E’ l’asset dell’immobiliare che registra il maggior numero di investimenti. E’ quello dell’immobiliare logistico che prosegue il suo buon andamento visto la strada percorsa dai modelli di distribuzione e commercializzazione. E la logistica urbana continua ad essere attraente, spinta dalla grande distribuzione. Buon andamento, verrebbe da scrivere ottimo almeno per Prologis che nel mondo, l’anno scorso, ha realizzato 500 nuovi immobili confermando la sua presenza in 19 Paesi ma presto ci sarà lo “sbarco” in India. Ottimo andamento pure in Italia: “Anche nel 2023 l’asset class dell’immobiliare per la logistica ha continuato a brillare in Italia con importanti volumi di investimento, rivelandosi il più dinamico del settore”, spiega Sandro Innocenti, senior vice president e country manager di Prologis Italia. Questo perché il tasso di occupazione degli immobili per la logistica si attesta al 98% con Prologis che registra nel suo portafoglio del Belpaese tassi del 99,2%. Peraltro i canoni di locazione di Prologis sono cresciuti in media del 10% anche nel 2023. Innocenti parla di “una forte richiesta per nuovi immobili realizzati su misura del conduttore” e precisa che “nel 2023 abbiamo investito in Italia 72 milioni di euro tra nuovi sviluppi e acquisizioni, portando così il nostro investimento complessivo nel Paese nel corso degli ultimi cinque anni a circa 500 milioni di euro”. Senza dimenticare gli investimenti, superiore agli 11 milioni di euro, nel mantenimento e conservazione degli immobili per renderli più performanti. In vista dell’obiettivo di efficienza energetica da raggiungere entro il 2040. Prologis, a fine 2023, era proprietaria e gestiva circa 1,76 milioni di metri quadrati di strutture di distribuzione dislocate in 109 edifici: “Il mercato – rimarca il manager – è in sviluppo e crescita e l’outlook 2024 è sicuramente roseo”. Confermato il trand dei clienti del food e del farma, bene anche il fashion. Un contesto positivo che si potrebbe migliorare se il Paese non avesse i cronici problemi di burocrazia. Ma anche per la mancanza di riqualificazione urbana che eviterebbe l’utilizzo e la cementificazione del suolo.