Si potrebbe chiamare eterogenesi dei fini. O forse è più semplicemente la riprova di atteggiamenti incoerenti da parte della Cgil. Il consiglio direttivo della confederazione, infatti, ieri ha deciso di sostenere la richiesta di alcuni lavoratori e della Fiom di un referendum abrogativo dell’accordo per gli stabilimenti Fiat e di chiedere al governo di «ripristinare lo spirito della regola originaria dell’art. 19 dello Statuto dei lavoratori».Si tratta della norma in base alla quale solo i sindacati firmatari di contratti possono costituire le rappresentanze sindacali in azienda, come ora in Fiat con la conseguente (auto)esclusione della Fiom. Nella versione originaria l’art. 19 prevedeva tale facoltà anche per i sindacati «maggiormente rappresentativi». Il referendum dell’11 giugno 1995, però, ha cancellato questo comma. Ma chi aveva raccolto le firme e promosso la consultazione? Proprio l’allora stato maggiore della Fiom assieme al movimento degli Autoconvocati Cgil che faceva riferimento alla componente di sinistra "Essere sindacato" guidata da Fausto Bertinotti e con l’appoggio "esterno" di molti big di allora come Cofferati (contraria era invece la componente socialista nella quale al tempo militava Susanna Camusso). Dunque riassumendo: oggi la Cgil da un lato invoca un referendum come prova di democrazia, nonostante l’intesa Fiat sia stata approvata dalle Rsu; dall’altro chiede che venga annullato l’esito di un altro referendum. Del quale però essa stessa è stata la promotrice. Coerenza d’acciaio e democrazia elastica.