Economia

Le imprese. Per le multinazionali fatturati in crescita grazie ai prezzi più alti

Paolo M. Alfieri martedì 25 aprile 2023

In tempi di inflazione a due cifre e di famiglie costrette a stare sempre più attente sul fronte dei consumi, i conti di molte grandi aziende sembrano non soffrire più di tanto. La gente compra meno? Alziamo i prezzi e recuperiamo il più possibile, aumentando così i fatturati. Se nei giorni scorsi era stata Procter & Gamble ad annunciare al rialzo l’outlook per il 2023, mentre Unilever sottolineava che l’era dell’aumento dei prezzi non è ancora finita, ieri è stata il colosso alimentare svizzero Nestlè a far sapere di aver riportato un aumento del fatturato nel primo trimestre del 5,6% a 23,5 miliardi di franchi svizzeri (23,9 miliardi di euro), un risultato anche migliore delle previsioni. Un risultato favorito proprio dagli aumenti dei prezzi adottati per compensare l'inflazione e un volume di vendite debole, in calo dello 0,5%.

In particolare, la crescita organica, che misura le vendite escludendo gli effetti valutari e le fusioni e acquisizioni, ha raggiunto il 9,3% grazie agli aumenti dei prezzi, che sono saliti del 9,8% in tutto il gruppo, secondo quanto ha dichiarato in un comunicato il gruppo proprietario, tra l’altro, delle cialde di caffè Nespresso, dei dadi Maggi e delle barrette di cioccolato KitKat. I risultati annunciati hanno portato le azioni Nestlè a salire dell’1,5% stamattina.

I marchi di Nestlé "hanno permesso al colosso dei consumi di spingere su aumenti di prezzo piuttosto pesanti con scarso impatto sui volumi", ha sottolineato l'analista di Hargreaves Lansdown, Matt Britzman. Non solo Nestlè, ma anche altre multinazionali produttrici di beni di consumo hanno alzato i prezzi in maniera consistente negli ultimi due anni, anche per far fronte all’aumento dei costi delle materie prime, della logistica e dell’energia. Se soprattutto in Europa molte famiglie si sono rivolte verso marchi più economici, in altri mercati, come negli Stati Uniti, ciò è accaduto meno: gli aumenti di prezzo hanno così compensato la riduzione dei volumi. Di recente, Unilever ha sottolineato che l’industria ha superato sì “il picco dell’inflazione, ma non ancora il picco dei prezzi”. Come a dire che i consumatori possono aspettarsi ulteriori aumenti, anche se secondo alcuni analisti l’inflazione per i generi alimentari potrebbe iniziare ad allentarsi nella seconda metà di quest’anno.

Nei giorni scorsi anche il gruppo americano di prodotti per l'igiene e la cura Procter & Gamble (P&G) ha registrato nel terzo trimestre del suo anno fiscale scaglionato un fatturato di 20,1 miliardi di dollari, con un aumento del 4% su base annua (+7% a perimetro e tassi di cambio costanti), sopra le attese degli analisti, e ha rivisto in rialzo le previsioni di crescita dei ricavi per il 2023. Anche in questo caso la crescita del gruppo, che commercializza prodotti come i rasoi Gillette, i pannolini Pampers e il detersivo per bucato Ariel, è stata sostenuta da prezzi più alti, che hanno compensato i volumi inferiori. Le vendite sono state sostenute in particolare dalla divisione prodotti per la salute (+6%, +9% a perimetro e tassi di cambio costanti). Nell'ultimo trimestre, l'utile netto di P&G è stato di 3,4 miliardi di dollari, in leggero aumento (+1%). Forte di questi risultati, l'azienda ha quindi rivisto al rialzo l'outlook per il 2023, prevedendo un aumento del fatturato di circa l'1% quest'anno.