Previdenza e riforme. Inps: pensioni anticipate fino a 3 anni
La proposta dell'Inps sulla flessibilità delle pensioni prevede una uscita anticipata "fino a 3 anni, con delle riduzioni che sono all'incirca il 3% in meno per ogni anno di anticipo". Lo ha ricordato il presidente dell'Inps Tito Boeri al Corriere.it, sottolineando che si perderebbe sull'assegno "all'incirca al massimo il 9%, se si va in pensione 3 anni prima". Boeri ha ribadito che se il governo ha intenzione di intervenire "vale la pena farlo adesso" ed è tornato anche sulle parole del ministro del Lavoro, Giuliano Poletti (all'Inps spettano le proposte, al governo le decisioni, ndr): "Quando un governo decide è un fatto molto positivo", ha detto, osservando peraltro che il ministro "ha detto anche che noi possiamo fare proposte, una cosa non ovvia, visto che più di una volta persone ci hanno detto che non possiamo farle". Per superare lo scoglio Ue su un eventuale intervento sulla flessibilità in uscita per le pensioni si potrebbe "cominciare a farci certificare le diverse proposte, ad esempio dall'Upb" per chiarire "quali hanno effetti sui conti e quali sono neutre". Così il presidente Inps Tito Boeri, ospite di Corrierelive, spiegando che poi "le proposte che passano questo primo esame potrebbero essere portate" al vaglio di Bruxelles. Iniziando "dall'analisi da parte di una autorità indipendente potremmo trovare le condizioni per avere il via libera anche a livello Ue". Della flessibilità Boeri ha parlato con Renzi "anche molto recentemente, pochi giorni fa. Credo ci sia l'interesse, ma c'è anche la preoccupazione per la situazione dei conti pubblici e dei problemi da affrontare a livello Ue". Il problema rispetto alle regole Ue "è che dando più flessibilità la spesa aumenta, ma è una spesa iniziale maggiore che poi si recupera con pensioni più basse". Non ci sarebbero, insomma, almeno nella proposta avanzata dall'Inps, "effetti di lungo periodo sui conti".La valutazione del Jobs act È "troppo presto per valutare la fortissima crescita dei contratti a tempo indeterminato, quasi un milione in più, un risultato molto oltre qualunque aspettativa". Lo dice ancora il presidente dell'Inps Tito Boeri, spiegando che "non sappiamo ancora quale ruolo abbia avuto la decontribuzione e quale il contratto a tutele crescenti". Di certo però, se si vuole stabilizzare la decontribuzione, bisogna ricordare che si tratta di "una scelta onerosa, ogni punto di contributi in meno costa circa 3,5 miliardi di entrate contributive in meno". Ed "è anche una scelta, se i contributi non vengono fiscalizzati, che comporta un calo delle pensioni future. Una operazione di quel tipo, se non fosse fatta informando degli effetti sulle pensioni future non sarebbe tollerabile, sarebbe gravissima. Se si fa questa scelta bisogna subito dirlo ai cittadini". La busta arancione Tra meno di un mese nelle cassette postali degli italiani arriverà una busta arancione con sopra la scritta "la mia pensione" e infatti dentro il destinatario troverà una lettera con tutte le coordinate previdenziali: l'età di pensionamento, la stima dell'assegno, l'estratto conto, il rapporto con l'ultima retribuzione e l'invito a munirsi del Pin unico per accadere al servizio online.
Lo ha spiegato il presidente dell'Inps, Tito Boeri. Entro il 2016 si punta a coprire una "platea di 7 milioni di lavoratori privati", spiega. Avere una visione chiara potrebbe essere ancora più rilevante se, come auspica, andrà in porto l'intervento per introdurre la flessibilità in uscita. Una riforma da fare "adesso" e quando si dice adesso per Boeri significa "legge di Stabilità 2017". Il presidente dell'Istituto di previdenza ricorda che la sua ricetta è già nero su bianco dal giugno del 2015: anticipare l'uscita fino a tre anni purché si abbia diritto a un assegno pari a circa 1.500 euro al mese. Detto ciò, Boeri conferma che bisogna iniziare a pensare già da ora all'intervento. Soprattutto, tiene a precisare, agire subito vuol dire "non farlo tra tre anni" quando "non avrebbe più gli effetti desiderati". Boeri guarda in particolare alle nuove generazioni, evidenziando come i "blocchi" della riforma Fornero hanno "penalizzato molto le assunzioni dei giovani". E la busta arancione, al contrario di quel che si può immaginare, punta proprio sulle nuove leve, disinteressate al tema, come testimoniano i dati. Da maggio scorso è infatti possibile, con Pin Inps, prendere visione della propria situazione e fare simulazioni (uscita anticipata, variazioni di retribuzione) ma gli accessi degli under40 sono 1,3 milioni su un totale di 9 milioni. Raggiungere chi non è digitalizzato e invitare a rimediarvi è quindi l'obiettivo dell'operazione che da metà aprile porterà alla spedizione di 150 mila lettere al giorno. Boeri, dando la notizia, ha esordito con un "finalmente", visti i vincoli di spesa fissati per l'Inps e aggirati grazie alla collaborazione dell' Agenzia per l'Italia digitale (Agid) diretta da Antonio Samaritani. L'Agenzia ha messo 2,5 milioni, a cui se ne aggiunge uno dell'Inps, per il progetto complessivo: "Cittadino digitale", che insieme alla busta arancione mira a diffondere lo Spid. È una delle "più grandi e capillari campagne di sensibilizzazione", sottolinea Samaritani. Un'altra via per superare i paletti di budget è rappresentata dagli accordi con le amministrazioni pubbliche, così da inserire il contenuto della busta arancione nei cedolini di 1,5 milioni di travet. A proposito di pratiche sbrigabili sul web, il governo, fa sapere Poletti, sta facendo un monitoraggio sul funzionamento della procedura delle dimissioni online obbligatoria dal 12 marzo e non si escludono "correttivi".