La crisi. Le paure Usa su Pil e virus affondano le borse europee
L'entusiasmo delle ultime settimane, con Wall Street che aveva recuperato sino al 44% rispetto ai ribassi di marzo, ieri ha perso consistenza all’improvviso. I timori di una nuova ondata di coronavirus negli Stati Uniti e in America Latina, accompagnati dall’allarme della Fed sui considerevoli rischi che corre l’economia americana, hanno messo sotto pressione le Borse europee che sono partite in rosso e hanno continuato a perdere terreno dopo l’apertura in forte calo di Wall Street. Piazza Affari è stata la peggiore, con un pesante -4,8% nonostante il lieve calo dello spread sulla scia del buon andamento dell’asta dei titoli di stato italiani, Francoforte ha perso il 4,4%, Parigi il 4,67 e Londra il 4%. Alle preoccupazioni “globali” si uniscono per l’Italia i dati sulla produzione industriale, relativi al mese di aprile ultimo mese di lockdown.
Il crollo di Wall Street è stato condizionato dalla valutazione della Fed sul lungo percorso di convalescenza dell’economia e dalle preoccupazioni su di una seconda ondata di infezioni dopo il boom di nuovi casi in Texas. La Federal Reserve ha mantenuto i tassi di interesse invariati e ha indicato che probabilmente resteranno vicino allo zero fino al 2022 finché l’economia non si risolleverà. La banca centrale americana ha spiegato che «l’attuale crisi della sanità pubblica peserà molto sulla crescita dell’attività economica, sull’occupazione e l’inflazione nel breve termine e comporta rischi considerevoli per le prospettive economiche a medio termine».
Per il 2020 si prevede una caduta del Pil Usa del 6,5%, con successiva ripresa del 5% nel 2021. La Fed ha stimando che saranno necessari quasi tre anni per l’economia prima di ritornare ai livelli pre–Covid.
Non va meglio in Italia. L’industria ha risentito dei tre mesi di chiusura imposti dall’emergenza coronavirus. Ad aprile la produzione industriale ha registrato rispetto al mese di precedente una nuova contrazione, pari al 19,1% (ma a marzo era stata del 28,4%) mentre la caduta su base annua arriva al 42,5%. Se i dati di aprile erano abbastanza scontati c’è attesa per le indicazioni che potranno arrivare da quelli di maggio, mese in cui le aziende sono ripartite e hanno potuto riprendere a produrre.
«Le misure di contenimento dell’epidemia di Covid–19 hanno determinato la forzata chiusura dell’attività di molti settori per l’intero mese, con effetti negativi – ha sottolineato l’istituto di statistica – rilevanti sui livelli produttivi». Nel confronto con lo scorso anno nessun comprato industriale riesce a registrare un segno più. Per quanto riguarda i dati mensili solo la farmaceutica risulta in rialzo (+2%), ma a livello tendenziale la flessione è del 6,7%. Tiene l’alimentare, che resta sostanzialmente fermo in termini congiunturali, –0,1% ma su base annua il calo c’è ed è dell’8,1%. Le industrie tessili, dell’abbigliamento, pelli e accessori e quelle della fabbricazione di mezzi di trasporto sono le più colpite, con riduzioni della produzione senza precedenti e rispettivamente pari all’80,5% e al 74,0%. Fermo totale per gli autoveicoli con un secco –100% nel mese di aprile, segnato dal lockdown. Su base annua non si va lontano dalla produzione zero: –98,4% il dato corretto per gli effetti di calendario.