Analisi. Retrocessa tra le economie medie. Mosca usa la guerra per risalire
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La guerra scatenata due anni fa con invasione dell’Ucraina da parte della Russia sta divenendo la linea di frattura su cui si sta ridefinendo la contrapposizione fra blocchi a livello mondiale. Il conflitto russo-ucraino nasce nel 1991 dallo stesso dissolvimento dell’Unione Sovietica. Divenuta repubblica indipendente, dichiarandosi neutrale, l’Ucraina ha poi consolidato legami sempre più stretti con Nato e la Unione Europea. Alle elezioni presidenziali del 2004 si affermò, sostenuto dalla cosiddetta “Rivoluzione arancione” il candidato filoccidentale Viktor Juscenko in un clima di tensione interno fomentato dalla stessa Russia, che invece sosteneva Viktor Janukovyc, che infine venne eletto presidente nel 2010, avviando immediatamente uno spostamento dell’asse politico ucraino verso la Russia. Nel novembre 2013 vi fu però una vasta sollevazione popolare contro la politica filorussa del governo, che culminò il 13 febbraio 2014 in una strage nelle stesse piazze di Kiev. La massiccia reazione popolare spinse alle dimissioni del Presidente filorusso.
Fu in quegli stessi giorni concitati, che truppe russe “senza bandiere” invasero la Crimea, che poi venne annessa alla Federazione Russa con un atto che non venne riconosciuto da nessun governo a livello internazionale. Nel mese successivo, il 7 aprile 2014, nel Donbass si avviava una guerra da parte dei separatisti filorussi, che proclamano la secessione dall’Ucraina dell’Oblast di Doneck. Questa guerra “nascosta” si protrae per otto anni tutto sommato nell’indifferenza internazionale fino al 21 febbraio 2022 con il riconoscimento da parte della Russia della Repubblica popolare del Donbass, che de facto diviene repubblica federata delle Russia stessa, riconosciuta a livello internazionale solo da Siria e Corea del Nord. Il 24 febbraio 2022 le truppe russe entrano nel Donbass, e quindi danno il via all’invasione in grande scala dell’Ucraina.
Gli impatti sul Mediterraneo e più in generale sull’Europa di questa guerra vengono analizzati nel “Rapporto 2023 Mediterranean Economies” dell’Istituto degli studi sul Mediterraneo del Cnr. Personalmente credo che Il principale impatto della guerra in Ucraina che stia proprio nella volontà della dirigenza post-sovietica di mantenere in uno stato di allarme continuo e di continua destabilizzazione l’intero Occidente, prendendo in ostaggio l’Europa, per riguadagnare a livello internazionale un rango di potenza che la sua economia non è più in grado di sostenere. Dal punto di vista politico, la Federazione Russa, nonostante la dimensione, è una media economia, con un limitato prodotto lordo largamente determinato dalla produzione di oil and gas, ormai senza una vera e propria industria trainante.
Dal punto di vista politico l’influenza russa sull’Europa si è drasticamente ridotta negli anni successivi al crollo sovietico, con la successiva entrata nella Nato dei paesi ex socialisti, delle Repubbliche Baltiche già parte della stessa Unione Sovietica, della Finlandia e con Svezia e Finlandia e la stessa Ucraina che formulano la richiesta di adesione alla Nato. All’avvicinarsi della Nato alle sue frontiere ed al moltiplicarsi degli sforzi per ridurre la dipendenza della stessa Europa dalle fonti fossili, la Russia ha ritenuto di giocare la carta della invasione diretta da parte delle sue truppe, dopo 8 anni di guerra per procura agli insorti del Donbass , ottenendo il risultato immediato di una destabilizzazione del mercato degli idrocarburi, con un aumento dei prezzi, che ha cambiato le posizioni relative fra paesi produttori e paesi consumatori anche nel Mediterraneo. Contestualmente ha riguadagnato una posizione internazionale, sia nei confronti dell’Occidente, che nei confronti della stessa Cina, che con questa mossa di Putin deve tornare a seguire l’azzardo russo. Per la Russia di Putin la guerra di Gaza e la rinnovata tensione in Medio Oriente, con la messa in stato di agitazione dell’intero mondo mussulmano, oggi acuito dagli scontri direttamente tra Stati Uniti e milizie Houti, rappresenta una apertura di un nuovo fronte che toglie attenzione internazionale ed aiuti alla resistenza ucraina, proprio paventando un allargamento senza confini della guerra.
D’altra parte, le stesse istituzioni internazionali, a partire dalle stesse Nazioni Unite, sembrano impotenti di fronte a una situazione tanto degradata, in cui del resto la stessa Russia con il proprio diritto di veto nel Consiglio di sicurezza blocca sistematicamente ogni iniziativa di pace. I rischi sono altissimi e la necessità di ristabilire l’autorità delle istituzioni internazionali diviene l’imperativo per ritrovare la via della pace, bloccando pericolosissime derive dagli esiti incontrollabili.