Tendenze. Più investimenti in formazione e sviluppo dei talenti
Una riunione di manager
Le aziende investiranno in formazione e sviluppo dei talenti
Maggiore investimento in formazione e sviluppo personale e professionale dei dipendenti, strategie per evitare il burnout del personale e più attenzione al loro benessere. Su questi punti dovranno puntare le aziende nel 2022 secondo la ricerca internazionale Global Hr che CoachHub, piattaforma leader mondiale per il coaching digitale, ha condotto su 21 Paesi compresa l’Italia. In generale, si prevede che il 2022 sarà un anno volto alla crescita aziendale (88%) ed è sempre parere comune che aumenteranno i budget dedicati alla formazione e allo sviluppo del personale (92%). Venendo all’Italia, quasi la maggioranza (94%) ha intenzione di investire in formazione e sviluppo dei talenti, anche se la metà degli intervistati prevede un aumento moderato (52%). Tutti concordano sull’importanza di adattare un programma su quegli elementi che rappresentano la nuova normalità aziendale ovvero lavoro da remoto, maggiore flessibilità, iniziative di wellbeing, supporto al dipendente per evitare il rischio di stress da lavoro. Siamo però ancora concentrati su modelli di formazione e sviluppo più tradizionali e standardizzati a tutti i dipendenti: solo il 24% dichiara che in azienda vengono sviluppati percorsi individuali di coaching. La percezione è che non si discute abbastanza di formazione e sviluppo della forza lavoro e questo vale anche per Paesi quali la Gran Bretagna e il Giappone. In Italia, per esempio, tre intervistati su quattro rivelano che i propri dipendenti lamentano o di non aver fatto abbastanza percorsi di formazione e sviluppo all’interno dell’azienda. I responsabili delle Risorse Umane e, in generale, i responsabili aziendali oggi più che mai sono chiamati a comprendere come sviluppare il potenziale delle loro risorse interne, come aumentarne la produttività evitando al contempo rischi di burnout o fuga dei talenti. Per oltre la metà degli intervistati, la crescita professionale passa da queste competenze, talvolta accompagnandosi a quelle professionali e talvolta da sole. Eppure, negli ultimi 18 mesi, gli intervistati hanno dichiarato che alcuni dei loro problemi principali erano legati a una crescente domanda di flessibilità di lavoro e di nuovi percorsi professionali (rispettivamente 48% e 22%) e a un aumento di burnout dei dipendenti (17%) o di richieste di programmi di wellbeing in azienda (22%). Rispondere in modo puntuale alle singole esigenze dei dipendenti è la chiave per aiutare le persone ad aderire alle strategie aziendali e ad avere un approccio inclusivo sul posto di lavoro. Tutto ciò si traduce in maggiore produttività e capacità di collaborazione. La metà delle aziende intervistate ha già intrapreso programmi di coaching individuale per lo sviluppo del proprio personale, mentre l’altra metà non lo esclude a priori anche se sta ancora valutando. Miglioramento delle competenze attuali, aiuto con il lavoro a distanza e acquisizione di nuove skill lavorative sono stati il focus per oltre la metà delle aziende intervistate, mentre una piccola parte ha riservato dei percorsi specificatamente dedicati alla diversità e inclusione e al wellbeing in azienda (rispettivamente il 24% e il 25%).Sette italiani su dieci cambiano obiettivi professionali
La pandemia è stata per i lavoratori un momento di riflessione sui propri obiettivi di carriera, dal quale sono usciti con la volontà di essere protagonisti attivi di un mondo del lavoro che sta evolvendo verso modelli più flessibili e attenti alla conciliazione vita-lavoro. Quasi sette italiani su dieci hanno maturato una nuova prospettiva rispetto al modo in cui il lavoro si adatta ai propri impegni personali (69%), il 21% in più della media globale e il dato più alto fra i principali paesi europei, con i francesi che si fermano al 35%, i tedeschi al 36%, spagnoli e inglesi al 48%. In particolare, il 74% dei lavoratori italiani ha definito più chiaramente i propri obiettivi personali, il 72% ha compreso meglio le proprie ambizioni professionali. In molti casi, la nuova consapevolezza acquisita si traduce nel desiderio di un cambiamento sul piano lavorativo. Quasi un italiano su due (49%) vuole provare qualcosa di nuovo nel lavoro, soprattutto nella fascia di età 25-34 anni. Il 73% si è attivato per migliorare il proprio equilibrio fra lavoro e vita privata, specialmente fra le lavoratrici (75%) e nel segmento dei 35-44enni (78%), e il 74% desidera una maggiore flessibilità in futuro nel proprio lavoro o nella propria carriera. Il 57% si sente stressato da quando è iniziata la pandemia e avrà bisogno di apportare cambiamenti alla propria vita professionale, +8% rispetto alla media globale. Alcuni lavoratori hanno già dato un taglio netto con il passato o ci stanno pensando: il 21% ha cambiato impiego negli ultimi sei mesi (+4% rispetto al primo semestre del 2021), con punte del 43% tra i dipendenti under 25 e fra i lavoratori 25-34enni (31%), il 29% sta cercando nuove opportunità e oltre la metà prenderebbe in considerazione l’idea di un lavoro all’estero se potesse operare completamente da remoto (57%). Sono alcuni risultati del Randstad Workmonitor, l’indagine semestrale sul mondo del lavoro di Randstad, che ha analizzato l’impatto della pandemia sulle prospettive dei lavoratori e come questa ha influenzato la percezione dei propri obiettivi personali e professionali e del proprio