Finanza della paura. Perché il Coronavirus ha mandato in tilt i mercati
Il crollo dei listini e di Piazza Affari più di altre Borse in Europa ha di certo una componente emotivo-reattiva, oltre a incorporare le prime stime di recessione tecnica per l’economia. La pioggia di vendite arriva peraltro dopo una lunga serie di record positivi, grazie alla cui spinta anche il nostro Ftse Mib, l’indice principe a Milano, è tornato ai livelli del 2008, prima dunque della Grande crisi globale innescata dai mutui subprime.
Il castello di carte della finanza strutturata che dodici anni fa rovinò con fragore si era manifestato – per molti osservatori, solo con il senno di poi – nelle sembianze di un "cigno nero", evento raro e imprevedibile, secondo la fortunata espressione dell’ex trader di Borsa Nassim Nicholas Taleb, il cui omonimo saggio filosofico è diventato non a caso un best seller. Il guaio è che eventi catastrofici di tale portata non consentono di fare previsioni in base alle ordinarie modellizzazioni statistiche. Impossibile dire se la debacle dei mercati sia una semplice (e salutare) correzione dopo i massimi degli ultimi mesi o l’inizio di una vera e propria inversione di tendenza. Con fenomeni come l’impacchettamento e rivendita dei mutui ad alto rischio oppure, oggi, la pandemia, si entra infatti in un’altra dimensione epistemologica. Dove a regnare sono i processi stocastici, la matematica della complessità o quella finanza frattale che per un’altro genio dei numeri, Benoit B. Mandelbrot, era l’unico strumento in grado di analizzare l’andamento dei mercati, per lui intrinsecamente instabili e appannaggio dele teorie del caos.
L’epistemologo Taleb distingue invece tra ambienti "Mediocristan", sicuri e statici, dove per valutare l’evoluzione di un fenomeno si utilizza con disinvoltura la distribuzione gaussiana. I decessi per un’ordinaria influenza – e allo stesso modo le possibili ricadute economiche – rientrano in quest’ambito. Il Coronavirus appartiene invece agli ambienti "Extremistan", contesti dinamici e imprevedibili in cui la curva della densità di probabilità dei decessi, anche se in termini assoluti di gran lunga inferiori a quelli di un’influenza, non ha la forma della campana di Gauss: non possiamo cioè secondo Taleb conoscerne i valori estremi, le forti divergenze, e questo manda in tilt i nostri schemi interpretativi e la valutazione consueta de rischi connessi. Anche se poi, solo a posteriori e quando il panico non senza danni è rientrato, tendiamo a razionalizzare, riconducendolo il volo del cigno nero alle più tranquillizzanti leggi ordinarie della probabilità.