Pubblica amministrazione. Fuga dal posto fisso tra ricambio e nodo Tfs
IL ministro della Pubblica amministrazione Paolo Zangrillo
Il posto fisso nella pubblica amministrazione non piace più. Soltanto nei ministeri si sono persi 40mila dipendenti. I dati del conto annuale del Tesoro indicano che nei Comuni la perdita è stata di oltre 60mila addetti. Molti i concorsi "disertati". Fa il pieno chi paga di più, come Inps e Fisco. Previste 170mila assunzioni l'anno, ma basteranno soltanto per sostituire chi va in pensione. Il rapporto sfata il mito del Mezzogiorno: ci sono più impiegati al Nord. Al Sud nei municipi lavorano 5,34 persone ogni mille abitanti, nel Settentrione sono 5,83. Solo la scuola ha visto crescere le assunzioni e il personale è passato da poco più di un milione a quasi 1,2 milioni di dipendenti. Secondo le stime della Ragioneria, alla fine dello scorso anno, dopo un decennio di "decrescita infelice", per la prima volta il personale pubblico è tornato ad aumentare. Poco meno di 50mila dipendenti in più su un totale di 3,2 milioni. L'età media dei pubblici dipendenti resta vicinissima ai 50 anni. Le assunzioni dopo anni di blocco del turn over sono comunque riprese. Il ministro della Pa Paolo Zangrillo è tornato a confermare che quest'anno, come il prossimo, ci saranno nuove assunzioni, aggiungendo che «il problema è che dopo il "decennio perduto" del pubblico impiego, sostituire solo chi va in pensione non risolverà il problema della carenza degli organici». Mentre proprio chi lascia il lavoro deve affrontare il nodo Tfs, ossia il trattamento di fine servizio.
Anche l'intelligenza artificiale avrà un importante impatto sul lavoro pubblico, con 1,8 milioni di dipendenti che dovranno farci i conti e circa 200mila che rischiano di essere sostituiti dalla nuova tecnologia. È quanto emerge da una ricerca del Forum Pa in cui si segnala che saranno coinvolti dall'arrivo dell'Ia soprattutto le amministrazioni centrali (ministeri, agenzie fiscali e enti pubblici non economici) con quasi la metà dei lavoratori (circa 92mila) le cui mansioni potrebbero essere spazzate via perché ripetitive e sostituibili. Il ministro Zangrillo sottolinea però come siamo di fronte a un grande cambiamento che va affrontato «senza paura», perché di fronte all'esaurimento di alcune attività ne nasceranno di nuove come è accaduto negli anni per i trasporti e per l'industria tessile. «Il cambiamento potrà essere governato», ricorda il ministro: nei prossimi otto anni, entro il 2032, un milione di attuali lavoratori della Pa andrà in pensione. Il processo di ricambio è iniziato. Per la prima volta l'età media nel 2022, grazie alle assunzioni e ai pensionamenti, è calata in modo consistente scendendo a 49,5 anni. «Dobbiamo vivere quest'epoca di cambiamento - spiega Zangrillo - non con lo spettro e la paura di perdere posti di lavoro, ma con l'obiettivo di rendere l'innovazione tecnologica compatibile con i nostri piani di sviluppo. La digitalizzazione, l'intelligenza artificiale determineranno profonde modifiche nel nostro modo di lavorare, ci sono lavori che muoiono, ma nuovi che nascono». Sarà essenziale attrarre nella Pa giovani talenti e anche per questo valorizzare il merito e non dare aumenti a pioggia come è accaduto negli anni passati (e come è certificato dalla Corte dei Conti).
Secondo la ricerca del Forum Pa, il 57% dei dipendenti pubblici (oltre 1,8 milioni su 3,2 complessivi) sarà fortemente esposto alla nuova tecnologia. Tra questi l'80% dovrebbe riuscire a integrare l'intelligenza artificiale nel suo lavoro, ottenendo notevoli miglioramenti. Mentre il 12% (circa 218mila lavoratori) rischia di essere sostituito. Per l'8% (circa 154mila dipendenti tra cui molte professioni del settore sanitario e diplomatico) è in una zona ambigua tra potenziali sinergie e rischi di sostituzione. «Le professioni ad alta specializzazione come i ruoli direttivi, i dirigenti e i professionisti - si legge nella ricerca - hanno un forte potenziale di collaborazione, mentre quelle poco specializzate e routinarie sono vulnerabili alla sostituzione. La rivoluzione dell'Ia rappresenta la "terza ondata" di trasformazione per il settore pubblico degli ultimi 15 anni, dopo la spending review e la pandemia».