equilibrio fra lavoro e vita privata. Una ricerca condotta in 34 Paesi nel mondo su un campione di oltre 800 dipendenti di età compresa fra 18 e 67 anni per ogni nazione.La mobilità lavorativa nel secondo semestre 2021Negli ultimi sei mesi il 21% degli occupati ha cambiato lavoro, un dato in crescita di quattro punti rispetto al semestre precedente, ma comunque più basso rispetto a quanto accade nei paesi vicini. In Germania e in Francia il 24% dei lavoratori ha cambiato lavoro, il 27% in Spagna e il 30% in Inghilterra. A cambiare impiego sono soprattutto i giovani, mentre al salire dell’età dei lavoratori diminuisce progressivamente la propensione al cambiamento, fino ad arrivare al 13% tra i 45 e i 67 anni. I principali motivi che spingono a cambiare lavoro sono la ricerca di migliori condizioni di lavoro (35%), circostanze organizzative (35%) e l’ambizione di crescita nel ruolo (26%). I giovani sono anche i più preoccupati di perdere l’occupazione trovata: ben il 47% dei 18-24enni e il 40% di quelli tra i 25 e i 34. Il dato scende al 37% tra chi ha da 35 a 44 anni, al 32% nella fascia 45-54 anni e al 23% nella fascia 55-67.Soddisfatti del lavoro, ma in cerca di riconoscimentoL’83% dei lavoratori italiani è soddisfatto delle scelte compiute nella carriera e una buona parte mostra orgoglio per le proprie competenze, che sono rimaste rilevanti nel 69% dei casi nonostante i cambiamenti prodotti dall’emergenza e sono cresciute nel 27% dei dipendenti. Anche la soddisfazione per il proprio lavoro attuale resta elevata, lo afferma il 68% del campione, ma è inferiore rispetto alla media globale (-5%) e registra un calo di quattro punti percentuali rispetto a un anno fa. I più soddisfatti sono i giovani, il 74% degli under 25, che, però, sono anche coloro che più stanno cercando attivamente un nuovo posto di lavoro. Quasi uno su tre degli under 25 e il 26% degli occupati tra i 35 e i 44 anni, dato che poi cala nelle successive fasce d’età. Uno dei principali motivi di insoddisfazione è il mancato riconoscimento delle proprie competenze: il 42% è stato promosso (ma solo il 12% con un aumento di stipendio), ma il 65% non si sente adeguatamente compensato ed è quindi aperto a nuove opportunità professionali.Cosa orienta le scelte professionali? Stipendio, ma non solo La pandemia è stata un periodo di riflessioni sui propri obiettivi personali e professionali e l’occasione anche per delineare l’ambiente di lavoro ideale a cui aspirare. Nella maggior parte dei paesi analizzati dall’indagine il primo fattore che orienta le scelte professionali e di carriera dei lavoratori sono stipendio e benefit, indicati in media dal 59% del campione mondiale. Nei lavoratori italiani prevale invece l’idea che un buon ambiente di lavoro sia il risultato di diverse componenti, che vede lo stipendio ai primi posti (47%), ma a 12 punti di distanza dalla media mondiale e affiancato da una molteplicità di altri elementi con un peso molto simile, come un ambiente di lavoro sicuro lavoro (40%) e accogliente (39%, +7% sulla media mondiale), opportunità di crescita professionale (38%), un lavoro con livelli di stress gestibili (35%) e la giusta flessibilità (35%).Corso di Adapt sul nuovo protocollo nazionale su lavoro agile e smart working
È stato recentemente sottoscritto dal ministero del Lavoro e dalle parti sociali un nuovo protocollo nazionale dedicato al lavoro agile, con l’obiettivo di fissare linee di indirizzo per la futura contrattazione collettiva nazionale, aziendale e territoriale che intenda regolare l’istituto, nel rispetto della disciplina di cui alla l. n. 81/2017. Il protocollo rappresenta il più recente punto d’arrivo del dibattito in merito alla necessità di una revisione della disciplina del lavoro agile, conseguente alla sua massiccia diffusione durante la pandemia da Covid-19: esso, infatti, raccoglie le istanze di chi chiedeva un maggiore coinvolgimento dell’autonomia collettiva nella gestione di uno strumento che, ad oggi, potrebbe trovare la sua unica fonte di regolazione in un accordo individuale. Per questo motivo, Adapt ha deciso di progettare un corso di formazione destinato a consulenti, avvocati, responsabili Hr, esperti degli uffici legali e sindacalisti per fornire loro competenze teoriche e pratiche riguardanti la corretta gestione del lavoro agile, anche alla luce delle novità introdotte. Più nel dettaglio, durante il corso verrà inquadrato l’istituto del lavoro agile e ricostruita la disciplina – anche emergenziale – ad esso dedicata, che verrà poi approfondita da un’analisi puntuale degli interventi della contrattazione collettiva in materia, resa possibile dal ricorso alla banca dati del sito www.farecontrattazione.it. Prima di considerare le domande e le casistiche condivise dai partecipanti, verrà realizzato anche un approfondimento dedicato all’applicazione del lavoro agile nella pubblica amministrazione. Il corso sarà realizzato a distanza e in modalità sincrona, mercoledì 15 dicembre dalle ore 17 alle ore 18.30. Sarà possibile interagire direttamente con i docenti per avanzare domande, condividere buone pratiche o per i chiarimenti necessari. Il ricavato del corso sarà integralmente utilizzato per co-finanziare una borsa di dottorato.
È possibile iscriversi compilando questo modulo di iscrizione. Una volta completata la procedura di iscrizione, il link per partecipare al corso verrà inviato via mail poco prima dell'inizio dell'evento. Per ulteriori informazioni: formazione@adapt.it.