Ministero del Lavoro. Reddito di cittadinanza e dimissioni
Reddito di cittadinanza e dimissioni in periodo di prova
Non deve rinunciare al reddito di cittadinanza, la persona che rassegni le dimissioni da lavoro durante il periodo di prova. La specialità e precarietà che caratterizzano tale periodo, infatti, escludono la decadenza dal Rdc per 12 mesi, prevista come sanzione a carico di chi diventi per far suo disoccupato a seguito di rinuncia al posto di lavoro (dimissioni). Lo precisa il ministero del Lavoro nella nota prot. n. 10617/2020.
Il chiarimento interessa i nuclei familiari percettori di Rdc (reddito di cittadinanza) e di Pdc (pensione di cittadinanza). È stato chiesto al ministero del Lavoro di chiarire se, quando sono rassegnate durante il periodo di prova, le dimissioni devono essere considerate alla stessa stregua di quelle presentate da personale assunto definitivamente, cioè che ha superato il periodo di prova, ai fini dell’applicazione del “principio di decadenza”. Principio che stabilisce: «Non ha diritto al Rdc il componente del nucleo familiare disoccupato a seguito di dimissioni volontarie, nei 12 mesi successivi alla data delle dimissioni, fatte salve le dimissioni per giusta causa».
Il periodo di prova, spiega innanzitutto il ministero, è disciplinato dall’art. 2096 del Codice civile. In base a tale norma, al contratto di lavoro, nella fase iniziale di esecuzione, può essere apposta la clausola accessoria del “patto di prova”, la cui funzione tipica è quella di consentire a entrambe le parti (datore di lavoro e lavoratore) di valutare la convenienza dell’affare (cioè del nascente rapporto di lavoro): il datore di lavoro, in particolare, può valutare l’attitudine professionale del lavoratore; quest’ultimo può sperimentare le proprie capacità e valutare il tipo di lavoro.
Secondo il ministero, il periodo di prova costituisce una fase che può definirsi “speciale” del rapporto di lavoro, avente cioè caratteristiche particolari. Tale specialità si ravvisa soprattutto nel regime del licenziamento, perché, ai sensi del comma 3 del citato art. 2096 del Codice civile “Durante il periodo di prova ciascuna delle parti può recedere dal contratto, senza obbligo di preavviso oppure d’indennità”. Il patto di prova comporta, dunque, un’eccezione alla regola del licenziamento per giustificato motivo, contemplando la facoltà per entrambe le parti (datore di lavoro e lavoratore) di recedere dal rapporto di lavoro senza obblighi di preavviso. Alla luce della specialità e della precarietà che caratterizzano il “lavoro in prova”, conclude il ministero, si può ritenere che il “principio di decadenza” non trovi applicazione durante il periodo di prova.