L'area nella quale l'intelligenza artificiale rischia di cancellare il maggior numero dei posti di lavoro è quella delle amministrazioni centrali con quasi la metà dei dipendenti che rischiano la sostituzione (92mila persone, sui poco meno 204mila lavoratori del comparto). Se nell'intero pubblico impiego sono a rischio sostituzione il 12% di 1,8 milioni impattati dall'Ia, nelle amministrazioni centrali la sostituzione potrebbe riguardare il 47% del personale impattato dalla nuova tecnologia (i coinvolti dall'Ia sono il 92,2% del totale, circa 196mila persone).
Il nodo Tfs-Trattamento di fine servizio
Un lavoratore pubblico, quando va in pensione, deve aspettare fino a due anni prima di ricevere la liquidazione, a volte anche a rate. I loro colleghi del privato, invece, la ricevono subito. Questa attesa per i dipendenti pubblici «è resa ancor più lunga» dalle procedure dell'Inps, «che spesso disattende i già lunghi tempi stabiliti dalla legge». E così, dopo aver ricevuto tante segnalazioni di irregolarità, la Fnp nazionale, il sindacato dei pensionati Cisl, ha avviato una campagna informativa e di aiuto ai pensionati. I tempi lunghi del Tfs riguardano tutti i lavoratori statali: dipendenti civili di tutti i settori e militari e anche dipendenti degli enti locali. E «come tutto ciò che è pubblico, anche il Tfs dipende dalla capacità di bilancio dello Stato. Stato che, con varie normative, ha cercato il più possibile di "prendere tempo"», racconta la Fnp. In particolare nel 1997 (decreto legge 79) viene stabilito che la liquidazione del Tfs avvenga da 12 a 24 mesi dopo l'entrata in pensione del lavoratore, a seconda del tipo di pensione stessa e di altri paletti: a questi termini si aggiungono altri tre mesi di tempo che ha l'Inps per lavorare la pratica, senza interessi di mora. Nel 2010 (decreto legge 78), lo Stato ha inoltre stabilito che il Tfs sia liquidato fino a tre rate annuali in base all'importo della liquidazione stessa.
Con il messaggio 1628 del 25 aprile 2024 l'Inps ha infatti comunicato lo stop alla possibilità di presentare domande per chiedere l'anticipo della somma del Tfs. L'Istituto di previdenza nella sua comunicazione è piuttosto categorico: «A decorrere dal 26 aprile 2024 e fino a nuova comunicazione, non è possibile per gli uffici credito delle Sedi/Poli territoriali e nazionali elaborare e trasmettere le bozze di proposta di cessione agli utenti. Conseguentemente è inibita, nella procedura “Anticipazioni Credito”, la funzionalità che consente l’invio all’utente della citata bozza di proposta».
«Un cortocircuito, quindi, tra quanto stabilito dalla Consulta che a giugno 2023, accogliendo i dubbi di costituzionalità del Tar Lazio, con sentenza 130/2023 aveva lanciato un messaggio chiaro a favore dei dipendenti statali - dichiara l'avvocato Pietro Frisani, capo staff legale di Difendimi.com - chiedendo di sanare la situazione con una accelerazione del pagamento della liquidazione perché differire la corresponsione del trattamento di fine servizio è "lesione delle garanzie costituzionali" del lavoratore e quanto decretato dalla Ragioneria di Stato lo scorso mese di marzo, con una relazione nella quale esprimeva un convinto no all’anticipo per costi troppo elevati ed elevato rischio di contenziosi. Un’iperbole che ha come via di uscita sempre più un’unica soluzione: ricorrere per far valere i propri diritti. Non è chiedere la luna: è chiedere qualcosa che è già di proprietà dei lavoratori. Abbiamo lanciato l’azione Tfs Subito. L'Italia è probabilmente l'unico Paese al mondo che fa pagare i dipendenti per avere il proprio Tfs. Per maggiori informazioni: https://www.rimborsopensioni.it/tfs».
«Il blocco dell'anticipo Inps dell'erogazione del Tfs, è l'ennesima beffa per i lavoratori pubblici e conferma che lo Stato è, oggi, il peggior datore di lavoro in Italia». Lo affermano la segretaria confederale della Uil Vera Buonomo e la segretaria generale della Uil-Fpl Rita Longobardi. «Nell'immobilismo del governo e di quelli precedenti, anche questa possibilità per ricevere il Tfs in tempi normali, in linea con quelli del settore privato, viene negata. A quasi un anno dalla sentenza n.130/2023 della Corte costituzionale, con la quale è stato dichiarato illegittimo il ritardo nel conferimento del Tfs, che va da un minimo di due anni fino a sette anni quando si accede al pensionamento anticipato, è vergognoso il protrarsi del silenzio assordante della politica e delle istituzioni», rimarcano. La Uil e la Uil Fpl hanno stimato che a partire dal 2011 sono stati oltre un milione e 600mila i lavoratori danneggiati dalla misura: questo, concludono, «è un vulnus che va sanato immediatamente, per ridare dignità e diritti a tutti quei lavoratori e a tutte quelle lavoratrici che si trovano in una situazione non più accettabile».