Psicologo. Tra bonus, welfare e progetti contro i disagi
Lavoratori sempre più stressati
Che ci sia bisogno di supporto psicologico dopo la pandemia è evidenziato anche dal fatto che sono tante le richieste per il bonus psicologo, molte di più di quanto riescano a coprire i fondi stanziati. Il bonus psicologo è infatti di un contributo per sostenere le spese relative a sessioni di psicoterapia e aiutare chi, a causa dell’emergenza sanitaria e della conseguente crisi socio-economica, è colpito da ansia, stress, depressione e fragilità psicologica. Un contributo una tantum che viene concesso a chi ha determinate caratteristiche - come I'Isee sotto i 50mila euro - e che in un periodo come quello che stiamo vivendo è sicuramente importante, ma non basta. Ecco perché avere uno psicologo in azienda è diventato sempre più necessario, così come garantire servizi psicologici è quasi un “dovere” per l’azienda che vuole puntare su un benessere a tutto tondo dei propri collaboratori.
Il bonus psicologico ha aperto le porte alla terapia soprattutto a persone che non ne avevano mai usufruito: il 72% non era in cura al momento della richiesta e, tra i nuovi pazienti, quattro su cinque (81%) non si erano mai recati da un terapeuta prevalentemente per motivi economici. È il quadro che emerge dai risultati del progetto PsyCARE sull’impatto e il costo-efficacia del bonus psicologico, presentato dal Cnop-Consiglio nazionale dell’Ordine degli psicologi. Obiettivi dello studio - realizzato dal Cnop in collaborazione con le Università di Milano Bicocca, Bergamo, Catania, Palermo, Pavia e La Sapienza di Roma - quelli di esplorare l’accesso al bonus psicologo, analizzare l’impatto degli interventi sui sintomi psicologici, esaminare il ruolo dei fattori transdiagnostici sugli interventi psicologici, stimare l’impatto economico del bonus conducendo un’analisi di costo-efficacia e, infine, valutare la soddisfazione dei terapeuti e dei pazienti che hanno partecipato a questa iniziativa. Sul campione di oltre 2mila coppie paziente-terapeuta che hanno aderito al progetto, il 43% risponde di aver saputo del bonus psicologo attraverso la televisione o i social media. Quasi l’85% dei pazienti presenta più di una motivazione per la richiesta di aiuto: tra le principali, i sintomi psicologici (58,3%), le relazioni in famiglia (39,4%), il desiderio di una conoscenza più approfondita di se stessi (33,2%), il rapporto con il proprio partner (26,7%), eventi traumatici come lutto o malattia, difficoltà nello studio o nel lavoro e, infine, sintomi psico-fisici come mal di testa o insonnia. L'intervento funziona sulla riduzione dei sintomi: -45% per quelli di ansia a fine trattamento e -38% al follow-up; -24% a fine trattamento e -20% al follow-up per la depressione.
Rilevanti i dati relativi all’impatto degli interventi sulla produttività dei pazienti. Tra chi ha usufruito del bonus si osserva infatti una significativa diminuzione del numero di giornate di lavoro perse a causa di problemi legati alla salute mentale: cinque giorni in un mese, che secondo i dati Eurostat sul costo del lavoro equivalgono a circa 1.200 euro risparmiati al mese per persona. Numeri che se parametrati alle persone con analoghi problemi nell’intera popolazione italiana porterebbero a un impatto economico pari a oltre l’1% del prodotto interno lordo del Paese.
Significativa, inoltre, la diminuzione del numero di accessi al medico di base per dolori fisici non direttamente legati al malessere psicologico e sul consumo degli antidolorifici. Sia i terapeuti sia i pazienti sottolineano l’utilità del bonus nel favorire l’accesso alle cure psicologiche ed evidenziano un miglioramento nella vita personale di chi ne ha usufruito, sia dalla prospettiva del terapeuta sia da quella del paziente stesso. Tra le richieste per migliorare la misura quella di maggiori stanziamenti per aumentare le sedute e una semplificazione nel processo di adesione relativa soprattutto ai tempi di attesa e alle procedure.
A evidenziare come ai dipendenti serva un sostegno per affrontare problemi di natura psicologica è anche un’analisi di McKinsey condotta nel dicembre del 2020 su 1.000 datori di lavoro. Il 90% di loro, una percentuale altissima, ha raccontato come la crisi scatenata dal Covid stesse influenzando la salute comportamentale e avendo delle ripercussioni sulla produttività. Anche prima del 2020 problemi come ansia, stress e depressione erano diffusi, ma è con la pandemia e con le guerre tra Russia e Ucraina e in Medio Oriente che la situazione sta peggiorando. Il che comporta aumento dell’assenteismo, produttività ridotta, un numero crescente di licenziamenti – che spesso si identificano nelle grandi dimissioni – e aumento dei costi sanitari.
Alla luce di tutto questo e del fatto che lo stesso bonus previsto dallo Stato non riesce a coprire il fabbisogno, avere uno psicologo in azienda è sempre più importante così come prevedere dei servizi psicologici on line anche all'interno di un piano welfare.
Lo psicologo del lavoro
Lo psicologo del lavoro è quello psicologo specialista che si occupa, all’interno di un’azienda, di svolgere attività relative al rapporto con le risorse umane, tra cui l’individuazione e l’assunzione dei lavoratori, ma anche lo sviluppo e la promozione delle capacità della forza lavoro e dell’organizzazione. Si tratta di una figura complessa, per la quale occorre una formazione professionale adeguata, dal momento che interviene in moltissimi ambiti e situazioni dell’impresa. I suoi compiti possono essere svariati, sempre nel rapporto con le risorse umane. Per questo motivo, oggi, l’attività dello psicologo del lavoro si può considerare come imprescindibile per un’azienda che voglia crescere in maniera equilibrata e sviluppare un rapporto di collaborazione con i propri dipendenti.
