I precari in Italia, a fine settembre, hanno raggiunto quota 2.812.700. Negli ultimi 5 anni sono aumentati del 16,9%. Sono più numerosi al Sud: 940.400 pari al 33,4% del totale nazionale. I precari sono il 12% del totale degli occupati e il loro aumento, in un lustro, è 5 volte di più dell'incremento registrato dai lavoratori dipendenti a tempo indeterminato che sono cresciuti, nello stesso periodo, del 3,1%.A dimensionare il mondo dei lavoratori flessibili in Italia è la Cgia di Mestre che ha analizzato il mercato del lavoro concentrando l'attenzione sul mondo dei cosiddetti flessibili costituito da dipendenti a tempo determinato (che include anche gli ex lavoratori interinali), da lavoratori assunti con collaborazioni coordinate e continuative a progetto e da prestatori d'opera occasionali.Per Giuseppe Bortolussi della Cgia di Mestre "la maggior presenza di precari al sud è dovuta al fatto che in quell'area sono più diffuse che altrove le attività stagionali che per loro natura richiedono contratti a tempo determinato come l'agricoltura, il turismo, la ristorazione e il settore alberghiero. Infine, non va dimenticato che una buona parte di questi precari sono assunti nel pubblico che nel Mezzogiorno continua ad essere un serbatoio occupazionale ancora molto significativo". Se i 940.400 precari occupati nel Sud sono il 33,4% del totale nazionale, a Nordovest sono 692.600 (24,6%), nel Centro 606.000 (21,5%) e nel Nordest 'solo' 73.700 (20,4%). Analizzando l'orario medio settimanale di alcune di queste figure, se un co.co.pro. mediamente ogni settimana lavora 31 ore, un prestatore d'opera occasionale è occupato per 23, contro una media settimanale di un operaio assunto a tempo indeterminato pari a 37 e di un impiegato sempre con il posto fisso pari a 35. "La cosa interessante - conclude Bortolussi - è che tra gli impiegati e gli operai con un posto di lavoro stabile oltre il 50%, cioè 7.669.000 occupati su un totale di 15.181.000, lavora effettivamente più di 40 ore settimanali contro una media delle due categorie messe assieme pari a 36. Almeno in linea teorica ci sono le condizioni, per alcuni settori produttivi, di ragionare sull'ipotesi di introdurre la settimana corta in funzione anti-crisi".