Piattaforme. Per i rider inglesi Borsa sì, tutele no
La ricercatrice Gabriella Cioce dell'università di Nottingham
Sulle loro biciclette e motorini come cavalli di battaglia dalla sede principale di Deliveroo a Londra ai centri di Sheffield, Reading, Wolverhampton e York centinaia di fattorini sono scesi in sciopero mentre il colosso delle consegne di cibo a domicilio debuttava in Borsa. Chiedevano paghe migliori e condizioni di lavoro più sicure. «È stata una manifestazione molto simile al 'No Delivery Day' italiano», spiega Gabriella Cioce, ricercatrice all’università di Nottingham ed esperta di relazioni sindacali e gig economy. «Chi scioperava chiedeva un contratto di lavoro da dipendente, anziché una paga a cottimo come lavoratori autonomi. Un salario minimo, oltre i 10 euro l’ora guadagnati in questo momento, ma anche ferie pagate e la pensione». Questa ennesima protesta in piazza dei dipendenti dell’economia dei lavoretti, secondo l’esperta, conferma un progresso rispetto al passato. «In dieci anni tutti i lavoratori precari gestiti dalle piattaforme digitali hanno fatto passi avanti importanti. Hanno raggiunto visibilità attraverso giornali e social media. Le loro richieste non sono più troppo difficili da gestire, come in passato, quando i sindacati confederali ignoravano questi lavoratori e quasi ne avevano paura perché troppo precari, per esempio senza un permesso di lavoro, e quindi troppo problematici». Anche per quanto riguarda i risultati concreti, secondo Cioce, «ci stiamo muovendo nella direzione giusta ma c’è ancora molto da fare. Sia in Italia che in Gran Bretagna fattorini e autisti sono stati riconosciuti come lavoratori dipendenti. Il problema è che non tutte le aziende accettano i loro nuovi diritti. Mentre JustEat, in Italia, ha immediatamente assunto i lavoratori altre piattaforme fanno resistenza. In Gran Bretagna due ex dipendenti di Uber hanno ottenuto da un tribunale di appello che la piattaforma garantisca salario minimo, ferie pagate e previdenza ma saranno costretti a tornare dal giudice perché la piattaforma ha aggirato il problema pagando i dipendenti soltanto per il periodo in cui portano in giro il cliente e non anche per l’attesa della chiamata». «Importantissimo, nella conquista di questi nuovi diritti, è il ruolo dei sindacati di base perché quelli confederali sono sempre stati sospettosi di questi lavoratori ai margini», spiega ancora Cioce.
«Anche se le lotte dei lavoratori delle piattaforme digitali per i loro diritti sono cominciate a Londra nel 2016, questa battaglia sta dando qualche frutto in più in Europa dove fattorini e autisti dell’economia dei lavoretti possono allearsi con l’obiettivo di una legislazione comune ». In Gran Bretagna il governo conservatore di Boris Johnson non ha simpatia per le politiche di regolamentazione del lavoro e, grazie alla Brexit, può evitare eventuali nuove normative europee. Uno dei problemi più difficili di queste battaglie è il ruolo non chiaro del datore di lavoro secondo Cioce. «Non è chiaro chi sia responsabile del lavoratore. Se si tratta dell’app, della cooperativa o dell’agenzia che ha assunto il dipendente o delle varie piattaforme come Deliveroo e Uber», conclude. «IGabriella noltre gli autisti e i fattorini sono isolati. Partono la mattina, in bicicletta o in camion e trascorrono il resto della giornata da soli. Condividere uno spazio di lavoro comune è essenziale per costruire legami di solidarietà e dare il via alla protesta. Per i migranti la situazione è anche peggiore perché esiste il problema della lingua».