Intervista. «Patronati, un patrimonio da proteggere»
Alfonso Luzzi, direttore generale del Patronato Sias
L'inaugurazione di un Patronato Sias - Archivio
E la situazione attuale quale è?Tale situazione va a sommarsi ad un quadro generale di difficoltà finanziaria che sta attanagliando il sistema dei patronati. Basta dire che negli ultimi quattro anni, i patronati hanno visto aumentare dell’ 80 per cento il numero complessivo del punteggio (possiamo dire semplificando che è il metro di misurazione del numero delle pratiche gestite e definite positivamente), a fronte della diminuzione del 44 per cento del valore del finanziamento per ogni singolo punto.Ho visto pero’ che malgrado tale congiuntura il Patronato SIAS ha avuto una sensibile crescita nel corso degli ultimi anni. In effetti è cosi. Di concerto con l’allora presidente del MCL Carlo Costalli, portammo avanti un progetto di sviluppo del SIAS che da un lato lo portasse a collocarsi in una fascia di “mercato” più alta, anche al fine di allontanarsi dalla tagliola introdotta nella finanziaria 2015 che prevedeva lo scioglimento per i patronati che non raggiungessero almeno l’1,5% di attività su base nazionale, e dall’altro, indirettamente, consentisse alla sua associazione promotrice, il MCL appunto, di avere una maggiore presenza e capillarizzazione sul territorio al fine di poter meglio realizzare la propria azione di promozione sociale. Predisponemmo pertanto un piano industriale, sostenuto finanziariamente dal MCL stesso e ricorrendo al credito bancario, che ha portato ai risultati attuali. Non fu facile ed il sostegno, anche politico del presidente Costalli per superare le frizioni interne fu determinante. Negli ultimi cinque anni abbiamo raddoppiato il numero dei nostri uffici in Italia ed anche il numero degli operatori, e, conseguentemente abbiamo raddoppiato anche la nostra percentuale di mercato passando dall’1,6% di allora all’attuale 3,5%, collocandoci ai gradini più alti della graduatoria per produzione dei patronati. Siamo orgogliosi dell’obiettivo raggiunto e soprattutto lo siamo perché nei cinque anni abbiamo dato lavoro a tante persone. L’attuale organico è composto da oltre 600 operatori, tutti stabilizzati a tempo indeterminato. Sono 36 anni che al patronato SIAS non ritardiamo di un giorno nel pagamento degli stipendi e dei contributi. Abbiamo creato lavoro. Mi ripeto, ma ci tengo: ne siamo molto fieri. Quale è il suo auspicio per il futuro dei patronati?In primis che venga riformato il sistema di finanziamento rendendolo efficacie e giusto. Ad oggi non abbiamo ancora ricevuto il saldo relativo all’attività prodotta nel 2014 (otto anni fa!) e negli anni successivi. Ciò è dovuto ai ritardi nel completamento delle visite ispettive da parte degli organi pubblici vigilanti, cosa che ha causato anche gravi disequilibri nell’erogazione delle anticipazioni tra i vari patronati. Pertanto è necessario che i soggetti preposti al controllo adottino sistemi di verifica dell’attività più celeri e conseguentemente allineino l’erogazione delle risorse a criteri basati sulla più recente ed effettiva attività prodotta. L’annosa questione è all’attenzione del Ministero del Lavoro che di recente si è positivamente attivato per risolverla in tempi brevi. L’altro auspicio che mi auguro è che, alle fondamenta di ogni riforma o modifica legislativa che dovesse intervenire, venga sempre tenuta quale pietra angolare la funzione sociale e di pubblica utilità che deve restare insita nell’ opera dei patronati.Direttore, vedo in lei tanta passione. Quali sono le doti che deve avere un operatore o un dirigente di patronato?Grazie. Le rispondo a titolo strettamente personale. Innanzitutto l’operatore di patronato deve avere una solida formazione sui diritti sociali ed insieme la voglia e, direi, la curiosità culturale di studiare in continuazione la difficile materia. Poi la capacità di ascolto. Solo ascoltando con disponibilità ed attenzione gli assistiti si possono comprendere nei dettagli le loro esigenze. Spesso ci vuole molta pazienza…Per un dirigente, oltre le capacità manageriali intrinseche nel ruolo, penso che ci voglia un grande senso di responsabilità, sapendo che si stanno gestendo risorse che hanno una natura pubblica e che dalle nostre scelte dipende il lavoro di tante persone. Per un dirigente cattolico, poi, il senso della responsabilità deve essere ancora più profondo perché deve trovare le sue radici nella dottrina sociale e nel Vangelo, per mostrare, riprendendo le parole di San Giacomo, la propria Fede con le proprie Opere.