Alimentare. Più grano nazionale dopo il patto di filiera
Si rafforza il comparto della pasta tutta italiana. Forte di qualche milione di tonnellate di grano raccolto e di altrettanti di pasta prodotta, la filiera grano-pasta tutta nostrana cresce. Anche se, a quanto sembra, le importazioni di frumento dall’estero sono ancora necessarie.
A poco più di sei mesi dal lancio del patto di filiera tra mondo agricolo, sistema cooperativo e industria di trasformazione per aumentare la disponibilità di grano duro italiano di qualità e sostenibile – la risposta nazionale all’invasione di materia prima dall’estero, spesso di dubbia provenienza e salubrità –, il punto della situazione indica una tenuta della produzione oltre che l’aumento del numero dei soggetti che aderiscono al sistema.
Ad entrare nel Protocollo d’intesa siglato nello scorso dicembre sono stati Assosementi e Compag (cioè la rete di aziende produttrici di sementi e quella delle imprese che commerciano prodotti per l’agricoltura), che si aggiungono così ad Aidepi, Alleanza delle Cooperative Agroalimentari, Confagricoltura, Cia-Agricoltori Italiani, Copagri e Italmopa cioè alle diverse sigle che oltre che gli agricoltori e le coop, riuniscono anche i trasformatori di grano duro. L’insieme delle sigle rappresenta comunque poco meno della metà dell’intero settore pastario nazionale.
Tutti uniti però per arrivare ad ottenere solo pasta italiana fatta con grani duri italiani. E, anche se la strada è ancora piuttosto lunga, qualche passo in questa direzione è stato già fatto. Stando alle ultime rilevazioni, infatti, quest’anno in Italia, ci sono 1,28 milioni di ettari coltivati a grano duro. A fronte di un leggero calo della superficie (-1,8% rispetto all’anno scorso), la produzione attesa è di 4,2 milioni di tonnellate, in linea con i risultati della campagna 2017-2018. Presto ancora per trarre indicazioni sulla qualità, soprattutto per l’andamento climatico.
Così se al Sud le operazioni sono in fase avanzata, al Centro si registrano ancora ritardi sui campi in diverse aree, mentre al Nord le trebbiatrici sono ancora spente. Percorso difficile comunque, quello della pasta tutta nazionale. Anche per questioni climatiche. I tecnici non si nascondono che non è da escludersi «che parte dell’offerta di grano italiano, già penalizzata da una eccessiva polverizzazione, possa rischiare di essere non pienamente adatta alle esigenze qualitative dei mugnai e dei pastai». Inoltre, viene fatto notare, la «mancanza di strutture di stoccaggio adeguate rende finora difficile la valorizzazione e la classificazione della materia prima, che quindi viene ricercata anche sui mercati esteri». Il punto cruciale è proprio quello: le importazioni. Da qui la necessità di fare di più e meglio.