emerse condizioni di lavoro disumane: turni massacranti e nessuna tutela sul piano della sicurezza. Non solo. Tutti i rischi d'impresa, incluso l'obbligo di risarcire i clienti in caso di mancata consegna dei pasti, venivano addebitati ai fattorini che dovevano risultare sempre disponibili, a qualunque ora e con qualunque tempo. In caso contrario, la piattaforma li penalizzava facendoli precipitare nel "ranking" dei lavoratori e affidando loro meno corse.«In tutta Italia – ha spiegato il comandante Bolognani – c’è una situazione di grave disagio, c’è pressione su questi lavoratori che devono fare consegne in determinati archi temporali». L’inchiesta ha messo in evidenza i rischi che la gig-economy comporta, legati ad un nuovo caporalato digitale che colpisce soprattutto gli immigrati. In Italia i rider «hanno un trattamento di lavoro che nega loro un futuro. Hanno un permesso di soggiorno regolare – ha commentato Greco – ma non permettiamo loro di costruirsi una carriera adeguata».