La crisi. Produzione al palo e lavoro a rischio: l'auto sciopera il 18 ottobre
Mentre i primi modelli di auto elettriche dei cinesi di Leapmotor sbarcano in Europa grazie alla partnership con Stellantis, sale di tono la mobilitazione dei sindacati del settore auto, che denunciano la situazione sempre più critica del comparto con conseguenze industriali e occupazionali senza precedenti. Fim, Fiom e Uilm hanno annunciato per il prossimo 18 ottobre uno sciopero unitario di otto ore dei sindacati metalmeccanici a sostegno dell’automotive, mettendo al centro in particolare la situazione degli stabilimenti Stellantis in Italia.
«La situazione è molto grave, servono risposte da Ue, governo, Stellantis e aziende della componentistica», hanno sottolineato oggi i rappresentanti dei lavoratori. La giornata di sciopero sarà contrassegnata anche da una manifestazione a Roma «per difendere l’occupazione e costruire il futuro dell’industria dell’auto». «Abbiamo chiesto più volte un tavolo al governo, tavolo che non ci è mai stato concesso. Nel frattempo sono continuate le schermaglie del governo con Stellantis», ha evidenziato il segretario generale della Uilm, Rocco Palombella, durante la conferenza stampa congiunta con i segretari di Fim e Fiom Ferdinando Uliano e Michele De Palma. «Gli incentivi non hanno funzionato, anzi hanno funzionato malissimo. E le transizioni vanno gestite, vanno governate – ha aggiunto Palombella –. Noi non siamo a favore dell’endotermico» perché senza un processo ordinato «si sarebbero determinati 120mila esuberi».
Negli ultimi 17 anni (2007-2024) la produzione di auto in Italia di Fiat (poi Fca e Stellantis) si è ridotta di quasi il 70% da 911.000 alle 300.000 stimate quest’anno se continuerà l’attuale trend. Secondo i dati della Fim Cisl, la produzione di Stellantis nel primo semestre 2024 è stata pari a 303.510 tra auto e veicoli commerciali, il 25,2% in meno dello stesso periodo dell’anno scorso e si prospetta una produzione a fine anno poco sopra i 500mila veicoli. Ancora peggiore il dato delle sole autovetture, con un calo del 35,9%, pari a 186.510 unità. Sono in rosso tutti gli stabilimenti, tranne Pomigliano e Atessa, dove comunque rallenta la crescita. Tra le situazioni più difficili c’è quella di Mirafiori: fino a settembre – spiega la Fiom – sono state prodotte 18.500 auto contro le 52.000 dello stesso periodo del 2023, l’83% in meno e la carrozzeria è ferma fino all’11 ottobre.
È in questo contesto che arrivano in Europa i primi modelli di Leapmotor International, la joint venture tra Stellantis (al 51%) e il gruppo cinese Leapmotor (al 49%) fondato nel 2015 da Jiangming Zhu. Da un lato Leapmotor mette sul piatto le sue auto ad alta tecnologia e a prezzi competitivi, dall’altro Stellantis offre risorse e know-how commerciale nel mondo. La produzione Stellantis è nel frattempo in forte calo in Italia nonostante il miliardo di euro concesso dal governo per gli incentivi all’acquisto. Cresce inoltre ovunque l’utilizzo degli ammortizzatori sociali. La Fim chiede a gran voce «nuovi investimenti per tutelare i lavoratori» di Stellantis e dell’indotto, e per scongiurare il rischio di licenziamenti che «potrebbe investire circa 25mila lavoratori».
«La situazione del settore è grave e investe tutta Europa, basti guardare a Volkswagen che prospetta licenziamenti – fa notare ad Avvenire Ferdinando Uliano, segretario nazionale della Fim –. La transizione non è stata governata né a livello europeo né di singoli Paesi. Per accompagnare un settore così importante verso la decarbonizzazione ci vogliono investimenti rilevanti sul piano industriale».
Secondo Uliano, «l’accordo che stavamo tentando a livello italiano non è più sufficiente, serve uno sforzo maggiore. Noi abbiamo cominciato a ragionare sul milione di veicoli prodotti per il 2030, quando le produzioni erano di 751mila unità all’anno, ora dalle previsioni probabilmente non si arriverà a 500mila, e questo aggiunge un ulteriore livello di gravità. La proclamazione dello sciopero serve per scuotere le responsabilità delle istituzioni, delle case automobilistiche e delle aziende della componentistica. La piattaforma small di Stellantis, utilizzata in Polonia, riteniamo debba essere utilizzata anche negli stabilimenti italiani. E ci vuole un impegno maggiore sull’indotto, senza contare che ci manca molta della componentistica elettronica».
«In assenza di una netta inversione di direzione, si rischiano effetti industriali e occupazionali senza precedenti», spiegano i tre sindacati. La Uilm accusa Stellantis e il governo di avere «gravi responsabilità. Il loro scontro potrebbe fare 200mila vittime e sancire la fine di un intero settore che rappresenta la spina dorsale dell’industria ed economia nazionale». Per i sindacati, «il governo deve mettere a disposizione risorse pubbliche, vincolate a precisi impegni di tenuta occupazionale da parte delle imprese. Risorse che non devono essere limitate agli incentivi per l’acquisto di auto, i quali, tra l’altro, nel 2024 non hanno dato benefici alle produzioni nel Paese».
Nei giorni scorsi il ministro Urso ha anche annunciato lo stop dei fondi del Pnrr per la gigafactory delle batterie elettriche di Termoli, considerata l’incertezza sui tempi di realizzazione dell’impianto da parte di Acc, una joint venture tra Stellantis, Mercedes-Benz e TotalEnergies. «Noi abbiamo fatto quel che ci era stato chiesto, ci aspettavamo che parimenti Stellantis aumentasse la produzione di auto nel nostro Paese», ha ribadito ieri lo stesso Urso evidenziando le difficoltà del settore.
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