Economia

Fisco e famiglia. Quasi mezzo milione di bonus mamme. L'aumento c'è ma non per tutte

Andrea Bernardini domenica 30 giugno 2024

Tempo di primi bilanci per il Bonus mamma, l’agevolazione fiscale riservata alle donne madri e, al contempo, lavoratrici, contemplata nella Legge di bilancio 2024 che si aggiunge all’assegno unico. Una misura salutata con favore da Anfn, l’associazione che raduna e dà voce alle famiglie numerose in Italia «perché – osservano i presidenti Alfredo e Claudia Caltabiano – è un riconoscimento agli sforzi titanici di quelle donne che decidono di generare più figli (offrendo un contributo al ricambio generazionale in un tempo segnato dall’inverno demografico) e, nel contempo, di mettere a disposizione del sistema-Paese le loro skill». Ma che mostra alcuni limiti. «L’agevolazione – ricostruisce Paolo Moroni (osservatorio politico Anfn) – è concessa anche a chi percepisce remunerazioni alte o molto alte. Ma non è universale: ne possono usufruire solo le lavoratrici dipendenti a tempo indeterminato (purché non lavoratrici domestiche), madri di due figli (di cui almeno uno under 10) o più figli (di cui almeno uno minorenne), nel limite massimo di 3mila euro annui (250 euro al mese, tredicesima esclusa). Né automatica: deve essere, cioè, la mamma a farne richiesta al suo datore di lavoro».

Da gennaio a oggi, rileva l’Inps, hanno avanzato la richiesta 484.730 madri lavoratrici: 362.726 lavoratrici madri di due figli e 122.004 madri di tre figli. Molte donne che avevano i requisiti per accedere alla misura, ad oggi, non ne hanno fatto richiesta. In audizione in Parlamento nel novembre 2023, Francesco Maria Chelli, allora presidente facente funzione dell’Istat, ricordava che le lavoratrici dipendenti madri di due figli (almeno uno di età inferiore ai 10 anni) con rapporto di lavoro dipendente a tempo indeterminato (ad esclusione dei rapporti di lavoro domestico) sono 600mila, quelle con tre figli con almeno uno di età inferiore ai 18 anni sono 228mila.

Ma cos’è, esattamente, il Bonus mamma? In tutte le buste paga, il dipendente trova la voce “Ivs”. È la quota della retribuzione trattenuta alla fonte e destinata all’Inps per finanziare le pensioni. L’aliquota contributiva a carico del dipendente è del 9,19% (a questa si aggiunge un 23,81% è a carico del datore di lavoro): ebbene, grazie al Bonus mamma, di quella quota si fa carico lo Stato. Questo però non si traduce in un aumento del 9,19% della busta paga, perché qualsiasi intervento di decontribuzione determina un aumento dell’imponibile ai fini Irpef e questo riduce l’impatto dello sconto. L’aumento in busta paga scattato a febbraio, poi, è meno percettibile, perché una discreta fetta delle mamme lavoratrici subordinate (al pari dei loro colleghi maschi) già usufruiva dal luglio 2023 di una decontribuzione, tra il 6 ed il 7%.

Potranno apprezzare di più la differenza le donne che percepiscono redditi superiori ai 35mila euro: in questo caso le lavoratrici madri – come i loro colleghi maschi – fino ad oggi non disponevano di «alcun sconto contributivo, che ora invece arriva nella misura piena grazie al Bonus mamma».

I due esoneri (la cosiddetta riduzione del cuneo fiscale entro i 35mila euro e quello determinato dal Bonus mamma) non sono sovrapponibili, ma alternativi e interscambiabili: ad esempio quando una mamma passa dal primo al secondo figlio, se ne farà richiesta, dal mese successivo riceverà il Bonus mamma in luogo dell’altro esonero contributivo. Al contrario se il bambino più piccolo della famiglia numerosa diventerà maggiorenne, la mamma lavoratrice perderà il Bonus mamma e – se ha redditi inferiori a 35mila euro - si vedrà invece riconosciuto l’esonero contributivo del 6 o 7%.

Ricostruisce tutto Sauro Rossi, segretario confederale nazionale della Cisl, con delega alle politiche per la famiglia: «Nel 2024 tutti i lavoratori subordinati che hanno redditi fino a 25mila euro usufruiscono di un esonero contributivo del 7%, che scende al 6% per i redditi fino a 35mila euro. Ciò significa che per questo anno le madri con due o più figli avranno uno sconto contributivo aggiuntivo rispetto agli altri lavoratori del 2,1% se percettrici di un reddito fino a 25mila euro o del 3,1% se con un reddito fino a 32.644 (è il valore limite rispetto al quale si raggiunge il tetto dei tremila euro). Per la parte di reddito oltre quel limite – e fino a 35mila euro – lo sconto contributivo per le madri è complessivamente inferiore al 9,1% ma pur sempre sensibilmente superiore al 6% previsto per gli altri lavoratori dipendenti».

E per il futuro? «Nel biennio 2025-26 – ricorda Rossi - le madri con tre o più figli sanno già che avranno uno sconto pieno del 9,1%, a differenza degli altri lavoratori, che dovranno attendere le eventuali proroga e la consistenza dello sconto contributivo, al momento incerto, che verrà loro riservato». «Le lavoratrici madri di due figli hanno la certezza di usufruire del Bonus solo per quest’anno, perché dal prossimo potrebbe essere sospeso» conferma Moroni.

Fra due anni potremo, poi, valutare gli effetti delle due decontribuzioni sull’Isee «perché il reddito da lavoro dipendente che viene computato nella componente reddituale dell’Indicatore della situazione reddituale (Isr) è al netto dei contributi» osserva Sauro Rossi.