Rapporto Svimez. Lavoro povero ed emigrazione, è allarme al Sud
Il ministro Raffaele Fitto alla presentazione del rapporto Svimez
Lavoro povero ed emigrazione giovanile. Sono queste le questioni più urgenti da risolvere al Sud secondo il rapporto Svimez presentato questa mattina a Roma. Nonostante l’economia del Mezzogiorno sia cresciuta del 10,7%, più che compensando la perdita del 2020 (–8,5%). Nel Centro-Nord, la crescita è stata leggermente superiore (+11%), ma ha fatto seguito a una maggiore flessione nel 2020 (–9,1%). La novità di una ripartenza allineata tra Sud e Nord sconta però l’eccezionalità del contesto post-Covid. L’accelerazione dell’inflazione del 2022 ha tuttavia eroso soprattutto il potere d’acquisto delle fasce più deboli della popolazione. Sono state colpite con maggiore intensità le famiglie a basso reddito, prevalentemente concentrate nelle regioni meridionali. Nel 2022 l’inflazione ha eroso 2,9 punti del reddito disponibile delle famiglie del Sud, oltre il doppio del dato relativo al Centro-Nord (–1,2 punti). Rispetto alle altre economie europee, in Italia la dinamica inflattiva si è ripercossa in maniera significativa sui salari reali italiani, che tra il II trimestre 2021 e il II trimestre 2023 hanno subìto una contrazione molto più pronunciata della media Ue a 27 (–10,4% contro –5,9%), e ancora più intensa nel Mezzogiorno (–10,7%) per effetto della più sostenuta dinamica dei prezzi. Questa dinamica si colloca in una tendenza di medio periodo delle retribuzioni lorde reali per addetto, anch’essa particolarmente sfavorevole al Mezzogiorno: –12% le retribuzioni reali rispetto al 2008 (–3% nel Centro-Nord). Nel Mezzogiorno, la povertà assoluta tra le famiglie con persona di riferimento occupata è salita di 1,7 punti percentuali tra il 2020 e il 2022, dal 7,6 fino al 9,3%: quasi una su 10. In generale nel 2022, sono 2,5 milioni le persone che vivono in famiglie in povertà assoluta al Sud: 250mila in più rispetto al 2020 (-170mila al Centro-Nord). Infine le migrazioni interne e internazionali hanno ampliato gli squilibri demografici. Dal 2002 al 2021 hanno lasciato il Mezzogiorno oltre 2,5 milioni di persone, in prevalenza verso il Centro-Nord (81%). Al netto dei rientri, le regioni meridionali hanno perso 1,1 milioni di residenti. Le migrazioni interne hanno interessato soprattutto i più giovani: tra il 2002 e il 2021 il Mezzogiorno ha subìto un deflusso netto di 808mila under 35, di cui 263mila laureati. Tra spopolamento e gelo demografico, al 2080 si stima una perdita di oltre otto milioni di residenti nel Sud, pari a poco meno dei due terzi del calo. Grandi speranze vengono poste nel Pnrr-Piano nazionale di ripresa e resilienza. «Per la prima volta una strategia per le aree interne con una programmazione dal punto di vista infrastrutturale e dei servizi - spiega il ministro per gli Affari europei, per le Politiche di coesione e per il Pnrr Raffaele Fitto -. L'obiettivo è far sì che un giovane rimane nel suo piccolo comune perché ci sono le condizioni per restarci». «Senza il Pnrr avremmo un Paese sostanzialmente in recessione e un Sud con una recessione più forte che nel resto del Paese. Quello che mantiene la crescita del Paese è l'attuazione del Pnrr», afferma il direttore di Svimez Luca Bianchi. Senza Pnrr il Pil del Mezzogiorno calerebbe dello 0,6% nel 2024 e dello 0,7% nel 2025. Anche il Centro-Nord beneficia dello stimolo, grazie al quale l'area evita una sostanziale stagnazione nel biennio. Nonostante l'essenzialità del piano per la ripresa, l'associazione segnala «debole progettualità e partenza dei lavori ritardata» al Sud. Svimez ha monitorato lo stato di attuazione degli interventi che vedono i Comuni come soggetti attuatori. Il valore complessivo dei progetti presenti sul sistema di rendicontazione Regis ammonta a 32 miliardi di euro, per il 45% allocati alle amministrazioni comunali del Meridione. Per circa la metà dei progetti risultano avviate le procedure di affidamento; la quota di progetti messi a bando, tuttavia, si ferma al 31% al Mezzogiorno rispetto al 60% del Centro-Nord. Anche la capacità di procedere all'aggiudicazione presenta significative differenze territoriali: 67% al Mezzogiorno, 91% al Centro-Nord. «L'obiettivo del Pnrr è molto semplice: salvare l'Italia. Ma il Piano non ha strategia, è una cosa diffusa e non ha obiettivi precisi - conclude il presidente dello Svimez Adriano Giannola -. L'Italia è oggetto del salvataggio dell'Ue, è l'unico caso di un intervento straordinario così massiccio, perché si vuole tenere una rete di salvataggio per una Paese che sta andando un po' alla deriva».