Lo psicologo del lavoro è un professionista che in virtù del suo ruolo chiave nell’azienda deve avere una formazione specifica (diversa da quella degli psicologi generali), coerente con le capacità che deve acquisire per la propria carriera. La base obbligatoria è il possesso della laurea magistrale in discipline psicologiche, sia nella vecchia formula quadriennale che in quella recente (cosiddetta 3+2). L’importante è che si sia specializzato nell’indirizzo dedicato alla medicina del lavoro, in quanto impartisce insegnamenti specifici differenti da quelli di psicologia generale. Al termine della laurea, eventualmente, l’aspirante psicologo del lavoro può frequentare un corso di formazione post-universitario per specializzarsi ulteriormente (per esempio in psicologia e organizzazioni, neuroscienze, psicologia dinamica, psicologia sociale, psicometria e simili). A ogni modo, dovrà poi effettuare un tirocinio di un anno e sostenere infine la prova dell’esame di Stato. Se supera sia il tirocinio che l’esame, lo psicologo del lavoro può iscriversi all’Albo dell’ordine degli psicologi, in modo da essere abilitato definitivamente allo svolgimento della professione.
Lo psicologo del lavoro può intervenire in diversi ambiti aziendali, tra cui:
l’organizzazione dell’impresa e la definizione dei diversi ruoli, con una considerazione particolare per i rapporti di dipendenza tra le parti e per il miglioramento dei processi e delle dinamiche di comunicazione sia tra i dipendenti che verso l’esterno;
la comprensione delle diverse competenze interne all’azienda, con l’individuazione delle abilità specifiche nei diversi settori, dei problemi e degli errori sorti in condizioni specifiche e delle soluzioni relative;
la motivazione dei dipendenti, a livello dei singoli come della squadra, per far funzionare l’organizzazione attraverso tutti i suoi strumenti e meccanismi specifici, accrescere la consapevolezza del lavoratore e ridurre le forme di disagio lavorativo, mobbing e simili (eventualmente anche consigliando il ricorso a forme di psicologia clinica o psicoterapia per eliminare rischi psicosociali per sicurezza, salute e benessere);
la valutazione e la promozione della performance delle diverse figure professionali, per esempio mediante la definizione e il controllo degli obiettivi specifici a cui puntare affinché l’azienda funzioni a dovere;
il miglioramento del clima organizzativo, della soddisfazione e della qualità della vita all’interno della sede di lavoro, determinando tutti gli eventuali elementi di difficoltà e tensione nell’ambiente lavorativo e operando per la loro attenuazione o eliminazione.
Lo psicologo del lavoro è una figura fondamentale nelle aziende, se le sue competenze vengono sfruttate al meglio da parte dei dirigenti e del datore di lavoro. In particolare, uno psicologo del lavoro può:
cercare e selezionare il personale, analizzando e pianificando la gestione dello stesso in rapporto ai ruoli da ricoprire e alle posizioni richieste nel contesto delle organizzazioni aziendali;
verificare un adeguato benessere organizzativo, sia nel rapporto tra i dipendenti che tra questi e i loro superiori, nonché fare in modo che tale benessere lavorativo, ove mancante o insufficiente, venga incrementato attraverso misure opportune di contrasto all’ansia e allo stress correlato;
effettuare tutte le operazioni relative alla formazione professionale e al coaching aziendale, che comprendono l’individuazione delle potenzialità, delle opportunità e delle necessità formative tra i dipendenti, l’erogazione di corsi e iniziative similari, la valutazione dell’apprendimento e, se necessario, la pianificazione di ulteriori aggiornamenti;
valutare le performance interne in maniera costante, proponendo strategie e mezzi adeguati per incrementarla ove necessario;
gestire la comunicazione, i conflitti interni e le crisi, prestando il proprio supporto al comune raggiungimento degli obiettivi, intervenendo in prima persona nel miglioramento della qualità della vita professionale e supportando lo sviluppo di un’amministrazione trasparente e di una leadership attenta ai bisogni dei lavoratori.
Mentre l’Università Campus Bio-Medico di Roma è il primo Ateneo in Italia a sviluppare e proporre in collaborazione con il programma Human flourishing di Harvard un progetto con attività pratiche e a proporlo ai suoi studenti nell’ottica di una formazione integrale. Questo percorso extracurriculare offre un approccio pratico alla realizzazione della propria esistenza dando ai giovani la possibilità di sviluppare abilità e competenze cruciali per la propria crescita personale e professionale, tra cui:
o Autodeterminazione;
o Apprendimento autodiretto;
o Abilità relazionali;
o Autovalutazione critica;
o Competenze trasversali;
o Approccio pratico al miglioramento della qualità della vita.
Saranno 100 gli studenti coinvolti in questa edizione di debutto con incontri in lingua inglese. Altri 100 studenti comporranno il gruppo di controllo, cioè quello che negli studi scientifici non è sottoposto alla ricerca e serve per la verifica dei risultati ottenuti. Una App specificamente pensata per loro li aiuterà a esercitarsi nelle pratiche che sostengono la “fioritura personale”. Un progetto di ricerca sulla fioritura umana verrà realizzato con la collaborazione di un gruppo di controllo da qui all’autunno 2024. Per maggiori informazioni: https://www.unicampus.it/human-flourishing-pilot-program/.